Arte & CulturaPrimo Piano

Ad Ancona il Museo Omero, primo museo tattile per ciechi e ipovedenti

Si chiama “Omero”, forse perché si è spinto fin dove altri non avevano osato fare, superando i limiti e le colonne d’Ercole che, per paura e per natura, ci eravamo imposti di non poter superare.

Risale al 1985 l’idea di Aldo Grassini e sua moglie Daniela Bottegoni, due persone non vedenti, di creare un museo in cui tutto si potesse toccare. Studiosi di esperanto e accaniti viaggiatori, erano stanchi del “Vietato toccare” affisso nei musei di tutto il mondo.

Docente di storia e filosofia al liceo per 37 anni, Aldo Grassini, intervistato sull’istituzione del Museo Omero, raccontava: “Io e mia moglie, da viaggiatori appassionati, ci siamo dovuti scontrare sovente con gli assurdi divieti che in tutti i musei vengono posti: Non si può toccare!, che riferito ad un cieco e come dire ad un vedente di non poter guardare. Da questa esasperazione è nata l’idea di mia moglie, che ho subito colto al volo, di raccogliere in un luogo le riproduzioni dei grandi capolavori dell’arte, in modo da consentire anche ai ciechi di poterle conoscere e di godere della bellezza dei capolavori del genio umano”.

Dopo anni di impegno e attesa, anche grazie al sostegno dell’allora dirigente della Regione Marche all’Assessorato Servizi Sociali, Rosa Brunori Ciriaco, il 29 maggio 1993 il Comune di Ancona, con il contributo della Regione e ispirato dall’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti, istituisce ufficialmente il Museo Omero.

Nato come museo civico – cioè di proprietà comunale – il museo includeva tre aule della scuola elementare “Carlo Antognini” di Ancona, 19 copie in gesso di scultura classica e un modellino architettonico. Quattro anni dopo, Omero si trasferirà presso un’ala delle scuole medie Donatello, sempre ad Ancona, in via Tiziano, per ospitare una collezione più ampia. Ma i suoi spostamenti non finiranno qui.

Dopo essere stato riconosciuto come Museo Statale, nel 1999, con lo scopo di “promuovere la crescita e l’integrazione culturale dei minorati della vista e di diffondere tra essi la conoscenza della realtà”, si trasferirà presso la Mole Vanvitelliana della stessa provincia, sua sede definitiva dal 2012, dove occupa quattro piani, circa 3.000 metri quadri, includendo oltre alle opere della collezione – 200 opere tra copie in gesso e resina di capolavori classici, modellini architettonici e sculture contemporanee originali – laboratori didattici, uffici, sala conferenze, centro documentazione e altri spazi espositivi.

Ancora Aldo Grassini: “La mia battaglia politica e sociale è sempre stata condotta in favore del diritto all’uguaglianza, alla pari dignità, alle pari opportunità, principalmente dei disabili visivi, ma anche di tutte le altre tipologie di disabilità e di svantaggio”.

Pensato per le persone cieche o ipovedenti, ma accessibile a chiunque, il luogo è progettato per essere un luogo aperto, in cui poter prendere parte a una esperienza multisensoriale, in cui i sensi sono porte di possibilità e non esistono barriere, fisiche o mentali.

Il Museo Omero è così strutturato. Entrando, all’ingresso, sono presenti materiale informativo – fornito in più lingue e in Braille – audioguide in lingua italiana, il modellino della Mole Vanvitelliana in cui ci si trova, con disegni a rilievo della mappa delle varie sale, percorsi per famiglie e bambini, sedie a ruote manuali su richiesta e una guida semplice per cominciare la visita.

Lungo il percorso, si trovano tutte le opere – copie, originali, modellini, oggetti di design – esplorabili tattilmente, descritte con pannelli, didascalie e tavolette, sia in Braille, sia a caratteri grandi e a forte contrasto (generalmente nero su bianco). Per le opere più alte, ci sono delle pedane mobili con scale, per permetterne un’esplorazione tattile completa.

Il percorso espositivo unisce scultura, architettura e design (sezione inaugurata nel 2021), mettendone in mostra evoluzione e cambiamenti, in una esperienza visiva e tattile che parte dall’antichità classica e arriva all’età contemporanea.

Copie in gesso e resina dei capolavori dell’arte classica, dall’antica Grecia al Neoclassicismo, dal Discobolo, alla Nike di Samotracia, al Poseidone e alla Venere di Milo, si affiancano ai modellini architettonici del Partenone e del Pantheon, in un percorso di volti, corpi, muscoli ed espressioni che, senza passare da Roma, dalla Basilica di San Pietro, dal Louvre di Parigi o da Atene, attraversa mezza Europa e oltre duemila anni.

L’invito, rivolto a tutti, lo ha espresso l’attuale Direttore del Museo Tattile Statale Omero, Aldo Grassini: “Il tatto, dal punto di vista estetico, non è sostitutivo della vista, ma rappresenta una via alternativa, e credo che noi, come Museo Omero, abbiamo aiutato anche chi vede a scoprire tale beneficio”.

Stefania Malerba

Leggi anche: Ma la domenica al museo funziona davvero? 

Stefania Malerba

Sono Stefania e ho poche altre certezze. Mi piace l’aria che si respira al mare, il vento sulla faccia, perdermi in strade conosciute e cambiare spesso idea. Nel tempo libero imbratto fogli di carta, con parole e macchie variopinte, e guardo molto il cielo.
Back to top button