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Sono un terrorista: La Russia inserisce il movimento LGBTQ+ tra le organizzazioni estremiste e terroristiche

Una delle prime cose che la mia famiglia mi ha insegnato è il significato del termine tolleranza – dal latino tolerantia -, non unicamente nell’accezione di “sopportazione”, ma anche e soprattutto come “accettazione di ciò che è diverso da noi” – non sbagliato, non migliore o peggiore, ma semplicemente diverso, come diverso può essere una persona bionda da una persona mora.

La prima volta che ho dovuto mettere in campo gli insegnamenti avuti dai miei genitori è stato quando alle scuole elementari è subentrata nella mia classe una bimba diversamente abile, Maria. Inizialmente per amalgamarmi e non sentirmi esclusa, mi comportavo esattamente come alcune mie compagne di classe, escludendo e quasi schivando la diversità, ciò che non conoscevo, ciò che nessuno mi aveva ancora spiegato. Dopo le prime lacrime, ho imparato a tollerare, ho imparato – quindi – ad accettare ciò che era diverso, a viverlo e a imparare da questa “realtà diversa”, ma pur sempre realtà.

Negli anni mi si sono palesate sempre più situazioni dove imparare a convivere con la diversità; a un certo della mia vita ero io che insegnavo che “non tutte le dita della mano sono uguali e che ognuno di noi è unico”. Ed è una delle lotte che più sento in maniera viscerale: seppur con due occhi, due orecchie, una bocca, un naso, due mani e due piedi, mi sono sempre sentita diversa. Diversa da chi mi circondava, o da chi faceva finta di esserci. Mi sono sempre schierata dalla parte degli ultimi, perché io in primis lo ero e lo sono: i più deboli, gli anziani, le donne sole, gli uomini inascoltati, gli uomini e le donne che vivevano nel proprio intimo una realtà diversa da quella che era il loro corpo. Omosessuali, transessuali, transgender, intersessuali (…) – quanti cazzo di termini per definire una persona, che a conti fatti altro non è che una persona. Eppure ne abbiamo bisogno, chissà perché, o forse i perché son così tanti e futili da farci perdere di vista quello che poi realmente siamo, umani, fatti esattamente tutti di sole carne e ossa. Nonostante l’attenzione sempre maggiore alle tematiche relative all’orientamento sessuale, ci sono ancora persone, a volte anche capi di stato, che dall’alto della loro presunzione pensano di poter giudicare e puntare il dito contro il diverso. 

Ricchione, checca, frocio, succhiacazzo, rottinculo, femminuccia, femminiello, masculone, cravattonaTerrorista.

Sì, anche terrorista: “appartenente a una organizzazione politica clandestina che si avvale, nella sua lotta, di metodi basati sulla violenza più spietata.” (da Oxford Languages)

La Russia ha aggiunto il movimento internazionale Lgbtq nella “lista nera”, nella lista dei “terroristi ed estremisti”. Come se una mera scelta sessuale – libera – possa agevolare la genesi di azioni violente. Come se una scopata o un sentimento facciano di me, eterosessuale, bisessuale, omosessuale, transessuale, un elemento deviante, una feccia, un uomo o una donna da combattere. Io, una minaccia per l’integrità del paese che mi ha fatto nascere, crescere o che mi ha adottato. 

I primi arresti – no, non è fantascienza – sono stati effettuati alcuni giorni fa: Alexander Klimov e Diana Kamilyanova, rispettivamente direttore artistico e amministratrice di un locale LGBT della città di Orenburg, nel sud ovest della Russia. (Fonte: https://www.ilpost.it/2024/03/22/russia-movimento-lgbt-organizzazioni-terroristiche/ )

Ancora, ancora ostracismo. Ancora schiavitù. Ma ogni uomo schiavo, diviene poi libero.

“È l’invasione degli imbecilli” – parafrasando Umberto Eco. E lo è, lo è davvero. 

A suon di “famiglia classica”, “famiglia normale”, ci si riempie la bocca e ci si ingozza. Ma… Sebbene ora sembra impossibile vincere i tiranni e gli assassini, anche loro cadranno, cascheranno e si vedranno seppelliti da sabbia, cenere e terra arsa.

Per te Russia, povera madre, io sono un terrorista.

Antonietta Della Femina

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Antonietta Della Femina

Classe ’95; laureata in scienze giuridiche, è giornalista pubblicista. Ha imparato prima a leggere e scrivere e poi a parlare. Alcuni i riconoscimenti e le pubblicazioni, anche internazionali. Ripete a sé e al mondo: “meglio un uccello libero, che un re prigioniero”. L’arte è la sua fuga dal mondo.
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