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Mostre immersive: limiti e opportunità di un nuovo modo di vivere l’arte

Negli ultimi anni le mostre immersive si sono imposte come una delle tendenze più visibili e discusse nel panorama culturale internazionale.

Queste esperienze, basate sull’uso di tecnologie digitali, proiezioni a 360°, suoni spazializzati e ambienti multisensoriali, promettono di portare il visitatore “dentro” le opere d’arte, rendendolo in qualche modo “parte attiva” dell’opera.

Ma quali sono davvero i vantaggi e le criticità di tutto ciò?

Tra le principali opportunità delle mostre immersive si possono individuare:

  • Accessibilità emotiva e immediata: esperienze come Van Gogh Alive o Monet & The Impressionists circondano lo spettatore di immagini in movimento, luci e musiche, generando un impatto emozionale immediato, anche e soprattutto in chi non possiede conoscenze pregresse sull’arte.
  • Attrattività per nuovi pubblici: questi format attirano per lo più giovani e famiglie. Le code interminabili per le mostre come Frida Kahlo: The Life of an Icon testimoniano il potenziale di queste esperienze come “porta d’ingresso” al mondo dell’arte.
  • La tecnologia permette di ricostruire ambienti storici, contesti o processi creativi altrimenti invisibili. Un esempio virtuoso è L’Atelier des Lumières a Parigi, che ha saputo trasformare un’ex fonderia industriale in uno spazio immersivo capace di raccontare la storia dell’arte in chiave spettacolare ma anche filologicamente curata. 

Tra spettacolarizzazione e superficialità

Il rischio immediato, fatto notare da molti esperti del settore, è che la dimensione estetico-sensoriale prevalga nettamente su quella conoscitiva. la spettacolarità visiva che si offre al visitatore riduce l’opera a un mero sfondo instagrammabile.

In molte esposizioni di artisti celebri le opere originali sono completamente assenti e le biografie degli artisti vengono semplificate in un racconto emotivo e talvolta romanzato. La mancanza dell’opera originale genera però un’altra problematica, ossia la negazione dell’autenticità dell’esperienza artistica: guardare un dipinto proiettato su un’intera parete non equivale a osservare da vicino la sua materia pittorica, la pennellata, la superficie viva.

Possiamo benissimo affermare che molte di queste mostre nascono come prodotti usa e getta: sono eventi temporanei e itineranti, concepiti esclusivamente per massimizzare la vendita dei biglietti, dove l’esperienza diventa un prodotto commerciale standardizzato, più vicino all’intrattenimento che alla ricerca culturale. Ma le problematicità non finiscono qui: la realizzazione di questi ambienti immersivi richiede degli investimenti tecnologici importanti, il tutto favorendo i soliti grandi imprenditori del settore, ovviamente a discapito dei musei pubblici e dei piccoli centri culturali, accentuando maggiormente gli squilibri nel mondo dell’arte. 

Un possibile equilibrio tra digitale e analogico

Sarà possibile integrare coinvolgimento emotivo e rigore scientifico? Alcune istituzioni stanno sperimentando dei format ibridi, dove l’immersione digitale affianca non sostituisce l’opera digitale. Per esempio, la National Gallery di Londra ha usato la realtà aumentata per contestualizzare alcune opere nelle loro cornici originali senza snaturare la fruizione diretta. Il Museo Egizio di Torino ha introdotto installazioni immersive per raccontare i contesti archeologici, pur mantenendo al centro i reperti autentici.

Questi sono solo due esempi che dimostrano come la tecnologia (che non è giusta o sbagliata di per sé) può essere uno strumento utile e potente, a patto che resti al servizio della conoscenza e non si limiti a suscitare meraviglia. 

Le mostre immersive rappresentano una sfida e un’opportunità per il mondo culturale: possono ampliare il pubblico e sperimentare nuovi linguaggi, ma rischiano di ridurre l’arte a intrattenimento spettacolare, ma sostanzialmente vuoto. 

Il valore di questo strumento dipende dalla capacità di coniugare emozione e contenuto, tecnologia e pensiero critico, evitando di sostituire l’esperienza dell’arte con un suo simulacro luminoso. 

Uno sguardo ai numeri

Considerati gli aspetti socio-culturali, il boom delle mostre immersive è strettamente collegato a un impatto economico sempre più rilevante. Il settore dell’intrattenimento immersivo in Europa è valutato intorno ai 36 miliardi di dollari e potrebbe raggiungere oltre 109 miliardi entro il 2030, con tasso di crescita annuale fino al 25%.

Si tratta di un’espansione importante, che mostra come questo tipo di offerta sia ormai considerata una vera e propria industria culturale. Bisogna dire però, a onor di cronaca, che non tutto il pubblico è uguale: ricerche recenti mostrano come i visitatori cerchino livelli diversi di coinvolgimento e siamo molto sensibili alla qualità della tecnologia e del racconto, non solo all’effetto spettacolare. La crescita del settore, dunque, non potrà basarsi solo su effetti speciali, ma dovrà puntare su contenuti solidi e su un’esperienza culturale ben progettata. 

I numeri confermano un trend in espansione ma anche una sfida: se la spettacolarità prende il sopravvento il pubblico potrebbe stancarsi e percepire le mostre immersive come prodotti standardizzati. Sarà dunque cruciale bilanciare innovazione tecnologica e valore culturale, evitando di ridurre l’arte a semplice intrattenimento.

Roberto Spanò

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Photocredits: sito ufficiale Van Gogh Alive

La Redazione

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