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La Sicilia conosciuta nel mondo

Troppo spesso è associato unicamente al commissario Motalbano: Camilleri è stato un artista sotto ogni punto di vista, lavorando in ambito teatrale sia come regista che attore e scrivendo in versi e prosa.

Andrea Camilleri è nato a Porto Empedocle il 6 settembre 1925. Ha vissuto la Seconda Guerra Mondiale, durante la quale ha conseguito la maturità classica senza svolgere l’esame di maturità a causa della situazione in cui verteva il Paese: le autorità scolastiche optarono per la chiusura delle scuole con la conseguente promozione di tutti gli alunni in vista dell’eventuale sbarco degli Alleati.

Già durante il liceo lavorava come regista teatrale, passione che negli anni l’ha reso noto per le sue trasposizioni pirandelliane ma soprattutto per aver introdotto Beckett in Italia. Si diplomò nel 1952 all’Accademia nazionale d’arte drammatica, stringendo amicizia con Luigi Vannucchi e Alessandro Sperlì.

All’attività teatrale affiancò la scrittura di racconti e poesie, alcune delle quali pubblicate in un’antologia a cura di Giuseppe Ungaretti.

Politicamente di sinistra, come traspare dai suoi scritti, si è sempre apertamente opposto al Governo Berlusconi, al punto da lanciare una raccolta firme per non farlo entrare al Senato per conflitto d’interessi.

Nonostante per la gran parte della sua vita sia vissuto a Roma, era impossibile non associarlo immediatamente alla Sicilia: i suoi discorsi, rochi e gracchianti a causa del suo amore per il fumo, presentavano sempre un sfumatura dialettale, pur sfoggiando una fluidità linguistica che riscontra pochi eguali nel panorama italiano odierno.

La notorietà maggiore l’ha raggiunta con i romanzi del commissario Montalbano e la loro trasposizione televisiva: la scelta di scriverli in siciliano ha scoraggiato molti lettori, mentre molti altri si sono appassionati a una cultura lontana; infatti è stato tradotto in moltissime lingue, ma è possibile immaginare un equivalente norvegese del siciliano?

Personalmente, dal primo libro di Camilleri trovato per caso su una mensola di casa quando frequentavo ancora le elementari, ho sempre immaginato il giorno della sua morte: già allora era un anziano signore che faticava a parlare e a muoversi, come avrebbe fatto a scrivere ancora per molto tempo? Temevo di perdere la fonte dei romanzi cui mi ero appena appassionata. Contro le mie aspettative ha redatto ancora molti libri, diretto innumerevoli opere teatrali e espresso la sua opinione sui più vari temi di attualità. Per fortuna, già dieci anni fa aveva elaborato la fine del commissario Montalbano: non poteva morire e tornare dopo qualche anno come Sherlock Holmes, per cui, temendo l’Alzheimer – lui – o un infarto per le troppe sigarette – io – ha scritto l’epilogo del suo più noto personaggio, custodendolo semplicemente in un cassetto, non in cassaforte come si vocifera.

Non sarà morto in piazza parlando della sua vita come desiderava, ma sicuramente verrà ricordato per il contributo reso al panorama artistico italiano.

 

Marta Maresca

 

 

La Redazione

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