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Cronofobia o paura del tempo che passa

L’ansia di voler fermare il tempo ha il nome di “cronofobia”.

Immersi in un mondo ad alta velocità, tentiamo di stare al passo, vittime dell’ossessione di rientrare nei tempi, di cogliere l’attimo: esasperazione di un misconosciuto carpe diem. È una vita, la nostra, tutta di corsa, di fretta, fatta di affanno, di inquietudine, di agitazione.

Ecco il dramma della nostra epoca: essere in ritardo. Manchiamo all’appuntamento, non guardiamo l’orologio, la sveglia non suona. La vita prosegue e noi restiamo immobili. 

Da qui la cronofobia: la paura del tempo, di un tempo che scorre irrefrenabile e implacabile. Il tempo che vola. La cronofobia è nella nostalgia degli anni andati, nell’esigenza di un giorno più lungo di ventiquattro ore, nel desiderio di fermare le lancette per godere di un momento di pace.

Questa guerra contro i minuti ci annulla nelle nostre agende fitte di impegni e nelle troppe note dello smartphone. Così, ci perdiamo e sentiamo il bisogno di ritrovarci, di “staccare la spina”. 

Ma, a livelli più estremi, la cronofobia diventa quasi un disturbo, frutto di un’ansia che impone il bisogno di rincorrere un tempo sempre insufficiente, senza sprecare un solo istante. Nonostante non sia riconosciuta dalla psichiatria come una patologia vera e propria, è una sofferenza che può generare sentimenti depressivi e attacchi di panico.

Del resto, in fondo, siamo tutti un po’ cronofobici

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La Redazione

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