Storia della Nike di Samotracia

La Nike di Samotracia è una stupefacente scultura di età ellenistica, scolpita a Rodi nel II secolo a.C. ed oggi conservata al Museo del Louvre a Parigi.
La Nike venne ritrovata sull’isola di Samotracia nel 1862 dall’archeologo e diplomatico francese Charles Champoiseau, durante gli scavi del tempio dei Grandi Dei di Samotracia e successivamente acquisita dai francesi e trasportata a Parigi dove fu esposta nel 1864, oggi è posizionata in cima allo scalone Daru, creato dall’architetto Hector Lefuel tra la galleria dell’Apollon e il Salon Carré.
La scultura è stata attribuita a Pitocrito di Rodi, anche se non vi è assoluta certezza che sia effettivamente lui l’autore del capolavoro a causa della mancanza di fonti, sicuramente proviene dall’ambiente della scuola rodia, sviluppatasi tra il III ed il I secolo a.C presso appunto l’isola di Rodi, che divenne tra le più raffinate correnti artistiche di quel tempo, raggiungendo elevate capacità tecniche, producendo capolavori di grande bellezza come il Laocoonte e il gruppo di Scilla.
La Nike, era stata creata tra il 200 ed il 180 a.C per essere posizionata in cima al tempio dei Grandi Dei Cabini, gruppi di antiche divinità ctonie, forse di origine frigia o tracia, i cui culti misterici si svolgevano sull’isola di Samotracia, la quale era divenuta un ricco centro economico e culturale, il tempio stesso, a più piani e di grandi dimensioni,era stato voluto dagli abitanti dell’isola per commemorare la vittoria nella battaglia dell’Eurimedonte nella guerra siriaco-romana.
Dea che rappresentava la vittoria sia in guerra che nello sport e venerata specialmente in ambiente greco, la Nike era figlia del titano Pallante e della ninfa Stige, e sempre raffigurata come una giovane donna con grandi ali. Il materiale utilizzato per la statua è il marmo pario, particolarmente pregiato e apprezzato per il suo colore bianco e la grana grossa, proveniente dall’isola di Paro in Grecia, mentre la base su cui poggia era in marmo di Larthos da Rodi.
La figura scolpita con grande maestria ed accuratezza dei particolari era stata pensata per una visione di tre quarti, presenta indosso un chitone riccamente panneggiato creando un forte gioco di chiaroscuri, aderente perfettamente al corpo per esaltare la figura e rappresentata con le ali spiegate nell’atto di posarsi sulla prua di una nave su cui poggia solo il piede destro, mentre la gamba sinistra è leggermente piegata indietro per dare l’idea del movimento.
Lo scultore crea anche l’illusione che la figura sia colpita dal vento, tanto che la veste si sposta verso dietro ricreando abilmente l’effetto del vento sugli abiti, che segna ancora di più le forme del corpo aderendo ad esso. Fu ritrovata purtroppo acefala e senza entrambe le braccia, non sappiamo perciò se reggesse qualche elemento nelle mani.
La statua è uno dei capolavori dell’arte greca e fin dal ritrovamento ebbe subito grande successo per la magnetica bellezza, rappresentando l’alto livello tecnico a cui i greci erano giunti ed oggi è una delle maggiori attrattive del Louvre.
Beatrice Gargiulo
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