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La coinquilina che non paga l’affitto: cara ansia, ti sfratto

“Cara ansia, dopo anni di convivenza forzata con pensieri ossessivi, palpitazioni improvvise e scenari catastrofici, è arrivato il momento di ridefinire i rapporti. Puoi anche restare nell’appartamento della mente, ma non sarai più tu a decidere quale programma guardare in TV”. 

Una guida scientifica (ma non troppo seria) per capire come funziona il sistema di allarme più iperattivo del corpo umano e come convincerlo a darsi una calmata. 

IL GRANDE MALINTESO

C’era una volta un tempo in cui “sono ansioso” significava semplicemente essere un po’ preoccupati per l’esame del giorno dopo. Oggi l’ansia è diventata una sorta di celebrità involontaria: tutti ne parlano, molti la vivono, pochi la comprendono.

Come psicologa, mi ritrovo spesso a fare da traduttrice simultanea tra ciò che accade nel cervello e ciò che le persone sperimentano nella vita quotidiana. È un po’ come spiegare perché il computer si impalla proprio quando hai quella presentazione importante: tecnicamente c’è una spiegazione logica, emotivamente resta una gran bella scocciatura.

L’ANSIA: QUELLA COINQUILINA CHE NON PAGA L’AFFITTO

L’ansia, dal punto di vista clinico, è un sistema di allarme evolutivo. Il nostro cervello rettiliano (sì, quello che condividiamo con le nostre amiche lucertole) è programmato per tenerci in vita. Il problema? È rimasto fermo al Pleistocene, quando i pericoli avevano quattro zampe e denti aguzzi.

Oggi, questo stesso sistema si attiva davanti a una e-mail del capo, a un messaggio lasciato in visualizzato o alla prospettiva di fare una telefonata. Il cervello non distingue tra un mammut e una scadenza fiscale: per lui, il pericolo è pericolo.

I SINTOMI: QUANDO IL CORPO PARLA UNA LINGUA SCONOSCIUTA

L’ansia si manifesta come un’orchestra stonata dove ogni strumento suona una melodia diversa:

  • Sintomi fisici: palpitazioni, sudorazione, tremori, sensazione di soffocamento, nausea, vertigini;
  • Sintomi cognitivi: difficoltà di concentrazione, pensieri catastrofici, sensazione di perdita di controllo;
  • Sintomi comportamentali: evitamento, irrequietezza, comportamenti compulsivi.

È come se il corpo fosse un teatro e l’ansia il regista più drammatico della storia:

Più pathos! Più tensione! Fate tremare anche le ginocchia!”

GLI ATTACCHI DI PANICO: IL FLASH MOB DELL’ANSIA

Se l’ansia è quella coinquilina invadente, l’attacco di panico è il parente che arriva senza preavviso e mette sottosopra casa tua in dieci minuti.

Un attacco di panico è un episodio di intensa paura e disagio che raggiunge il picco in pochi minuti, accompagnato da almeno quattro dei seguenti sintomi:

  • Palpitazioni o tachicardia
  • Sudorazione
  • Tremori
  • Sensazione di soffocamento
  • Dolore al petto
  • Nausea o disturbi addominali
  • Vertigini o svenimento
  • Brividi o vampate di calore
  • Parestesie (sensazioni di intorpidimento)
  • Derealizzazione o depersonalizzazione
  • Paura di perdere il controllo o di impazzire
  • Paura di morire

Dal punto di vista neurobiologico, è come se qualcuno avesse premuto il pulsante rosso di emergenza nel centro di controllo del cervello.

L’amigdala, la nostra centralina delle emozioni, va in tilt e attiva il sistema nervoso simpatico. Risultato? Il corpo si prepara a combattere o fuggire da un pericolo che, spesso, esiste solo nella nostra testa.

LA DANZA DEI NEUROTRASMETTITORI

Dietro le quinte di questo spettacolo, c’è un balletto biochimico complesso. La serotonina fa la timidona nell’angolo, il GABA cerca di calmare tutti quanti, mentre adrenalina e noradrenalina ballano un tango frenetico. È come una festa in cui il DJ ha perso completamente il controllo della consolle.

Le neuroscienze ci mostrano come l’ansia coinvolga circuiti neurali specifici: l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene si attiva, il cortisolo aumenta, e il sistema nervoso autonomo va in modalità “emergenza”. 

