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“La ballata dell’amore cieco”, De André scrive di un amore malato

“La ballata dell’amore cieco”, brano di De André, risalente intorno al 1996, canta un amore distruttivo. Calato, infatti, nel rapporto tra il narcisista e la sua vittima che viene celato da un equilibrio apparente a cui l’uomo “onesto” e “probo” sembra sottomettersi.

È un brano composto da note che suonano uno swing saltellante, in cui ascoltiamo in che modo un uomo può essere ucciso dalla sua stessa passione.

La ballata dell’amore cieco, si incentra sulla storia di quest’amore, sostanzialmente infelice, tra un uomo follemente innamorato che a sua volta viveva questo sentimento con la bramosia di compiacere la donna amata, e quest’ultima che invece, non lo “amava niente”, come riporta il testo.
Sebbene lei non ricambiasse il sentimento, era comunque mossa dal desiderio di ricevere continue prove d’amore da parte dell’uomo, per accertarsi la veridicità del sentimento che le dimostrava.
Analizzando il testo di questo brano possiamo cogliere pienamente la macabrità delle sue richieste:

Gli disse: “Portami domani”
“Il cuore di tua madre per i miei cani”

Lui dalla madre andò e l’uccise
Tralalalalla tralallaleru
Dal petto il cuore le strappò
E dal suo amore ritornò

Chiedergli il cuore di sua madre attesta il sadismo presente nelle sue richieste che non saranno mai sufficienti – tratto altrettanto orrido –  infatti avanzeranno, giungendo a toccare per l’appunto la salute dell’uomo. Leggiamo: 

Non era il cuore, non era il cuore
Tralalalalla tralallaleru
Non le bastava quell’orrore
Voleva un’altra prova del suo cieco amore

Ci troviamo di fronte ad una proposta estrema: quella di “tagliarsi le vene” come un’altra prova d’amore nei confronti della donna. 

La sua volontà verrà soddisfatta e purtroppo – riprendendo il discorso che l’uomo stesso avvolto dalla passione fu vittima della propria morte –  anche coi polsi sanguinanti si sentirà tentato ad ascoltare la sua ennesima richiesta: morire per lei, infatti:

Gli disse lei, ridendo forte

Tralalalalla tralallaleru

Gli disse lei, ridendo forte

“L’ultima tua prova sarà la morte”

E mentre il sangue lento usciva

E ormai cambiava il suo colore

La vanità fredda gioiva

Un uomo s’era ucciso per il suo amore

E fu così che l’uomo si lasciò morire dall’intensità del sentimento che lui avvertiva per questa donna. Anche in questo momento drammatico, il brano ci dice che morì “contento e innamorato”, dal momento che fu convinto (così facendo) di aver dimostrato la naturale forza del suo amore.

L’uomo non è riuscito ad avere la forza di negare le richieste elaborate dalla mente perversa e crudele della donna, alla quale sarà in grado soltanto di sottoporsi e questo l’ha condotto – inevitabilmente – alla morte.

Ovviamente parliamo di un amore estremo e di “come” un sentimento che è di per sé sublime e travolgente, possa assumere una piega così contorta da sfociare in una situazione drammatica e distruttiva.

Se dovessimo designare il profilo della donna protagonista del brano di Fabrizio De Andrè, potremmo dire che ricorda molto quello della Femme Fatale, figura di spicco del periodo decadentista, “perché”?:

La Femme Fatale è una donna che sa ben nascondere il suo lato manipolatore mostrando il suo fascino, la sua bellezza e la sua intelligenza, poiché il suo scopo rimarrà esclusivamente quello di annientare l’uomo che le dimostra amore.

In psicologia, questo modo di fare è attribuibile al “Disturbo narcisistico di personalità”, cioè l’assenza totale di empatia, compensata dal bisogno di sentirsi amati e ammirati. 

L’imparzialità nel dare e dimostrare il proprio amore nei confronti della figura narcisistica, ci attesta pienamente la loro insaziabilità che viene colmata – in parte – dalla sicurezza di essere il nostro oggetto di venerazione totale.

Ai tempi di composizione del brano, la terminologia di alcuni studi non era accurata e aggiornata come oggi ma questo ci fa capire che alcune dinamiche relazionali tossiche non conoscono archi temporali in cui poter essere collocate. Il marcio, come il bene, conosce origini antichissime. 

Alessandra Lima

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Alessandra Lima

Sono Alessandra, classe 2001 e studentessa di lettere moderne all’Università di Napoli “Federico II”. Mi interessano la letteratura, l’arte e la fotografia, da cui quasi sempre traggo ispirazione per la scrittura che è, a sua volta, una mia passione. Rendo la penna un tramite per lasciare a chi mi legge la possibilità di comunicare col mio mondo interiore e i miei interessi.
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