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Maid, perché non sottovalutare la violenza psicologica

Maid è la miniserie Netflix di cui avevamo bisogno.

Quante volte abbiamo dovuto ascoltare frasi come “però quella donna poteva denunciare il marito violento, non sarebbe finita così” o peggio “ma quale violenza? Non ha nemmeno un graffio” o ancora “doveva scappare prima che si arrivasse a questo”. 

Ebbene non vogliamo più sentirle, perché la realtà è molto più complessa di ciò che appare e la creatrice di Maid, Molly Smith Metzler ce lo spiega benissimo con una serie commovente, tenera e coinvolgente.

La serie è tratta da una storia vera, si basa infatti sul romanzo di Stephanie Land Maid: Hard work, Low pay, and a Mother’s will to Survive. La storia si ispira alla vita dell’autrice, in particolare agli anni trascorsi dalla Land, madre single, a fare le pulizie nelle case di persone ricche, proprio come la protagonista di Maid.

Maid ci racconta la storia di una giovane madre di nome Alex, interpretata dalla bravissima Margaret Qualley, in fuga da un marito violento. La ragazza lotta tra mille difficoltà per garantire un futuro sereno alla figlia Maddy, di soli tre anni.

La serie si apre mostrandoci subito la drammaticità della situazione familiare di Alex. La ragazza, in piena notte, prende le cose essenziali e fugge con la bambina di nascosto da Shawn, il marito.

Disperata, non sapendo dove andare, Alex cerca l’aiuto della madre, un’artista bohèmien che vive in un camper, ma questa non si rivela essere molto d’aiuto; la donna infatti soffre di problemi mentali e sarà Alex a doversi prendere cura di lei, non potendo contare su nessun altro. 

La ragazza si ritroverà tra mille difficoltà economiche a rivolgersi ad un centro antiviolenza dove si stabilirà per un periodo, mantenendosi facendo pulizie nelle case, da qui il titolo della serie Maid ovvero domestica.

La serie segue il difficile percorso emotivo di Alex e la sua crescente consapevolezza di doversi allontanare dal marito violento.

Allo spettatore viene mostrata con delicatezza e tenerezza, ma in modo altrettanto efficace, la psicologia che molto spesso sta dietro la violenza domestica. 

Alex infatti, fatica, come moltissime donne, ad allontanarsi dal compagno, cadendo vittima della speranza di cambiamento del marito. 

Shawn ha problemi di alcolismo e di gestione della rabbia; nella serie lo vediamo sovente tornare ubriaco la sera e urlare verso Alex e la figlia, fino alla sera in cui, raggiunto il punto di rottura, la ragazza capisce che il marito è un pericolo reale per lei e la bambina e fugge.

Alex cerca di procedere legalmente contro Shawn che la accusa di aver portato via Maddy senza dir nulla. La ragazza prova così a dimostrare di essere stata vittima di violenza, in particolare di violenza psicologica, che, come molto spesso accade, è solo il preludio di quella fisica.

Ma non è facile essere creduti o presi sul serio se, parlando di violenza, non si riporta nemmeno un segno o un livido; questo Alex lo sperimenterà sulla propria pelle. 

La violenza psicologica, purtroppo, ancora oggi è considerata meno grave di quella fisica e questo ha principalmente due gravi conseguenze. 

La prima è far sentire la vittima ancora più sola ed impotente, non ascoltata e non creduta; questa condizione naturalmente scoraggia ogni forma di denuncia e risposta agli abusi. 

La seconda conseguenza, va da sé, è che il non fermare in tempo queste dinamiche di abuso e violenza può portare solo all’aggravarsi della situazione.

Non è mai facile uscire da questo tipo di problematiche e la storia di Alex ne è un esempio lampante. La ragazza infatti ad un certo punto della serie tornerà dal marito, nella vana speranza che questi sia cambiato e che possa in futuro essere un marito migliore ma soprattutto un buon padre per la figlia.

Tornata a vivere col marito però, le speranze di Alex si scontrano con la realtà; in casa con Shawn si ripetono gli stessi identici meccanismi di violenza e soggezione.

Sarebbe facile giudicare Alex, come succede a moltissime donne vittime di violenza domestica, come una sciocca, per aver creduto e sperato in un cambiamento. 

Tuttavia dovremmo astenerci dal giudicare tanto in fretta queste dinamiche. In gioco ci sono una serie di fattori che possono portare una persona a non fuggire o denunciare le violenze subite.

In un sistema ancora troppo patriarcale, per una donna, anche se è assurdo e paradossale, è ancora difficile ottenere giustizia, essere realmente ascoltate e molto spesso le misure adottate per frenare uomini violenti risultano piuttosto lacunose o ancora, non vengono attuate in tempo, prima che sia troppo tardi. 

La storia di Alex ci fa vedere quanto sia difficile e doloroso vivere quotidianamente la violenza domestica, come sia facile rimanere intrappolati in questi meccanismi nocivi e al contempo quanto sia importante uscirne il prima possibile chiedendo aiuto, perché uscirne si può, proprio come Alex. 

La serie si conclude infatti con Alex e Maddy pronte a ricominciare la loro vita nel Montana, dove Alex frequenterà il college, che aveva abbandonato da ragazza per diventare una scrittrice.

La storia di Alex arriva al cuore e riesce ad emozionarci perché vera; ci mostra tutte le fragilità e le paure di una giovane donna alla ricerca di se stessa, pronta a sacrificarsi per conquistare la sua indipendenza e costruire il suo futuro.

Benedetta De Stasio

Vedi anche: Vite di Giada: fiorisce il centro anti-violenza gestito da Proodos

Benedetta De Stasio

Filosofa per vocazione e plant mom a tempo pieno. Scrivo, coccolo gatti e mi piace cimentarmi in cose che non so fare, come dipingere, cantare e cucinare. Colleziono emozioni e frammenti di vita quotidiana. Credo nel vivi e lascia vivere e che piccoli gesti ed attenzioni possano cambiare il mondo.
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