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Crazy – La follia nell’arte contemporanea: visioni e fratture dell’Io

Dal 19 febbraio fino all’8 gennaio 2023 il Chiostro del Bramante di Roma ospita la mostra Crazy – La follia nell’arte contemporanea, a cura di Danilo Eccher. 

Si tratta di un’esposizione sulla follia che propone più di dieci opere di artisti provenienti da tutto il mondo; opere che hanno lo scopo di immergere il visitatore in un’atmosfera visionaria e perturbante che tocchi nel profondo e che sia al contempo inclusiva e accessibile a tutti.

Le installazioni site-specific degli artisti percorrono l’intero chiostro lungo un percorso che costituisce una vera e propria esperienza immersiva; tra pavimenti con dislivelli, soffitti di peluche, labirinti, luci intermittenti, manichini e filmati d’epoca, queste opere così peculiari vi faranno vedere il mondo da un’altra prospettiva.

Lo scopo della mostra infatti è riabilitare l’universo della follia, abbattendo quei pregiudizi che la riducono, secondo il paradigma della “medicalizzazione” di cui tratta Foucault in Storia della follia, alla malattia mentale. 

Parlare della follia risulta sempre molto ambiguo e complesso, ma sentirla, provare ad afferrarne delle sensazioni, sfiorandole delicatamente è quello che si propone questa mostra sui generis.

L’esposizione vuole mostrare il potenziale creativo della follia, di liberazione da certi preconcetti che soffocano la sua espressione.
Le opere esposte hanno un forte potere destabilizzante, provano tutte a stimolare i sensi in modo atipico e ad aprire nuove prospettive.
Si tratta di opere che più che contemplate vanno vissute in un viaggio interiore onirico e psichedelico. 

Chiunque fruisca di queste opere può rispecchiarsi e ritrovare un pezzetto di sé, allargando i propri orizzonti percettivi e sensoriali. 

Le installazioni in questione creano un’atmosfera straniante, quasi disturbante, naturalmente in un’ottica che permetta di mettere in questione se stessi e le proprie convinzioni.

Come ad esempio le opere all’ingresso del percorso della mostra, qui ci si trova già di fronte a delle installazioni molto particolari e coinvolgenti, come Passi di Alfredo Pirri.

Si tratta dell’opera introduttiva della mostra che già ci trasporta in una nuova ed imperfetta dimensione percettiva, grazie all’installazione di un pavimento specchiato che presenta ovunque sulla sua superficie crepe e fratture.

L’ambiente del chiostro con il suo colonnato, le pareti che espongono le maschere di Gianni Politi, vengono riflessi e restituiti a chi osserva o vi cammina sopra in una forma cangiante in cui non c’è più una prospettiva perfetta ed assoluta ma le cose, gli oggetti mutano e perdono i loro confini definiti per divenire quasi liquidi; così come essere un po’ folli ci permette di penetrare un po’ più a fondo la realtà e immaginarla diversamente.

La follia ci consente forse di pensare e creare il nuovo, di modificare i tradizionali itinerari della mente, questo è ciò che sembra comunicarci l’opera di Thomas Hirschhorn intitolata Break-Through (Five).

L’installazione dell’artista rappresenta il processo creativo in tutto il suo potenziale esplosivo, il momento della nascita e dello sviluppo di un’idea; processo che lo spettatore segue con lo sguardo lungo tutta l’altezza dell’opera che si staglia verso l’alto fino a sfondare il soffitto.

Come a significare le enormi potenzialità della mente che infrange le categorie tradizionali di pensiero per aprire nuovi orizzonti innovativi.

Prospettive differenti ci vengono offerte anche da opere come Starless di Massimo Bartolini. L’artista ci presenta un intricato labirinto no-sense di coloratissime luminarie che funzionano in modo intermittente, accendendosi e spegnendosi di continuo in modo quasi disturbante. 

L’opera di Bartolini ci ricorda come la nostra mente non segue dei percorsi lineari, anzi, al contrario, è continuamente in movimento e può spaziare liberamente e senza un preciso scopo o senso predefinito.

A fare da contraltare all’opera di Bartolini troviamo l’installazione di Lucio Fontana, il suo Ambiente spaziale in Documenta IV.

Il taglio concettuale di Fontana immerso in un spazio di labirintiche pareti total white crea come un senso di vuoto, di confusione nella mente di chi vi si interfaccia.

