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Cosa trama la tessitrice nel presepe?

Il presepe è una forma d’arte probabilmente unica al mondo. Costruire il presepe significa dare vita e corpo a una storia intricata e complessa.

Osservandolo con attenzione, infatti, ci si rende conto che è molto di più della semplice rappresentazione della nascita di Gesù.

Numerosi sono i personaggi che lo compongono, ognuno con un ruolo e una caratterizzazione che non ha nulla da invidiare a quella dei personaggi delle grandi storie della letteratura. Le vicende di tutti, intrecciandosi, finiscono per incontrarsi in un unico luogo: la grotta in cui nascerà il figlio di Dio.

Pensiamo alla storia di Stefania, la giovane donna che, contravvenendo alla legge che impediva alle nubili di avvicinarsi alle partorienti, aveva avvolto una pietra tra le vesti per simulare una gravidanza. Messasi in adorazione davanti alla grotta, la pietra si era miracolosamente trasformata in un neonato: Stefano, il primo martire della storia.

Pensiamo ai magi che, partiti dal lontano oriente, giungono alla grotta guidati da una stella cometa.

Pensiamo ai pastori, ai pescatori, ai fruttivendoli e ai locandieri che affollano la scena e la rendono viva e movimentata. Ognuno di loro è caratterizzato da abiti, oggetti e gesti particolari. Non sono messi lì a caso, ma ognuno di loro è simbolo di qualcosa di più grande. Benino rappresenta la rinascita, il vinaio l’eucarestia, il pescatore rimanda al simbolo utilizzato dai primi cristiani per rappresentare lo stesso Cristo, e così via.

Spicca, tra loro, il personaggio della tessitrice, per la sua simbologia fondamentale. Infatti, se andiamo a sbirciare il dizionario etimologico, scopriamo che “tessere” proviene dal latino “tex-ere”, il cui participio passato è “tex-tus”.  

Immediato è il rimando al termine “testo” che, nella corrente accezione, ha il significato di “insieme di parole presentate in forma manoscritta, stampata o digitalizzata […]”. Si parla dunque di testo di una lettera, testo di un romanzo, testo di un documento giuridico e in ogni caso ci si riferisce ad una sola cosa: la parola scritta. Eppure, questa stessa parola, “testo”, anticamente veniva utilizzata per indicare il tessuto creato dall’intreccio dei fili del telaio.

Apparentemente, queste due attività non hanno nulla in comune. Da una parte abbiamo la creazione di abiti, dall’altra abbiamo la scrittura di libri.

Eppure, non è l’unica coincidenza terminologica tra le due attività.

Il termine “intreccio” può essere sia riferito ai fili che compongono una veste, che all’insieme degli elementi di una narrazione. La trama è sia il filo che costituisce il tessuto, sia il contenuto di un’opera narrativa o drammatica.

Nella stessa etimologia è evidente come la creazione di storie sia stata, fin dall’antichità, assimilata alla fabbricazione di stoffe. Fili e personaggi si intrecciano tra loro creando una successione di eventi che insieme formano la trama.

Se la principale funzione del testo scritto è quella di conservare nel tempo il proprio contenuto, è evidente come la tessitrice sia un simbolo fondamentale. Non è solo un’umile artigiana, ma incarna, nella sua figura, il significato ultimo del presepe: il tramandare.

Lo scopo del presepe è proprio quello di trasmettere nel tempo, anno dopo anno, alle generazioni future, la storia della nascita di Gesù e di tutti i personaggi che ne hanno fatto parte.

Nel raccontarla, la storia si ripete nei secoli, divenendo immortale. In questo è racchiuso tutto il significato del presepe ed è di questo significato che la tessitrice diviene simbolo fondamentale e insostituibile.

Nadia Rosato

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Nadia Rosato

Nadia Rosato, napoletana di nascita e di residenza. Laureata in Filologia Moderna. Ho la luna in gemelli. Il modo migliore per farmi fare una cosa è dirmi che non posso farla.
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