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Vedere voci – Il viaggio di Oliver Sacks 

Faccio un respiro profondo prima di aprire la porta. Ho un po’ di ansia. Forse è paura di non sapere cosa troverò. 

A smuovere Sacks è una passione pura, semplice. È una passione che inizia quasi per caso (dalla recensione del libro When the Mind Hears, di Harlan Lane) e poi, ampliata, costituisce la prima parte del libro e permette di inquadrare dal punto di vista storico il modo con il quale la sordità è stata vista in Occidente. 

Segue una seconda parte, cuore vero e proprio del libro, nella quale Sacks approfondisce il discorso legato al funzionamento della lingua dei segni. In chiusura, Sacks, descrive le proteste scoppiate nel marzo del 1988 all’Università Gallaudet, uno dei più importanti istituti di formazione per sordi nel mondo, che ebbero come conseguenza quella di portare per la prima volta un professore sordo ad assumere la carica di rettore.

Sacks trasforma ciò che viene considerata una mancanza in un punto di forza, in una peculiarità. E si muove, adagio, in questo universo non del tutto familiare, illuminando, il rapporto fra parola, immagine e cervello. 

E poi ci sono io. E poi ci sei tu. Tu che, mi hai insegnato come per essere umani davvero, occorra innanzitutto il coraggio di ascoltare. 

Conversazioni mute ma piene di calore. La sensazione è quella che sono in presenza di una sensibilità differente, profonda, e ancora, di un altro modo di essere, non solo di un altro modo di comunicare. 

Appena entrata mi sono immaginata una stanza piena di fili che si incrociano senza aggrovigliarsi. I fili rimangono tesi. Da un esterno all’altro, i fili, rimangono saldi. 

Silenziose e rumorose insieme. Assieme. Ho imparato a disegnare l’aria. Mi piace disegnare l’aria. Un’altra cosa che mi piace molto è che, per comunicare con te, non posso distogliere lo sguardo, devo rimanere concentrata. 

Qui non ci si guarda nemmeno più negli occhi, e a volte, non ci si guarda proprio più. Manca tutto. I segni non daranno alcun suono ma si fanno sentire. Forte e chiaro. 

Non ti sento, ti ascolto. 

Non ti guardo, ti vedo.

Mi piace quello che vedo.

Francesca Scotto di Carlo

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Francesca Scotto di Carlo

Di sé dice di essere un «cumulonembi»,testarda, indistruttibile, assertiva. Scrittrice, umanista, attivista, è una di quelle persone con la voglia di cambiare il mondo, un passo alla volta. Fai rumore, si.
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