(È affascinante da un punto di vista scientifico, molto meno divertente da vivere).

STRATEGIE DI SOPRAVVIVENZA (BASATE SU EVIDENZE, NON SU WISHFUL THINKING)

  • La respirazione (non è solo new age)

La respirazione diaframmatica non è una trovata hipster. Quando respiriamo profondamente, attiviamo il nervo vago, che è come premere il tasto “pausa” sul sistema nervoso simpatico. È neurofisiologia, non magia. Tecnica 4-7-8: inspira per 4 secondi, trattieni per 7, espira per 8. È come resettare il router, ma per il sistema nervoso.

  • 2. Il grounding: riportare i piedi per terra

La tecnica del 5-4-3-2-1 è un classicone:

  • 5 cose che puoi vedere
  • 4 che puoi toccare
  • 3 che puoi sentire
  • 2 che puoi annusare
  • 1 che puoi gustare

È un modo per dire al cervello: ehi, siamo qui, nel presente, non in quella catastrofe immaginaria che hai messo in scena.

  • 3. La mindfulness: l’arte di non giudicare i propri pensieri

Contrariamente a quello che si pensa, la mindfulness non è svuotare la mente. È più come essere un antropologo dei propri pensieri: li osservi, senza giudicare. Ah, ecco il pensiero catastrofico delle 14:30. Interessante, è arrivato puntuale.

QUANDO CHIEDERE AIUTO: IL MOMENTO DELLA RESA (STRATEGICA)

Non c’è nulla di eroico nel soffrire in silenzio. Se l’ansia interferisce significativamente con la vita quotidiana, il lavoro, le relazioni, è tempo di chiamare i rinforzi.

La psicoterapia è il gold standard per i disturbi d’ansia, con evidenze scientifiche solide come una roccia. È come avere un personal trainer per il cervello: ti insegna a riconoscere i pensieri disfunzionali e a sostituirli con versioni più realistiche.

In alcuni casi, può essere utile anche un supporto farmacologico. Gli SSRI e gli SNRI possono essere alleati preziosi, sempre sotto supervisione medica. Non è “prendere pasticche per non pensare”, è più “dare al cervello gli strumenti chimici per funzionare meglio”. 

IL PLOT TWIST: L’ANSIA COME INFORMAZIONE

Ecco il colpo di scena: l’ansia non è sempre il nemico. A volte è un messaggio in codice che qualcosa nella nostra vita ha bisogno di attenzione. È come il “check-engine” della macchina: fastidioso, ma utile.

L’obiettivo non è eliminare completamente l’ansia (sarebbe come rimuovere l’allarme antifurto di casa) ma imparare a regolarla, a capire quando è un falso allarme e quando invece ci sta dando informazioni preziose.

IL FINALE (NON QUELLO DELLE FAVOLE)

L’ansia e gli attacchi di panico non sono caratteristiche della personalità o segni di debolezza. Sono condizioni cliniche che possono essere comprese, trattate e gestite. Come psicologa, vedo ogni giorno persone che imparano a danzare con la propria ansia invece di farsi schiacciare da essa.

Non prometto che diventerà tutto rosa e fiori, sarebbe disonesto. Ma posso garantire che è possibile imparare a vivere una vita piena e significativa, anche con l’ansia nel cast del proprio spettacolo personale.

L’importante è non lasciarle il ruolo di protagonista.

Perché, alla fine, il direttore del teatro della nostra vita dovremmo essere noi, non i nostri neurotrasmettitori impazziti.

Elisabetta Carbone

Illustrazione: Sonia Giampaolo

Leggi Anche : Salute mentale, ansia e depressione: i film e le serie che affrontano il tema senza stereotipi

Elisabetta Carbone

Elisabetta Carbone è psicologa clinica e sessuologa con orientamento sistemico-relazionale. Si occupa di relazioni, identità, narrazioni individuali e familiari, con uno sguardo attento alle dinamiche culturali e sociali che attraversano la psiche. Fondatrice dello studio Oikos, scrive di salute mentale con un linguaggio accessibile ma rigoroso, costruendo ponti tra psicologia e società. Vegetariana convinta, non fa un passo senza Teo, il suo inseparabile compagno a quattro zampe.
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