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Volti veri, che non esistono: la potenza dell’intelligenza artificiale

Quante volte vi siete imbattuti in una foto su internet di una persona che non conoscevate, una di quelle fotografie “stock”? Guardandole, per quanto costruite e finte potessero sembrarvi, sapevate che quei volti, quelle persone, esistevano sul serio, insomma, nella vita reale.

Ora, grazie all’IA (Intelligenza Artificiale), non è più così.

All’inizio di quest’anno si è creato un fenomeno mediatico intorno al sito www.thispersondoesnotexist.com: si tratta di volti umani che a primo impatto (e anche al secondo) sembrano reali, ma sono invece frutto del machine learning, ed ogni persona che ha provato il sito o visto una di queste foto su internet ha avuto un piccolo shock leggendo che quei volti fossero fittizi.

In effetti, la mente umana è più che capace di capire la logica che c’è dietro ad una creazione del genere, ma è difficile all’inizio superare il paradigma secondo cui una cosa che vediamo, e soprattutto un volto in una fotografia, sia direttamente riferita a un oggetto che esiste nel mondo tangibile.

Cerchiamo di superare questo shock capendo come funziona.

Si tratta di una rete antagonista generativa di NVIDIA, chiamata StyleGan. Una rete antagonista generativa, in inglese generative adversarial network (GAN), è un algoritmo di intelligenza artificiale usato nell’apprendimento automatico non supervisionato. La sua caratteristica peculiare è l’impiego di due reti neurali distinte che si sfidano l’una con l’altra in un contesto di gioco a somma zero.

Nel caso di StyleGan c’è una IA “creatrice”, che genera i volti basandosi su un gran numero di foto reali, affiancata da una IA “giudice”, che viene addestrata a riconosce le facce reali da quelle fake.

In particolare, NVIDIA ha usato una tecnica di deep learning chiamata “style transfer” (trasferimento di stile): la rete è capace di distinguere tra caratteristiche base (bocca, naso, occhi, ecc…) e probabilistiche (lentiggini, capelli, barba) e di unirle in modo tale da farle sembrare irriconoscibili rispetto ad un viso reale.

Insomma, non si parla più di volti abbozzati simili a identikit della polizia, né di immagini modificate su Photoshop. Questo ha fatto nascere alcune profezie catastrofiche. In primis, questi volti potrebbero essere usati per illudere e mentire alle persone che si conoscono sulle piattaforme social. Ma più che per i possibili catfish, questa tecnologia è preoccupante perché potrebbe ostacolare i tentativi dei siti di riconoscere i bot, mettendo a grave rischio la privacy degli utenti, oppure favorire la disinformazione e la diffusione di fake news.

Ma alla fine, qual è la differenza tra usare la foto di un fake realistico e quella di un personaggio della serie televisiva che ci piace?

Carolina Niglio

La Redazione

Ciao! Sono la Redazione de La Testata – Testa l’informazione. Quando non sono impegnata a correggere e pubblicare articoli mi piace giocare a freccette con gli amici.
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