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L’informazione è per tutti, ma dipende da quello che scrivi

Tutti i giorni, ormai, veniamo bombardati da notizie, foto e video che ci mostrano scene tragiche e drammatiche della guerra che sta andando avanti in Ucraina da un mese. 

Ospedali distrutti, migliaia e migliaia di morti, tra cui tanti, troppi bambini. Ma neppure l’informazione viene risparmiata in questo brutale e disumano scenario bellico.

L’abbiamo visto in queste settimane. 

La guerra che si sta combattendo da ormai un mese in Ucraina non è solo una guerra di bombardamenti, scontri armati, carrarmati che investono auto e civili. È anche una guerra che si combatte sui social. 

Nulla di strano, dopotutto non potevamo aspettarci una guerra “vecchio stampo”, no? Internet, in queste circostanze, diventa chiaramente uno dei tanti mezzi bellici a disposizione dei Paesi belligeranti. 

Ma sono soprattutto i Paesi che “attaccano” a servirsene… e nella maniera più sbagliata. 

In questo caso è la Russia l’artefice dell’omicidio dell’informazione. Informazione intesa come libera circolazione di notizie, opinioni, dibattiti su eventi. No, in Russia non si può parlare liberamente di quello che sta accadendo. 

Questioni di propaganda bellica, ovvio. Putin ha bisogno dei consensi – sempre più scarsi – del suo popolo, anche al costo di isolarlo dal resto del mondo, chiudendo i social network più usati e minacciando di far arrestare tutti coloro – russi o meno – che si permettano di parlare male della sua “speciale operazione militare” in Ucraina, definendola una guerra. Quello che realmente è. 

Diversi sono stati i risvolti di questa tragica e ferrea censura: i nostri inviati, così come quelli di altri Paesi del mondo, sono stati costretti a ritornare da Mosca. È troppo rischioso farli restare lì. Immaginate quanto possa essere difficile per un giornalista essere costretto a smettere di fare il proprio lavoro per il timore di finire dietro le sbarre.

È facile criticarli e dire che dovrebbero restare lì a metterci al corrente di ciò che succede. “Dopotutto è il loro lavoro”, sì, ma qui entra in gioco anche il lato umano, l’altra faccia della medaglia che forma qualunque essere umano: lato umano e lato professionale. 

Giudicare, al caldo delle nostre case, comodamente seduti dietro una scrivania, è facile. Spaventosamente facile. Non lo è affatto, invece, per chi deve decidere se mettere lavoro o vita al primo posto. 

Ma la questione non finisce qui. La carta di Putin non è solo la censura. Se deve usare male Internet tanto vale che lo faccia bene, no? E infatti l’altra carta che sempre più troviamo negli articoli di giornale è quella delle fake news

Dall’inizio di questa guerra tante sono le fake news che il Cremlino fa circolare a discapito dell’Ucraina. 

A questo punto, però, bisogna fare una distinzione fondamentale tra fake news e informazioni sbagliate: le informazioni sbagliate sono delle informazioni che, al momento della loro diffusione, si credeva fossero vere e, poi, in seguito ad analisi tardive si è scoperto essere false. Non vengono divulgate con la consapevolezza di essere false. 

Le fake news sì. Queste vengono divulgate con la consapevolezza della loro falsità e proprio con l’intento di “deviare” i lettori rispetto a un dato argomento. 

È quello che sta facendo Putin con l’Ucraina: usa l’informazione e i social per diffondere notizie false sul presidente Zelensky e per invogliare la sua gente a sostenere la sua azione folle. 

Prima con la fake news sulla presunta fuga di Zelensky (prontamente smentita da un video del presidente ucraino stesso che si riprende per le strade di Kiev in divisa militare), poi col deep-fake (a mio avviso fatto malissimo) su un discorso mai esistito in cui Zelensky dichiara la resa, queste sono le armi che Putin sceglie di giocare… oltre a quelle reali che stanno facendo troppi morti ogni giorno. 

La Stampa

Sembra quasi di assistere al capriccio di un bambino che vuole vendicarsi perché l’amichetto non vuole riconoscerlo come vincitore del gioco della campana. 

Peccato, però, che Putin sia tutt’altro che un bambino. Indispettito, vendicativo, rancoroso, frustrato, questo sì. Ma infantile no. Sa troppo bene quello che sta facendo e sa anche benissimo che sarebbe disposto a giocarsi tutto pur di ottenere quello che vuole. Anche se cosa vuole, a questo punto, non è chiaro proprio a tutti. 

E cos’avrà mai da perdere un tale despota? Cosa potrà mai impedirgli di giocare ogni carta a suo favore, anche l’informazione, il quarto potere, quello capace di cambiare le menti… in positivo e, ahimè, molto più spesso, in negativo? 

Putin, nostalgico e con ancora aperta e sanguinante la ferita di quel non troppo lontano dicembre 1991, farebbe di tutto per riportare la grande Russia, la “Terza Roma” come l’ha definita un politologo russo e seguace di Putin, ai suoi fasti antichi.

Tutto assurdo agli occhi del resto del mondo, ma tutto perfettamente sensato nella sua testa funzionante. 

Funziona sì, ma nel modo sbagliato e, tra le tante cose e persone che ne pagano un caro prezzo, c’è anche l’informazione e chi lavora per essa

Anna Illiano

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Anna Illiano

Anna Illiano (Napoli, 1998) è laureata in Lingue e Letterature euroamericane e si sta specializzando in editoria e giornalismo presso La Sapienza di Roma. Ha un blog personale “Il Giornale Libero” ed è articolista per il magazine La Testata. Dal 2021 collabora occasionalmente col giornale “il Post Scriptum”
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