Storia e miti sull’ambra

L’ambra è una resina fossile prodotta dalle conifere.
Fu utilizzata fin dall’epoca preistorica e protostorica per la produzione di gioielli e amuleti.
Per la particolare colorazione giallo- arancio dovuta alla presenza di acido succinico, talvolta anche di colore rossastro, verde e bianco, fu collegata al sole e alla sua potenza, di conseguenza gli antichi le conferirono poteri di protezione contro il male e fu utilizzata per la creazione di amuleti, spesso ritrovati nelle sepolture, posti nei corredi dei defunti.
Questa pietra fu oggetto di commerci ed esportata in Italia, Grecia, Egitto, India. Alcuni esemplari al loro interno contengono elementi vegetali o piccoli insetti rimasti imprigionati quando la resina è fuoriuscita. I giacimenti più cospicui si trovano tuttora nel mare Baltico e nel mare del Nord e in antichità la cosiddetta Via dell’ambra, fu il percorso lungo cui i mercanti trasportavano questo materiale, dal nord verso le civiltà del mediterraneo.
Affascinati dall’ambra tutti i popoli che vennero in contatto con questa pietra, svilupparono fantasiosi e romantici miti per spiegare la sua origine.
Per alcuni popoli del Nord, i raggi del sole caduti sulla terra, si infransero nel mare e si cristallizzarono in migliaia di frammenti, che i flutti trasportavano poi sulla sabbia.
Per i Greci, come riportato da Ovidio nelle Metamorfosi, le lacrime delle Eliadi, sorelle di Fetonte, dopo la morte del fratello, furono trasformate in Pioppi da Zeus e le loro lacrime si tramutarono in ambra e caddero nel fiume Eridano.
Sempre i greci crearono il mito di Meleagro, riportato anche nella tragedia di Sofocle e da Ovidio, secondo cui l’eroe Meleagro, dopo l’uccisione del feroce cinghiale, inviato dalla dea Artemide come punizione, litigò con i suoi parenti per il possesso dell’animale, nella foga della discussione uccise anche loro. La madre Altea sconvolta per la morte dei fratelli uccisi dal figlio, decise di punirlo bruciando il pezzo di legno a cui le Parche avevano collegato la sua vita. Alla morte di Meleagro le sorelle, trasformate da Artemide in uccelli, piansero lacrime di ambra.
In Lituania, una leggenda ancora molto apprezzata dalla popolazione tutt’oggi, racconta della sirena Jurate e del pescatore Kastytis. Secondo il mito Jurate regina del mare abitava in un palazzo fatto di ambra nei fondali, un giorno vide il pescatore Kastytis pescare e raggiunse la superficie per sgridarlo ma se ne innamorò. Perkunas dio dei fulmini, adirato perché la sirena si era innamorata di un mortale, distrusse il palazzo di ambra, uccise il giovane pescatore e condannò Jurate ad essere legata ad una roccia in fondo al mare a piangere il suo amato per sempre. In alcune versioni le lacrime di Jurate divennero gocce di ambra che il mare portava poi sulla spiaggia, in altre le schegge di ambra erano i resti del palazzo distrutto.
Nella mitologia norrena è invece presente il mito di Freya, ancora una storia di amore, creata dai popoli Scandinavi per spiegare la grande presenza in quelle zone di ambra e oro. La dea dell’amore, fertilità e della guerra Freya alla morte del suo sposo Odur, piange lacrime che si trasformano in ambra e cadono nel mare. Secondo altre versioni le lacrime della dea sono di oro.
Beatrice Gargiulo
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