Ci si sente come persi nel vuoto, il che se da un lato può spaventare, dall’altro ci fa sentire come se tutto fosse possibile, tutto ancora da creare; è anche quindi un ritrovarsi sotto nuove forme e possibilità ancora da scoprire e che possiamo intravedere attraverso la fessura nella parete.

La follia rappresenta un mare di espressività, idee, pensieri che non ha voce, che resta inascoltato; è questo che sembra comunicarci l’opera dell’artista islandese Shoplifter.

Hypermania è il titolo di quest’opera, allestita lungo l’intero soffitto e le pareti della stanza; capelli sintetici dai colori psichedelici, morbidi come un peluche ci trasportano in un viaggio in technicolor nel grembo della follia. 

Grazie a quest’opera riusciamo ad immedesimarci anche solo un po’ nei disturbi psichici, in una mente che sembra non riuscire a spegnersi, a fermarsi come in preda ad un disturbo ossessivo-compulsivo. 

Ma le manifestazioni della follia non possono essere ingabbiate, taciute, soppresse, rinchiuse nella stretta definizione di “disturbo psichico”, rappresentano molto di più, c’è della bellezza in esse, nel loro disordine, c’è del potenziale sovversivo, è questo che sembra comunicarci questa particolarissima opera.

Questa installazione non è l’unico stravagante caleidoscopio che troveremo nel percorso della mostra, non possiamo non citare infatti l’opera dei due artisti statunitensi David Allen e Austin Young intitolata Fallen Fruit.

Quest’opera su carta da parati riveste l’intera sala delle Sibille e costituisce una sorta di punto di congiunzione, sia spazialmente che figurativamente, tra la folle esposizione e l’affresco Le Sibille di Raffaello dell’attigua chiesa di Santa Maria della Pace.

L’opera sovverte ogni tradizionale ordine e canone estetico; riprende elementi figurativi propri dell’arte classica europea, come il David di Michelangelo, angeli e putti che richiamano la pittura di un Raffaello o di un Botticelli affiancati a elementi profani e colori accesi ripresi dalla cultura pop, come fiori fluorescenti, pesci, frutti e foglie di ogni genere.

Tutti questi elementi accostati tra loro rifuggono ogni categorizzazione o ordine razionale ed estetico dando vita ad un folle e gioioso ambiente in cui lasciar vagare allegramente lo sguardo e perdersi nel gioco di fantasie.

Gli accostamenti sorprendenti e arditi di colori e fantasie riescono a creare ambientazioni stranianti e peculiari che ci restituiscono un’esperienza (più che una semplice immagine) viva e vibrante della follia; lo si può percepire chiaramente grazie all’installazione dell’artista Ian Davenport intitolata Poured Staircase.

Questa vivace scalinata conclude il percorso della mostra riportando all’esterno del chiostro di fronte al pavimento specchiato.

Le cascate di colore che scivolano lungo la scala sembrano quasi sforzarsi di mantenere una forma strutturata, di scendere diritte e contenute entro dei margini immaginari per esplodere poi alla fine dei gradini in una pozzanghera stratificata in cui i colori, mescolati tra loro, si incontrano e scontrano in una folle dialettica ribelle ad ogni ordine imposto.

Queste sono solo alcune delle opere esposte nella mostra Crazy, ma potremmo citarne tante altre come la Topoestesia-itinerario programmato di Gianni Colombo o ancora l’installazione di Carlos Amorales con le sue 15000 farfalle svolazzanti lungo le scale del chiostro, i tenebrosi bouquet di fiori in cera pendenti dal soffitto dell’artista Petah Coyne, il labirintico armadio dell’artista Sissi oppure le incisive scritte neon di Alfredo Jaar.

Quello che tutte queste opere sembrano gridare a gran voce è che non esiste una netta distinzione tra sano e patologico, tra normalità e follia, ma solamente singoli vissuti emotivi, flussi d’intensità e connessioni psichiche che possono comunicare tra loro; l’arte in quest’ottica è un veicolo di comunicazione fondamentale.

La follia, da sempre intrattiene un rapporto privilegiato, intimo e segreto con la creatività, con l’arte; come una sorgente pura e spontanea di visione e di percezione nuova, la follia può dischiudere nuovi e più respirabili orizzonti sociali.

Benedetta De Stasio

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Benedetta De Stasio

Filosofa per vocazione e plant mom a tempo pieno. Scrivo, coccolo gatti e mi piace cimentarmi in cose che non so fare, come dipingere, cantare e cucinare. Colleziono emozioni e frammenti di vita quotidiana. Credo nel vivi e lascia vivere e che piccoli gesti ed attenzioni possano cambiare il mondo.
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