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Cose che non si raccontano

Ho sempre un po’ avuto il terrore del confronto: c’era sempre qualcuna più bella di me, più intelligente di me, più capace di me, più avanti di me.

Più passa il tempo, più cresco e abbandono i miei tratti da ragazza per acquisire quelli da donna, più la società mi mette a confronto con il mondo intero, anche con gli sconosciuti.

Dovrei già avere un lavoro a tempo indeterminato, dovrei già aver terminato tutti gli studi, dovrei avere un matrimonio o ancora meglio dovrei avere dei figli, dovrei avere una casa o quantomeno dovrei aver cominciato a pagare un mutuo. E così all’infinito in un loop infernale. 

“Sto pensando ad un figlio. Son andata a fare una visita dalla ginecologa. – mi ha detto – Dovrei cominciare a pensare ad avere dei figli perché poi dopo i 35 si possono avere complicazioni ad avere una gravidanza – a me, cazzo, mancano 6 anni.” Questo messaggio mi è arrivato come un pugno nello stomaco mentre stavo leggendo un libro, autobiografico (?), sulle problematiche di una gravidanza o sulla mancanza di essa per una donna che avrebbe voluto diventare madre. Dopo “Lettere a un bambino mai nato” di Oriana Fallaci, “Cose che non si raccontano” di Antonella Lattanzi credo sia un libro che tutti dovrebbero leggere prima o poi nella vita. Una carezza, un inno alla vita – nonostante tutto e tutti -, un’erba cicatrizzante su una ferita aperta.

«Ho una diga nella testa dove stanno nascoste tutte le cose che fanno davvero troppo male. Quelle cose, io non voglio dirle a nessuno. Io non voglio pensarle, quelle cose. Io voglio che non siano mai esistite. E se non le dico non esistono».

Quante cose non si dicono? Quante “cose non si raccontano”? Perché non si racconta ai propri figli che il mondo è un posto in cui aver paura e sentirsi liberi devono coesistere, che ci si può innamorare a 15 anni e amare per tutta la vita la stessa persona, ma che da una notte di sesso può nascere un figlio, che una gravidanza può essere dolorosa, non desiderata? Perché nasconderlo? Perché nascondere la verità e addolcire costantemente la pillola amara? Il fatto che ci faccia schifo che gli avvoltoi si cibino di carcasse, non cambia la loro natura. 

Una gravidanza, per quanto essa possa essere un’attività naturale come il respirare, non implica la sua realizzazione in 100 casi su 100. C’è sempre il fattore incognita, il fattore sc – come amo chiamarlo io -, il fattore salvo complicazioni. Antonella ha 45 anni, è una scrittrice, ha scelto coerentemente e con consapevolezza di scrivere e di far della sua passione, il suo lavoro. Ha abortito per ben due volte, non era il momento giusto in entrambi i casi; ora però è amata, ama ed è il momento giusto. Susseguirsi di ospedali, mestruazioni a cascata, nausee, ma niente; la verità è che non merita di diventare madre, perché quando avrebbe potuto – e il destino aveva scelto senza chiedere la sua opinione – non lo ha voluto. E merita ora di non avere una gravidanza, di averla, di avere ansia, frustrazione, di dover decidere chi delle sue 3 gemelle far morire, di decidere e di ritrovarsi di nuovo sola, vuota come un guscio d’uovo senza albume, tuorlo o un pulcino da crescere. Ma no… 

Non è così facile, non è così semplice, mai. 

Un’ interruzione di gravidanza non ti rende meno donna o meno madre, scegliere di non voler figli non è contro natura, gioire, piangere e nascondersi nel proprio lavoro è umano, desiderare la morte è bestiale, ma da abbracciare. 

Antonella sono io, è mia madre, è mio padre, è il mio compagno, è la mia amica, è mio fratello, è mia zia, è mio zio. Antonella è tutti. Antonella è determinata, sola, in crisi, felice, satura di paure, bisognosa di indipendenza e libertà, Antonella è ogni donna e ogni uomo che sceglie e si ritrova a dover lottare contro sé stessa/o. Antonella, però, è coraggiosa e sa che per anestetizzare il dolore ci vuole tempo e c’è necessità di parlare, di scrivere, di confrontarsi. Il dolore non è solo suo, il dolore è del mondo intero. Antonella non è e mai sarà sola, avrà sempre qualcuno dalla sua parte. 

Commune naufragium, omnibus solacium.

Antonietta Della Femina

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Antonietta Della Femina

Classe ’95; laureata in scienze giuridiche, è giornalista pubblicista. Ha imparato prima a leggere e scrivere e poi a parlare. Alcuni i riconoscimenti e le pubblicazioni, anche internazionali. Ripete a sé e al mondo: “meglio un uccello libero, che un re prigioniero”. L’arte è la sua fuga dal mondo.
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