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Ancor prima di Halloween, a Napoli si celebravano ‘e Cicci Muorti

Che la tradizione celtica di Halloween avesse un predecessore napoletano è ben risaputo. Oggi scopriamo la tradizione dei ‘e Cicci Muorti, l’antenata partenopea del “dolcetto o scherzetto”

A Napoli ogni tradizione è esacerbata, ingigantita, acuta; la fortuna e il destino la fanno da padroni e la mitologia si è sempre ben mischiata alla realtà. A Napoli, terra di dei e di vampiri – disclaimer: la tradizione vuole che Dracula sia seppellito proprio qui – l’esoterismo e la religione sono alla
base di ogni credenza e tradizione. Ancor prima che la festa celtica di Halloween arrivasse lungo tutto lo stivale, a Napoli la notte del 31 ottobre bambini e ragazzi giravano per i vicoli, portando con sé una
piccola cassetta a forma di bara, il tauto.

“Famme bene, pe’ li muorte: dint’a ‘sta péttula che ‘ce puórte? Passe e ficusecche ‘nce puórte e famme bene, pe’ li muorte”

Ripetevano ed esclamavano a voce alta Cicci Muorti, per richiedere un’offerta: dolci, monetine o frutta secca; chi più donava, più dimostrava rispetto nei confronti dei morti.

Alcuni scugnizzi travestiti per ‘E Cicci Muorti

Questa tradizione, le cui origini si fanno risalire alla Napoli pagana, celebrava il passaggio tra la vita e la morte e la profonda riverenza nei confronti dei propri defunti: non serviva essere benestanti o ricchi
proprietari; a Napoli si è sempre avuta consapevolezza – e Totò lo ha ribadito ne La livella – che la morte appartenesse al genere umano nella sua totalità ed ecco che durante la tradizione dei Cicci Muorti si donava ciò che di più povero vi era, i chicchi di grano, i cicci per l’appunto.

Incipit della poesia La livella di Antonio De Curtis, in arte Totò

È l’esempio lampante di come anche in un evento tragico come la morte, a Napoli ci sia riconoscimento, gratitudine e ironia, o black humour che dir si voglia. Nonostante l’arrivo delle zucche e dei costumi di Halloween, i Cicci Muorti restano un simbolo della (Napoli) popolare e del suo legame con la morte, non come assenza, ma come presenza viva.
Celebrare le anime significa scoprire e raccontare, vicolo dopo vicolo, l’anima autentica della sirena Partenope.

Antonietta Della Femina

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Antonietta Della Femina

Classe ’95; laureata in scienze giuridiche, è giornalista pubblicista. Ha imparato prima a leggere e scrivere e poi a parlare. Alcuni i riconoscimenti e le pubblicazioni, anche internazionali. Ripete a sé e al mondo: “meglio un uccello libero, che un re prigioniero”. L’arte è la sua fuga dal mondo.
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