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Silenziosamente “ricucire”

“Ma la cicatrice quando passa?”

“La cicatrice non passa.

È come una medaglia che nessuno ti può portare via.”

– Zerocalcare, Strappare lungo i bordi

Avere cicatrici sul corpo vuol dire guardarsi allo specchio con gli occhi un po’ lucidi e riprovare ogni sensazione nascosta sottopelle. Accettarle sembra un ostacolo insormontabile, soprattutto in una società eccessivamente orientata all’estetica e alla perfezione del corpo. 

Il primo pensiero è cercare in tutti i modi di nasconderle, di camuffarle, incamminandosi verso una vita di rinunce: “non posso permettermi quel vestito, è troppo scollato”, “non posso farmi vedere in costume, si vedrà”, “penserò a un tatuaggio, la coprirà”. 

Il passo fra una paranoia e una visione distorta del proprio corpo è breve, soprattutto in momenti di particolare fragilità, causando insicurezza, paura e blocchi emotivi. E così quel segno che sul corpo appare così piccolo nella mente diventa così grande da invadere i pensieri, tanto che rimedi invasivi come laserterapia o chirurgia estetica appaiono come le uniche soluzioni possibili. 

Ma siamo sicuri che ciò che si vuole nascondere si riduca a quel taglio sulla pelle?

Ciò che più di tutto pesa è il fatto che quei segni sono lì, e lo saranno per sempre, a ricordare ciò che è stato: il rischio, la sofferenza, la paura. Sono promemoria di un passato che è difficile, se non impossibile, da dimenticare. Prima di essere cicatrici del corpo, quei segni sono cicatrici dell’anima, nascoste a tutti ma non a sé stessi.  

Il passato, infatti, è più facile da nascondere che da affrontare ma solo così si impara ad osservarlo con occhi diversi e da una nuova prospettiva.  

“… e quando sulla schiena hai cicatrici 

è lì che ci attacchi le ali.”

Così canta Ermal Meta nella canzone Lettera a mio padre

C’è tanta verità in queste parole, perché una cicatrice non è il punto di arrivo in cui fermarsi a pensare, ma quello da cui ripartire e ricominciare a vivere. Quel taglio non può solo incupire, ma anche infondere speranza e ricordare che in fondo al buio la luce si ritroverà sempre, bisogna solo cercarla e avere il coraggio di vederla.

Per accettare una cicatrice, bisogna prima essere in grado di accogliere la storia che c’è dietro, toccarla con mano e capire che ci appartiene, che fa parte di noi, che ci ha cambiati e ci ha reso forti. È il segno della vittoria e della voglia di vivere, del bene che trionfa, della rinascita. 

Solo considerarla un segno e non uno sfregio permette di capire che chi ci guarda sa bene che la persona non è la sua cicatrice, ma è solo un valore in più che ella possiede. 

Perciò vanno portate con orgoglio, come medaglie, come gioielli, perché anche attraverso esse siamo noi stessi. 

Quando hai cicatrici sul corpo guardati allo specchio, e non cercare di nasconderle sotto i vestiti o un filo di cipria ma dietro un sorriso. 

I tagli sulla pelle sono come i cuori infranti, come le delusioni, come le parole che fanno male: ciò che si può fare non è sperare di cancellarle, ma silenziosamente ricucire. 

Maddalena D’Angelo

Copertina: Valentina Lorizzo Behance

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Maddalena D'Angelo

Un po' troppo timida, particolarmente sensibile, esageratamente romantica, mi definirei così. Sono Maddalena D’Angelo, classe ’99 e studentessa di Filologia moderna. Parola d’ordine? Creatività. Mi piace trasformare il mondo fuori e mostrare il mondo che ho dentro. Ho sempre vissuto con la penna in mano, con le scarpette da punta ai piedi e con mille idee in testa, ma non sto qui a raccontartele, scoprile leggendo i miei articoli!
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