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Le cinque ferite dell’anima: quali maschere indossi?

Numerosi scrittori di inizio novecento avevano giù intuito la spersonalizzazione dell’identità e l’esistenza di più maschere sociali.

Pirandello vi dice qualcosa?

Oggi però la psicoterapia e gli studi di bioenergetica ci hanno permesso di studiare questi stessi meccanismi con molti nomi, fra patologie e comportamenti disfunzionali.

Ma una definizione è più poetica delle altre: le cinque ferite dell’anima.

Prima che ve lo domandaste, occorre premettere che tutti hanno una ferita dell’anima.

La bioenergetica, uno studio che aiuta la regolazione emotiva attraverso il contatto fra mente e corpo, ha individuato che ogni essere umano ha in comune almeno una di queste ferite, spesso molte di più.

Da cosa vengono originate?

Dalla negazione dei bisogni principali di un bambino, come per esempio la possibilità di esprimere liberamente i suoi pensieri e di poter giocare e divertirsi.

In questo modo si creano le ferite che obbligano il bambino ad adottare determinati comportamenti per non entrare a contatto col dolore.

Questi automatismi saranno ripetuti anche da adulti, costringendo la persona ad indossare le famose maschere sociali. Ma spesso, se la ferita è troppo profonda, le maschere saranno così spesse da correre il rischio che l’individuo dimentichi il suo vero volto prima di curarle.

Ma per curarle bisogna prima conoscerle: quali sono?

-La ferita del rifiuto: la più dolorosa delle cinque.

Il bambino non si sente riconosciuto dal genitore dello stesso sesso per quello che è, crescendo così frustrato nel suo stesso diritto di esistere. Non riconoscendosi degno delle sue peculiarità, indosserà da adulto la maschera del fuggitivo, evitando costantemente ogni problema, reale o non.

Cercando in tutti i modi di essere invisibile agli occhi degli altri per la paura del giudizio, sarà comunque obbligato al confronto, per l’inconscio desiderio di voler essere riconosciuto.

-La ferita dell’abbandono: per le più svariate ragioni il bambino si sente abbandonato dal genitore del sesso opposto e ciò lo porterà a temere in maniera patologica l’abbandono, arrivando ad indossare la maschera del dipendente.

Avendo il terrore inconscio di rimanere solo, non si reputerà capace di affrontare in maniera autonoma le situazioni e si metterà costantemente in difficoltà per suscitare l’amorevole cura di qualcuno, salvo poi esserne puntualmente abbandonato perché troppo bisognoso.

-La ferita dell’umiliazione: causata da uno qualunque dei due genitori, frustra il banbino nella mancanza di limiti. Ciò lo porterà a pensare di non aver bisogno di nessuno e di non dover mai esprimere i suoi reali bisogni.

L’unico piacere che gli rimarrà da adulto sarà passare la sua vita nell’accontentare gli altri per ricevere gratificazione. La maschera associata a questa ferita è infatti quella del masochista.

-La ferita del tradimento: causata dal genitore del sesso opposto, viene causata quando le aspettative del bambino continuano ad essere deluse.

Crescendo con una scarsa o assente fiducia negli altri, l’adulto con questa ferita si costringerà a controllare tutte le sue relazioni, avvicinando paradossalmente proprio le persone che meriterebbero meno fiducia di tutte, proprio per permettergli di riconoscere il suo meccanismo disadattivo. La sua maschera è quella del controllore.

-La ferita dell’ingiustizia: causata dal genitore dello stesso sesso, si genera quando il bambino subisce una costante freddezza che lo costringerà a ricercare la felicità nel perfezionismo.

Crescendo, senza rendersene conto quel bambino adotterà gli stessi atteggiamenti che lo fecero soffrire indicibilmente, arrivando a criticare costantemente ogni persona per tutto, scandalizzandosi però quando qualcuno criticherà lui. La sua maschera è quella del rigido.

Come abbiamo detto però, le ferite dell’anima possono essere curate. Tutto sta nel vederle e riconoscere quegli atteggiamenti impressi nella nostra anima e solo allora curarli grazie ad un lungo percorso di terapia.

Qualunque sia la tua ferita, ricorda: non sei solo. Non è colpa tua, ma è tua responsabilità capire come reagire ad essa. Buona fortuna a tutti!

Santomartino Gabriel

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Gabriel Santomartino

Classe 97, aspetto di laurearmi in lettere moderne e nel mentre mi nutro di romanzi, racconti e miti come ci si potrebbe nutrire solo di ambrosia. O di una pasta al forno, volete mettere? Appassionato in maniera megalomane di letteratura, fumetti e film col segreto proposito di conoscere un giorno una formula per leggere le emozioni all’interno dell’anima. E di diventare scrittore, ovviamente. Quando le idee sono troppe mi rifugio nella natura, magari con una cioccolata calda.
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