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Viaggio tra le pagine: Tutto chiede salvezza

Solitamente sono molto restia alla lettura dei libri che hanno vinto premi o che ci si sono avvicinati molto: è una mia strana fissa.

Ma questa volta la mia curiosità ha avuto la meglio, complice anche la serie Netflix ispirata a esso (che non ho ancora visto: vade retro agli spoiler – prima il libro e poi la serie TV/il film); ma ancor più delle altre cose ciò che mi ha colpito è stata l’impronta autobiografica del romanzo.


Ora vi racconto Tutto chiede salvezza di Daniele Mencarelli: finalista al Premio Strega 2020 – Vincitore del Premio Strega Giovani 2020.

Daniele è un ventenne, che dopo un exploit di rabbia, viene sopposto a un TSO, trattamento sanitario obbligatorio, della durata di 7 giorni ed è proprio in 7 capitoli – con la denominazione dei 7 giorni della settimana – che si struttura il romanzo.

In questi 7 giorni condivide la camera con altri 5 uomini, ognuno dei quali con un proprio vissuto fatto del suo stesso dolore, “un dolore che non puoi conoscere, né addomesticare”. Le giornate trascorrono tra l’afa estiva, le sedute con lo psichiatra, anzi gli psichiatri, le partite di calcio a TV e i racconti, quelli personali, quelli che ti fanno sanguinare il cuore mentre li condividi e che ti vengono a bussare ad ogni ora del giorno e della notte.

Ognuno dei suoi compagni di stanza si mette a nudo: c’è chi non è accettato dalla propria famiglia perché omosessuale, c’è il professore acculturato che in preda ad una crisi ha fatto del male alla propria famiglia, c’è il coatto – la storia è ambientata a Roma – tutto muscoli, vittima di un’ infanzia sofferta (…) Tutti accomunati da un dolore che “costa fatica”.

In questo girone infernale l’unica cosa che aiuta Daniele a sopportare la mancanza della famiglia, la delusione inflitta in particolar modo a sua madre, e la non accettazione di sé, è la scrittura: costante è il desiderio di fuggire, seppur con la consapevolezza di non poterlo fare fisicamente – “ho solo un modo per trasportarmi via di qua, per dare alla mente un altro orizzonte, quello della immaginazione. Trascrivo l’unico verso partorito sul bianco della pagina.”

Ed è proprio attraverso la scrittura che Daniele, l’autore, ritrova sé stesso e comprende quanto bella sia la libertà, di quanto importante sia non nascondersi al mondo e a sé: non esiste un farmaco che fa guarire da tutti i mali, spesso le medicine sono solo d’ausilio.

Il lavoro, quello duro, parte dal proprio io più interiore: “Non esiste un farmaco che ti farà guarire, o che su di te sarà efficace a vita. Ti ho già parlato di queste cose e me ne sono pentito, tu sei tanto giovane, pure troppo, ma quello che puoi trovare dai medici e dalla medicina è nel migliore dei casi un piccolo aiuto, il resto sei tu, il modo in cui vedi le cose, la forza con cui la vita ti arriva, negli anni capirai che non è tutto un male.”

Al termine di questa settimana Daniele esce dalla clinica presso cui è stato ricoverato come un uomo diverso, con delle consapevolezze diverse: ha visto brutture che mai in vita sua aveva neppur immaginato, ha trovato solidarietà, ha trovato amicizie da poter coltivare anche al di fuori di quelle quattro mura – finalmente si è sentito capito -. Daniele lascia la clinica, finalmente, non più giudicandosi, ma vedendo in sé un’unicità e non più delle deficienze; non un numero o un ingranaggio di carne, ma un uomo in carne e ossa, con le sue debolezze, le sue cadute e le sue risalite.

Daniele ci insegna che “la vera pazzia è non cedere mai. Non inginocchiarsi mai. (…) Un uomo che contempla i limiti della propria esistenza non è malato, è semplicemente vivo. Semmai è da pazzi pensare che un uomo non debba mai andare in crisi.”

“Per i pazzi, di tutti i tempi, ingoiati dai manicomi della storia.”

In queste 200 e passa pagina l’autore e il protagonista del libro accendono i riflettori su una tematica ancora troppo spessa bistrattata: la salute mentale. Come un piede fratturato oppure rotto viene curato e ingessato, allo stesso modo anche le nostre paure, i nostri dubbi e i nostri tormenti – qualsiasi sia il nome che attribuiscono o che noi attribuiamo a essi – vanno ascoltati e curati. Daniele ci insegna che scappare è inutile e che l’unico modo per oltrepassare una tempesta è attraversarla, anche se la paura ci divora fin dentro le viscere.
Tutto ci chiede salvezza. “Per i vivi e i morti, salvezza”.

Antonietta Della Femina

Leggi anche: Tutto chiede salvezza. Su Netflix la salute mentale ha la forma di un adattamento





Antonietta Della Femina

Classe ’95; laureata in scienze giuridiche, è giornalista pubblicista. Ha imparato prima a leggere e scrivere e poi a parlare. Alcuni i riconoscimenti e le pubblicazioni, anche internazionali. Ripete a sé e al mondo: “meglio un uccello libero, che un re prigioniero”. L’arte è la sua fuga dal mondo.
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