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La pittura è femmina – Lavinia Fontana

Lavinia Fontana è stata la prima donna ad aver realizzato una pala d’altare e un nudo femminile.

Non bastano questi due primati a riassumere la fama storica dell’artista bolognese: Fontana è anche la pittrice rinascimentale di cui sono sopravvissute più opere in assoluto.

La vita

Nata a Bologna nel 1522, Lavinia Fontana è figlia d’arte: suo padre, Prospero, è un noto pittore manierista, tra i preferiti di papa Giulio III. Proprio dal padre Lavinia è iniziata alla pittura. La giovane si dedica ai ritratti di personaggi contemporanei, ma non disdegna soggetti sacri o mitologici, raggiungendo presto la fama.

Durante i primi anni di carriera avrà modo di conoscere Annibale, Agostino e Jacopo Carracci, aggiungendo la loro influenza a quella di altri artisti, come Sofonisba Anguissola, il Veronese e Parmigianino.

Auroritratto alla spinetta – Lavinia Fontana (1577)

Lavinia Fontana diviene in poco tempo la pittrice favorita da Papa Gregorio XIII, tanto da essere soprannominata “la Pontificia Pittrice”. Tale conoscenza le permetterà di accaparrarsi le commissioni di numerose famiglie nobili e benestanti della capitale.

Nonostante l’estenuante carriera, Lavinia Fontana si sposa con il collega Giovan Paolo Zappi e partorisce ben undici figli. All’età di 51 anni si trasferisce con la famiglia a Roma, dove ormai ha la quasi totalità dei propri interessi lavorativi. Purtroppo, solo 2 dei figli di Lavinia Fontana non moriranno in giovane età. Questi spiacevoli eventi segneranno profondamente l’animo e le opere della pittrice.

Resterà sempre un’artista molto prolifica: si stima che abbia realizzato più di cento pale d’altare, ritratti di nobili e sculture complesse. Molte sue opere sono andate perdute nel tempo, ma detiene ancora il primato di pittrice rinascimentale di cui sono sopravvissute più opere in assoluto.

Nel 1613 viene colpita da una crisi mistica (forse anche causata dai numerosi lutti) e si ritira in un monastero di Padri Cappuccini, dove muore l’anno seguente assistita dal marito.

Le opere

Come altre sue contemporanee, la carriera di Lavinia Fontana comincia dagli autoritratti: tra i più famosi troviamo Autoritratto alla spinetta (1577) e Autoritratto nello studio (1579). Il primo in particolare racconta molto della società dell’epoca: fu realizzato dalla pittrice come regalo al futuro cognato, dopo aver ricevuto la proposta di matrimonio. Il quadro rappresenta un vero e proprio biglietto da visita, poiché la pittrice decide di ritrarsi come una giovane ben istruita, di bella presenza e modesta: insomma, un ottimo partito.

Insieme ai numerosi ritratti commissionati dai nobili, gentildonne e studiosi del tempo, Lavinia Fontana dedica una fondamentale parte del proprio lavoro alla maternità. Realizza alcune Madonne col bambino, ma anche scene della Natività. L’opera che descrive meglio la sensibilità di una madre è Ritratto di neonata nella culla del 1583, solo recentemente attribuito alla pittrice. Una neonata dallo sguardo curioso fissa lo spettatore, avvolta in preziose coperte ricamate, mentre una donna (forse una balia) è seduta a riposare. Le perdite vissute dalla pittrice sono un elemento chiave per la lettura di quest’opera, piena di tenerezza.

Ritratto di neonata nella culla – Lavinia Fontana (1583)

Come già detto, Lavinia Fontana è la prima donna a realizzare una pala d’altare. Elencarle tutte sarebbe impossibile, ma merita un’attenzione particolare la Madonna Assunta di Ponte Santo, la prima pala dipinta nel 1584, conservata al Museo di San Domenico a Imola.

Uno degli ultimi autoritratti prodotti da Lavinia Fontana è anche un quadro che rompe la tradizione: un nudo femminile, sensuale e sorpreso. In Minerva in atto di abbigliarsi (1613) la pittrice si raffigura nel corpo della dea della sapienza mentre si sta vestendo. La rappresentazione di questo soggetto è insolita, ma costituisce un’innovazione nella pittura di ogni tempo.

Alessia Capasso

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Alessia Capasso

Irpina di nascita, comunicatrice per scelta. Il primo libro che ho letto: un'antologia di miti greci a sette anni. Mi sento veramente felice quando visito un castello antico. Parlo di cultura, con uno sguardo sempre rivolto al passato, e tematiche sociali.
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