Arte & CulturaPrimo Piano

DaDizioni – Ripetizioni ai tempi della Dad: Galileo Galilei

Se nel 2020 abbiamo ancora frange più o meno folte di terrapiattisti che manifestano con fervore e folcloristica vivacità le loro obsolete idee lo dobbiamo forse a qualcosa che è andato storto nell’evoluzione della nostra specie.

Se nel 2020 possiamo guardare i terrapiattisti con un sentimento di pena mista a consapevole derisione, molto dobbiamo a Galileo, alla lucidità del suo pensiero, alla forza con cui ha sostenuto, finché ha potuto, il peso di un’epocale rivoluzione culturale.

Galileo Galilei nasce a Pisa nel 1564. Nel 1517 Martin Lutero affigge le sue 95 tesi sulla porta della chiesa del castello di Wittenberg: è l’inizio della Riforma protestante. La Chiesa Cattolica, scossa da uno scisma che avrebbe potuto mettere in discussione il suo potere, corre ai ripari. Tra il 1545 e il 1563 il Concilio di Trento getta le basi per una integrale e radicale riforma della Chiesa Cattolica anche nota come Controriforma, probabilmente uno dei periodi più bui della storia italiana ed europea.

Siamo in Italia, nel periodo della Controriforma: il tribunale dell’Inquisizione persegue e stronca ogni tentativo di deviazione rispetto ai dogmi della Chiesa Cattolica, la Censura sottopone a rigido controllo ogni prodotto culturale, la Chiesa stila un Indice dei libri proibiti.

Il periodo in cui Galileo vive è, dunque, un periodo di soffocanti restrizioni, di censure, di oscurantismo e strenuo attaccamento a ciò che secondo la chiesa cattolica può essere considerato ortodosso. È, dunque, il periodo peggiore in cui uno scienziato possa riprendere gli studi di Niccolò Copernico sul modello eliocentrico.

Galileo, fin dai primi anni di insegnamento alla facoltà di matematica dell’Università di Padova, si dedica allo studio e all’approfondimento della teoria copernicana. Il metodo scientifico, le osservazioni fatte con un telescopio a 20 ingrandimenti, il sostegno fornito dalle teorie di Keplero, lo portano alla consapevolezza che la teoria copernicana sul moto planetario è corretta: non è il Sole a ruotare intorno alla Terra bensì la Terra ad essere un semplice pianeta orbitante come gli altri intorno al Sole.

La posizione della comunità scientifica del ‘600 è tutt’altra ed è conforme a quella della Chiesa: la teoria aristotelico- tolemaica, che si basa sugli studi aristotelici risalenti al IV sec. a.C. e su un’interpretazione letterale di una passo delle Sacre Scritture (in cui Giosuè prega il Sole di fermarsi sulla località in cui gli Ebrei stanno combattendo) afferma inequivocabilmente, seppur senza alcuna evidenza scientifica, che la Terra è perfetta e ferma al centro dell’universo e il Sole le ruota intorno.

Tra il 1613 e il 1615 Galileo scrive le quattro Lettere Copernicane, nel tentativo di diffondere e convincere gli ambienti ecclesiastici e scientifici della veridicità del modello copernicano. La lettera a Benedetto Castelli è quella che fa maggior scalpore: la Bibbia utilizza un linguaggio figurato per poter risultare accessibile alla comunità dei fedeli, la Natura, invece, segue fedelmente il dettato divino, motivo per il quale la Scienza che è studio attento e oggettivo della natura sarà necessariamente foriera di verità. La lettera in sintesi scardina un sistema ormai secolare che vede la scienza ancella della religione e della morale e sancisce a chiare lettere l’indipendenza della ricerca scientifica dalle Sacre Scritture.

Nel 1616 la teoria copernicana viene ufficialmente condannata dalle gerarchie ecclesiastiche e Galileo, grande sostenitore della teoria, grazie alla protezione dell’Accademia dei Licei di cui fa parte, viene solo invitato a non diffondere falsa dottrina. É l’inizio di uno scontro, quello tra Galileo e il Santo Uffizio, che diventerà sempre più aspro e violento.

1632: Galileo pubblica il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo opera in volgare ambiziosa e coraggiosa con la quale lo scienziato pisano fa un ultimo disperato tentativo di dare credibilità alle sue teorie e convincere l’opinione pubblica della veridicità di esse. Il dialogo è un espediente in realtà assai furbo con il quale Galileo tenta, e inizialmente riesce, di eludere il controllo della Censura. La forma del dialogo è, infatti, funzionale ad una serie di finalità: proporre entrambe le teorie, copernicana e aristotelica, e contemporaneamente portare il lettore, attraverso il confronto e la logica, a propendere per la teoria copernicana senza doverne dichiaratamente professare la veridicità.

Il dialogo tra Simplicio, studioso di stampo aristotelico, Salviati, convinto sostenitore della teoria copernicana, e Sagredo, curioso e vivace moderatore delle quattro giornate di conversazione, è una mirabile fotografia della situazione scientifica culturale dell’Italia del ‘600: da un lato l’ostinazione gretta e semplicistica di Simplicio (non è casuale la scelta del nome), l’ottusità con cui gli aristotelici si aggrappano al principio dell’ipse dixit per spiegare ogni cosa, l’irragionevole e scandalosa facilità con cui questi negano persino l’evidenza; dall’altro la logica, la scientifica precisione e l’inattaccabile evidenza con cui Salviati ridicolizza il suo interlocutore e propone le sue teorie agli interlocutori.

1633: il Dialogo non è destinato ad una lunga vita. A seguito dell’impressionante diffusione del testo e del successo che riscuote nella comunità scientifica, l’opera viene bloccata dalla Censura. Galileo è sottoposto a processo da parte del Tribunale dell’Inquisizione e ne subisce la durissima condanna: lo scienziato, ormai anziano, è costretto all’abiura e agli arresti domiciliari e il Dialogo viene messo all’Indice.

1633: Io, Galileo Galilei ho abiurato come di sopra, mano propria.

1992: 359 anni dopo Papa Giovanni Paolo II cancella definitivamente la condanna inflitta dalla Chiesa a Galileo.

Valentina Siano

Vedi anche: Karol Wojtyla: il papa giovane

Valentina Siano

Valentina Siano, classe ’88, professoressa per amore, filologa per caso. Amo la scrittura come si amano quelle cose che ti riescono al primo colpo, non sapresti dire bene come. Scrivo di cultura e spettacolo perché amo il cotone verde del mio divano e il velluto rosso dei sediolini dei teatri. Leggo classici, divoro serie, colleziono sottobicchieri. Sono solo all’inizio della mia scalata alla rubrica gossip di Vanity Fair.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button