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Beatles, trap, Impressionismo e risvoltini: criticare le novità è legge!

“Non si fa più la musica di una volta! Che periodo di declino artistico che è questo!”

Quante volte hai sentito questa frase ultimamente? Tante.
E ti dirò di più, se hai un’età superiore ai 20 anni, la senti da una vita! Perché?

Semplice, le novità artistiche e le nuove tendenze, è scientificamente testato, sono sempre criticate.

Nella storia, tutti i cambiamenti, prima di diventare certezze ed emblemi del loro settore, hanno subito pesanti critiche, è un dato di fatto!
Oggi va di moda la trap, recente filone dell’hip-hop contemporaneo che nasce dalla cultura delle trap house americane, le case di spaccio. Inizialmente la definizione identificava solo i brani che riprendevano il tema dello spaccio e della malvivenza, adesso il genere ha delle sue caratteristiche musicali, metriche e stilistiche che ne permettono l’esposizione in tutte le salse.
Com’è ovvio che sia, questa nuova tendenza ha subito scatenato l’indignazione degli pseudo-critici musicali e dei puristi dell’hip-hop, ma ammettiamolo, c’è solo bisogno di un po’ di tempo, tutti i grandi della storia hanno passato questa trafila!

E partiamo da un classico, i Beatles.

La storia della leggendaria carriera dei Fab Four la conosciamo tutti, eppure, neanche loro si salvarono dalla critica.

Quincy Jones
, arrangiatore, direttore d’orchestra, produttore discografico, trombettista, compositore e attivista statunitense, tra i più celebrati di sempre, affermò, ricordando il primo ascolto della band:

“La prima volta che li ho visti ho pensato che fossero i peggiori musicisti del mondo”.

Da quel giudizio poco lusinghiero, arrivato da un “pezzo grosso” del settore musicale, la band di Liverpool iniziò la sua veloce e impetuosa scalata verso l’Olimpo della musica, che li portò, il 4 aprile 1964, a raggiungere uno dei più grandi record musicali della storia: cinque brani a occupare i primi cinque posti della Billboard Hot 100 Single Charts.

Dai Beatles passiamo a un altro settore, quello dell’arte, e torniamo indietro di qualche secolo, parliamo degli Impressionisti.

L’Impressionismo è un movimento artistico che nacque in Francia nella seconda metà del 1800 quando artisti come Monet, Manet, Degas, Renoir e altri, decisero di andare contro le regole accademiche proponendo uno stile pittorico molto più veloce e “incompleto”.

Gli impressionisti dipingevano en plein aire, con pennellate veloci e poco precise, i soggetti non erano neanche lontanamente riconducibili a quelli dei grandi classici di Michelangelo, Leonardo e Raffaello, ma era quello il punto di forza. Nadar, un importante pioniere della fotografia francese, fu il primo a utilizzare il termine “impressionismo” con accezione dispregiativa: secondo lui, questa nuova generazione di artisti non dipingeva veri e propri quadri degni di valore e attenzioni ma semplici “impressioni”.

Come ultimo esempio, dulcis in fundo, vorrei portare all’attenzione un fenomeno stilistico del mondo della moda: i risvoltini.

La moda dei pantaloni con i risvoltini nacque nel 2015 quando alcune case di moda proposero questa scelta stilistica sulle passerelle di eventi internazionali. Da allora la tendenza si diffuse a macchia d’olio, soprattutto tra i giovani in Italia, scatenando reazioni di odio e amore.
In alcuni si accese una voglia matta di arrotolare le estremità fino ad arrivare alla parte più alta dello stinco, facendo scattare le reazioni di ribrezzo in quelli che consideravano ridicola la moda.

Su internet e i social network più importanti prese in giro e meme si sprecavano – famosa la battuta sul fatto che sembrava avessero scelto di portarli così per colpa della casa allagata.

Oggi, nel 2018, nessuno ne parla più. L’opinione pubblica ha spolpato la tematica fino all’osso, fino alla noia ed è passata ad altro. Adesso nessuno nota più giovani e anziani con i risvoltini, anzi, se ne vedono sempre di più anche alle cerimonie più solenni.

Antonio Alaia
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Antonio Alaia

Antonio Alaia, o semplicemente ALAIA, nasce contro la sua volontà intorno al 1998. Da allora si trascina tra licei, università e uffici in attesa della fine; nel frattempo scrive di cinema, sociale, politica e tutto ciò che ritiene sia interessante e che possa avere anche il minimo impatto sulla società che lo circonda.
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