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D-io e Napoli di Lavinio Sceral

“Napoli è una città azzurra per cielo e mare, grigia per la pietra lavica, gialla per il tufo, rossa per il sangue di San Gennaro e le fiammelle delle edicole delle anime del Purgatorio.”

Napoli è tutto questo e molt’altro ancora: è passione, libertà, spensieratezza, è Dio, è demonio, è benedizione, è ‘na jastemma. 

E ipocrita è chi con i paraocchi vede solo ciò che vuole vedere; ma grazie a Dio c’è l’arte a ricordarci di aprire gli occhi e non solo vedere, ma guardare Partenope in tutta la sua interezza di bella e dannata terra. E lo sa bene Lavinio Sceral, pittore e autore di “D-io e Napoli” edito da Lobster; il suo testo è uno spaccato della Napoli dei quartieri, della Napoli umile, della Napoli che odora di tufo. 

Solo 77 son le pagine di questa discesa e di questa resurrezione sociale e di fede: infanzia, adolescenza, età della consapevolezza; il tutto seguendo un solo file rouge: il credo in D-io, non più una figura perfetta, come siamo abituati a immaginarla, ma un divino dentro e fuori di sé. 

L’autore con racconti personali descrive la sua città come una madre, a volte caritatevole, a volte ingiusta; da giovane garzone di una pasticceria – ha cominciato ancor prima di terminare gli studi; o così o “ci si puzzava di fame” – a studente dell’Accademia delle Belle Arti di Napoli – la “scuola dove si disegna soltanto”, a pittore; da adolescente alle prime armi con la masturbazione, a giovane turbato dalla vocazione. 

Frate non divenne mai, sacerdote nemmeno; ha ritrovato e vive il bello attraverso l’arte. 

Il suo è il riscatto di tanti giovani; la sua è la voce di tanti che avrebbero voluto qualcuno gli tendesse la mano e gli facesse credere che una vita diversa dal basso era ed è possibile. 

“Salva il pane, ma salvano gli amici e salvano i libri. Io mi salvai.”

Antonietta Della Femina

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Antonietta Della Femina

Classe ’95; laureata in scienze giuridiche, è giornalista pubblicista. Ha imparato prima a leggere e scrivere e poi a parlare. Alcuni i riconoscimenti e le pubblicazioni, anche internazionali. Ripete a sé e al mondo: “meglio un uccello libero, che un re prigioniero”. L’arte è la sua fuga dal mondo.
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