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Lo Scoglio di Rovigliano tra mito, storia e abbandono 

All’ingresso del Golfo di Napoli, lo Scoglio di Rovigliano è un isolotto solitario sospeso tra realtà e leggenda. Oggi appare come un frammento di roccia dimenticato, ma scopriamo insieme cosa nasconde. 

Nella sezione 17 del capitolo 32 della sua Naturalis Historia, Plinio il Vecchio (23 d.C. – 25 agosto 79 d.C.) cita lo Scoglio di Rovigliano come “Petra Herculis”, letteralmente “Scoglio di Ercole”, nel territorio di Stabia in Campania. Lo scoglio di fronte alla foce del fiume Sarno è un’isola rocciosa estesa su circa 5800 mq; su di essa si erge una torre, di cui oggi restano solo dei ruderi. Nel De re rustica di Lucio Giunio Moderato Columella (Gades, Spagna 4 d.C. – 70 d.C.), l’isolotto viene indicato come le “saline di Ercole”: questa affermazione lascia supporre vi fosse in passato proprio lì un tempio dedicato a questa divinità. 

La sua storia

Nel I secolo d.C. vennero costruite sullo Scoglio di Rovigliano delle strutture murarie in opera reticolata e alcuni piani di livellamento che formavano una serie di terrazze. Dopo l’eruzione del 79 d.C. e in seguito a quella del 472 d.C. lo Scoglio di Rovigliano fu soggetto a un fenomeno di “disabitamento”: i materiali piroclastici e altri detriti modificarono la fisionomia dei luoghi e lo stesso fiume Sarno venne deviato rendendo per alcuni anni non agile l’approdo sull’isolotto. 

Risalgono a questi periodi storici i frammenti di coccio pesto rinvenuti al di sotto dell’intonaco di una delle pareti – che si trova alla base della torre -, il tamburo di colonna in marmo bianco e i cumuli di intonaci. Successivamente a un periodo di cui non abbiamo notizia, le fonti riferiscono di un monastero benedettino presente sull’isola: un documento notarile datato 938 d.C. cita le donazioni nei confronti di “Giovanni, venerabile abate e sacerdote del monastero sull’isola di Rovigliano”. 

In questo documento viene attestata l’attuale denominazione di Rovigliano – della famiglia gentilizia Rubellii -, confermata anche in altri documenti successivi: uno redatto all’epoca di Papa Innocenzo III (1179/1180), dove viene citata la località di Rubellanium, altri emessi tra il 1216 e il 1225 – ben cinque le bolle di Papa Onofrio III – dove si parla delle modifiche di diocesi relative all’Abate di Rovigliano. Successivamente, durante il periodo angioino, lo scoglio venne utilizzato come punto di controllo per i traffici commerciali diretti alla città di Scafati; dopo una serie di andirivieni dei monaci benedettini, sul piccolo isolotto venne edificato un fortino e alla fine del XVIII secolo il luogo fu adibito a prigione. 

Da allora e dopo l’Unità d’Italia, lo Scoglio di Rovigliano passò dapprima al demanio e poi successivamente a privati. Secondo quanto riportato dal Rotary Club di Torre Annunziata, lo scoglio pur essendo di proprietà delle famiglie Brigante e Malafronte, è soggetto a tutela dei beni culturali. 

Lo Scoglio di Rovigliano tra il passato e il presente

“La leggenda vuole che Ercole, tornando dalla Spagna dalla 10ª delle sue 12 fatiche, prima di fondare le città di Ercolano e Stabia, staccò la cima del Monte Faito scagliandolo in mare, formando così l’isolotto”, leggiamo al riguardo sul sito del Ministero della Cultura. Il mito di Ercole, altro non è che una rielaborazione di un fenomeno geologico: lo Scoglio di Rovigliano condivide con il Monte Faito il periodo storico di appartenenza – circa 245 milioni di anni fa -: dopo la creazione del Mar Tirreno, le rocce calcare subirono in alcuni punti un ribassamento e in altri un sollevamento.

Il ribassamento é ciò che ha subito lo scoglio, che, quindi, altro non è l’apice di una montagna ormai sprofondata; il sollevamento invece ha dato origine alla catena dei Monti Lattari, di cui il Monte Faito è una delle cime più alte con i suoi 1131 m. Attualmente lo Scoglio di Rovigliano non è più abitato e rientra nei beni culturali abbandonati della Direzione Generale Archeologia, Belle arti e Paesaggio del Ministero della Cultura. 

Il 5 agosto e lo Scoglio di Rovigliano

In questa data la comunità di Torre Annunziata si riunisce per celebrare la Madonna della Neve, sua patrona. Secondo la leggenda il 5 agosto 1354, alcuni pescatori nei pressi dello Scoglio di Rovigliano trovarono una cassa di legno contenente un’effigie sacra, l’immagine della Madonna della Neve. Ogni anno per onorare tale ritrovamento c’è una rievocazione storica: il popolo in costume svolge processioni sia via mare che sulla terraferma. 

Alcune curiosità

• La denominazione attuale ha un’origine incerta: “Secondo gli archeologi, il nome deriva o dal cognome di un’antica famiglia romana, la gens Rubilia, oppure dal console Rubelio, proprietario dello scoglio, o ancora dal termine latino robilia, ossia delle piante leguminose, simili alle cicerchie, che crescevano abbondanti nella zona dell’ager”. 

• Lo Scoglio di Rovigliano vive una leggenda simile alle vicine Isole della Gaiola. Nel IX secolo i longobardi occuparono il territorio di Castellammare e il Conte Orso con la moglie Fulgida si stabilì sull’isolotto roccioso. Durante un attacco saraceno, la donna nel tentativo di salvare il marito venne colpita da una lancia e perse i sensi: al suo risveglio trovò il marito impiccato. Disperata cominciò a vagare in cerca del figlio, che però era stato rapito dagli invasori e fatto schiavo. La leggenda vuole che al tramonto il suo fantasma si aggiri ancora senza pace alla ricerca dei suoi amati.

Antonietta Della Femina

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Antonietta Della Femina

Classe ’95; laureata in scienze giuridiche, è giornalista pubblicista. Ha imparato prima a leggere e scrivere e poi a parlare. Alcuni i riconoscimenti e le pubblicazioni, anche internazionali. Ripete a sé e al mondo: “meglio un uccello libero, che un re prigioniero”. L’arte è la sua fuga dal mondo.
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