Il potere terapeutico della natura

C’è un momento, in molti percorsi terapeutici, in cui il paziente mi dice: “Sa, dottoressa, questo weekend sono andata in montagna e ho capito qualcosa che qui, in seduta, non riuscivo a mettere a fuoco”. Oppure: “Mentre camminavo nel bosco, all’improvviso le cose hanno iniziato ad avere un senso diverso”. Non è un caso. E non è nemmeno solo la fuga dalla città.
Come psicologa sistemico – relazionale, ho imparato a riconoscere nella natura qualcosa di più profondo: un sistema potente, un contesto che modifica le narrative, un co-regolatore silenzioso ma efficace. La natura non è semplicemente uno sfondo piacevole per la nostra vita psichica: è un interlocutore attivo nel processo di cambiamento.
In psicologia si parla costantemente di appartenenza ai sistemi familiari, a quelli sociali e ai contesti culturali, ma raramente ci fermiamo a considerare che anche la natura è un sistema a cui apparteniamo, forse il più antico e quello fondamentale.
Quando entriamo in contatto con un ambiente naturale, non stiamo semplicemente uscendo dalla città, stiamo entrando in relazione con un sistema che ha ritmi diversi dai nostri, che non risponde alle nostre urgenze, che esiste secondo logiche che precedono e trascendono le nostre costruzioni mentali.
Questo confronto con un tempo “altro” e con dei cicli che non controlliamo può essere profondamente terapeutico: osservare una pianta che cresce con i suoi tempi, un fiume che scorre senza fretta, le stagioni che si alternano con regolarità… tutto questo ci rimanda a una dimensione di appartenenza più ampia, che relativizza i nostri blocchi, le nostre rigidità e i nostri infiniti “deve essere per forza così”.
Quando camminiamo tra il verde della natura, il nostro sistema nervoso autonomo risponde: il ritmo cardiaco rallenta, il respiro si fa più profondo e la tensione muscolare diminuisce. Non è solo una questione di ossigeno o di semplice “aria pulita”: è il sistema persona-ambiente che si riorganizza e si co-regola.
La natura diventa un terzo elemento nel campo terapeutico, un co-regolatore non-umano che permette l’abbassamento delle difese, l’emergere di contenuti inaccessibili e la riorganizzazione di pattern emotivi e comportamentali sedimentati.
(Sì, forse è anche per questo che io amo follemente campeggiare in tenda.)
IL LINGUAGGIO DELLE METAFORE: LA NATURA PARLA
Le metafore sono strumenti potentissimi: permettono di nominare l’innominabile, di dare forma a vissuti confusi, di creare ponti tra il sentire e il pensare, di visualizzare per immagini… e la natura è un generatore inesauribile di metafore terapeutiche.
Prova a pensare ad un albero che cresce storto ma resta radicato, ad un fiume che aggira gli ostacoli senza fermarsi, o ad una montagna che accoglie neve e sole con la stessa stabilità… Questi non sono solo bei simboli, sono esperienze incarnate che risuonano con la storia personale e relazionale di chi le osserva.
La metafora del mare mosso è la rappresentazione del caos interno, mentre il mare calmo è la possibilità di immaginare una pace futura. Ho ascoltato persone descrivere il cambio di stagione come metafora del loro processo di trasformazione interiore e, di conseguenza, esteriore (e con Sonia Giampaolo abbiamo disegnato la depressione come un inverno interiore). –> https://www.latestatamagazine.it/2025/09/storie-di-depressione-quando-lanima-ha-bisogno-di-primavera/
La natura offre una narrazione alternativa. Accogliamola.
RIORGANIZZARE LE RELAZIONI IN UN CONTESTO DIVERSO
Il nostro comportamento è sempre contestuale: cambia il contesto, cambiano le interazioni possibili. Quando una famiglia, una coppia o anche un singolo individuo si muovono dalla città a uno spazio naturale, le dinamiche relazionali si modificano. Le difese si ammorbidiscono, i ruoli si fanno meno rigidi e a volte emergono comunicazioni più autentiche.
Quante volte mi è capitato di sentire: “Con mio figlio non riusciamo più a parlarci, ma quando andiamo a fare un’escursione è diverso”. O ancora: “In seduta mi blocco, ma quando vado in montagna sento che le parole arrivano da sole”.
L’ambiente naturale crea uno spazio relazionale più fluido, meno connotato da aspettative e schemi preconfezionati. È come se la natura facilitasse una riorganizzazione spontanea del sistema, permettendo l’emergere di nuove configurazioni relazionali.
TEMPI NATURALI VS. TEMPI DIS-UMANI
Viviamo in una società che impone ritmi frenetici, aspettative di efficienza, pressioni costanti… E sì, anche in terapia, a volte, le persone si aspettano dei “risultati immediati”.
La natura ci riporta a una temporalità diversa: quella dei cicli, delle pause e delle transizioni graduali. Un albero non cresce in un giorno, una ferita nel legno impiega anni a rimarginarsi, il disgelo avviene lentamente…
Questa esperienza della lentezza naturale ha un effetto profondamente liberatorio per chi si sente sotto pressione, per chi vive la propria sofferenza come qualcosa da risolvere in fretta. La natura insegna che il cambiamento autentico richiede tempo, che le trasformazioni profonde non sono lineari e che è possibile attraversare l’inverno e ritrovare la primavera.
LA NATURA COME PRATICA DI PRESENZA
Uno degli aspetti terapeutici più sottovalutati del contatto con la natura è la dimensione della presenza. Nella natura è difficile essere altrove: i sensi si attivano, il corpo torna al centro e il qui-e-ora diventa davvero inevitabile. La riconnessione con il presente è fondamentale: la natura ci ancora al presente, ci riporta alla dimensione sensoriale ed esperienziale dell’esistere adesso, non domani, non “forse”. Qui, ora, esistiamo, in una forma di mindfulness naturale, non imposta da guru social e non performativa: semplicemente stare, sentire ed essere parte del tutto.
CARA NATURA, CARA ALLEATA
Non suggerisco di sostituire la psicoterapia e la cura della propria salute mentale con una passeggiata nel bosco, ma credo fermamente che il contatto con la natura possa essere un potente alleato nel processo terapeutico e nei percorsi di guarigione.
La natura è e sarà sempre un elemento del campo relazionale umano e allargato, un sistema che offre co-regolazione, regala metafore, propone riorganizzazioni possibili, suggerisce tempi diversi e elargisce narrazioni alternative.
E soprattutto, la natura è un promemoria costante: siamo parte di qualcosa di più grande, di più antico e di più stabile. Siamo parte di un sistema che continua a esistere, a trasformarsi e a rinnovarsi.
Forse è proprio questo il messaggio terapeutico più profondo che la natura ci offre: il cambiamento è possibile, naturale e, a volte, inevitabile. E noi, come persone che vivono nella natura, possiamo accompagnare questo processo con fiducia, pazienza e rispetto.
Elisabetta Carbone
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