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Hogewey, il villaggio di chi ha perso i ricordi

A pochi passi dalla città di Amsterdam esiste un piccolo villaggio con un grazioso centro, ricco di stradine e spazi verdi, i cui abitanti sono sorvegliati da telecamere 24 ore su 24: si tratta di Hogewey, il “dementia village” pensato per gli anziani affetti da demenza senile o dal morbo di Alzheimer.

Yvonne van Amerongen non ha mai accettato l’idea che alle persone colpite da demenza non spettasse altro che rassegnarsi alla propria malattia, aspettando che il resto di una vita fatta di ricordi confusi passasse in strutture asettiche e avvilenti, tra letti bianchi e medicinali ad ogni ora, come quella in cui lei stessa lavorava.

Nel 1992, allora, pensò alla possibilità di normalizzare, per quanto possibile, la quotidianità degli anziani di cui si occupava: nacque così Hogewey, patria di 152 uomini e donne, assistiti da 250 tra medici e infermieri.

Hogewey ha tutto l’aspetto di una cittadina qualunque: ci sono negozi d’abbigliamento, un salone di bellezza, supermercati, ristoranti; c’è una chiesa per pregare, una piazzetta dove passeggiare e persino un cinema.

23 sono le abitazioni pensate su misura per i 6-8 residenti che le occupano: alcune case sono in stile moderno, altre riportano agli anni ’50, altre ancora in stile coloniale. Dall’arredo alla biancheria tutto è curato nei minimi dettagli per consentire ai pazienti di sentirsi a proprio agio nel ritrovare davanti agli occhi ciò che resta per sempre fissato nella loro mente.

Gli abitanti di Hogewey sono all’apparenza tipici lavoratori impegnati a svolgere il proprio mestiere di chef, di addetto all’ufficio postale o di cameriere. In realtà, dietro quegli abiti comuni si celano i camici bianchi del personale medico, costantemente focalizzato sulla sorveglianza e sull’assistenza dei malati.

Le giornate nel villaggio trascorrono nella semplicità delle piccole cose. Gli anziani affetti da demenza o Alzheimer sono autonomi e possono uscire per fare acquisti con carte prepagate, stabiliscono cosa cucinare per pranzo e possono decidere di cenare al ristorante.

Insomma, una vita quasi normale, se solo non fosse tutto un’illusione. È proprio questo, infatti, che venne (e ancora viene) contestato a Yvonne van Amerongen, colpevole di aver creato un piccolo mondo fittizio, dove ogni cosa è tanto falsa da apparire eticamente scorretta. Tuttavia, i dati positivi raccolti dagli studiosi bastano a placare i sospetti e a zittire i malfidenti. I pazienti di Hogewey assumono meno medicine, vivono più a lungo e meglio di chi è ospitato in strutture cliniche standard e arretrate.

Il successo di Hogewey ha ispirato la fondazione di realtà simili in Inghilterra, in Canada e in Italia, nello specifico a Monza, dove nel 2018 è stato inaugurati “Il paese ritrovato”.

Il centro di assistenza di Monza ricorda un piccolo borgo italiano, con negozi, bar e panchine per rilassarsi. Gli 8 appartamenti costruiti all’interno sono continuamente supervisionati da operatori Oss, mentre i parenti e gli amici dei pazienti hanno la possibilità di muoversi e intrattenersi nel villaggio per tutto il tempo che desiderano.

Alla base di queste cure innovative c’è l’idea che una malattia come l’Alzheimer o le diverse forme di demenza che possono presentarsi in età avanzata non siano trattate e curate in maniera corretta o abbastanza efficiente. Da qui l’esigenza di sperimentare e di tentare nuove soluzioni che indichino la direzione per poterle fronteggiare al meglio.

Maria Paola Buonomo

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Maria Paola Buonomo

Laureata in Lettere Moderne, filologa in fieri, scrivo per sperimentare e accrescere il mio ego. Tra un esame e l’altro, mi cimento ai fornelli come piano b per il futuro (ma qual è il piano a?!). Sono una fastidiosissima ritardataria cronica, ma non è certo un difetto, anzi, è il mio punto forte: vivo con calma… Nel sangue mi scorre indecisione mista ad incoerenza. Il caos è il mio spirito guida. Rispetto la natura e ogni forma di vita, tranne gli esseri umani. Condivido il cuore con il mio cane.
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