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5 raccolte che sono poesia nella poesia

Visto che sono a favore dell’onestà intellettuale, lo ammetto: ho sempre preferito la prosa.

Poi però ho iniziato a scovare la poesia che mi era più congeniale.

Ho anche trovato professori – anche se, ahimé, ho dovuto aspettare fino all’università – capaci di farmela apprezzare e andare oltre il compitino di imparare a memoria quattro versi striminziti senza dargli il giusto peso.

Ed ecco perché ho deciso di ergermi a consigliere di raccolte di poesie che vale la pena leggere.

Poi mi ringrazierete.

  • Verrà la morte e avrà i tuoi occhi – Cesare Pavese

«Tu che non sai e splendi di tanta poesia» diceva Pavese e noi non possiamo che dirlo a lui.

Autore controverso, riscoperto recentemente dalla critica, Pavese riesce a raccontare nella sua prosa e nelle sue poesie quel dolore che almeno una volta ha lacerato tutti noi.

Quello che ti toglie il fiato e la linfa vitale, quello che ti fa sentir morire ma mai morte sembrò più dolce.

Pubblicata postuma nel 1951, ad un anno dal suicidio dell’autore, la raccolta prende il titolo da una delle dieci poesie contenute al suo interno.

Otto componimenti sono in italiano e due in inglese perché Pavese, oltre ad essere un grande autore fu anche un abilissimo traduttore presso la casa editrice Enaudi.

La raccolta si incentra quasi completamente sulla travagliata – e deludente – vicissitudine amorosa tra Cesare Pavese e Constance Dowling, attrice americana nonché grande amore del poeta.

[…]

«I tuoi occhi
saranno una vana parola
un grido taciuto, un silenzio»

  • Cento poesie d’amore a Ladyhawke – Michele Mari

Questa di Michele Mari è una breve raccolta di poesie che si presenta come “un nano sulla spalla di un gigante”, racconto amaro e ironico dell’amore contemporaneo.

Giocando sulla combinazione tra tradizione e innovazione, Mari racconta con un sorriso amaro come sia complicato amare e quanta pazienza ci voglia per farlo.

Lui e la sua Ladyhawke si cercano ma non si incontrano.

Riprendendo giganti della poesia come Pavese e Pascoli, Mari dà vita ad una raccolta poetica non innovativa ma sicuramente nuova.

«Come un serial killer
faccio pagare alle altre donne
la colpa
di non essere te»

  • La voz a ti debida – Pedro Salinas

La voce a te dovuta.

Forse una delle raccolte poetiche più bella di tutto il Novecento, senza nulla togliere alle altre. Questa di Salinas è una poesia di memoria, di quel che è stato. A volte è un monologo, a volte è un dialogo con la persona amata.

L’unica unità all’interno della raccolta è data dal tema: l’amore.

«E sto abbracciato a te
senza chiederti nulla, per timore
che non sia vero
che tu vivi e mi ami»

  • Rerum vulgarium fragmenta – Francesco Petrarca

Detto molto semplicemente: Il Canzoniere.

Petrarca è uno di quegli autori che si studia fin dalle scuole medie e che fin da allora o si ama o si odia.

Il poeta cantore dell’amore per Laura e incubo di molti liceali in realtà racconta in quello che è il suo masterpiece – ricordiamo che Petrarca molto probabilmente morì d’infarto mentre dava gli ultimi ritocchi all’opera di una vita – la sua intera esistenza fatta di scoperta interiore e solitudine.

Un uomo chiuso, poco incline alla socializzazione ma molto dedito alle materie umanistiche, Petrarca racconta nel Canzoniere la sua vita mentre Laura era in vita e dopo che Laura era morta.

Un po’ come aveva fatto Dante nella Vita Nova ma senza fargli seguire poi un poema di cento canti ambientato nell’aldilà.

[…]

«e ’l vago lume oltra misura ardea
di quei begli occhi, ch’or ne son sì scarsi»

  • Satura – Eugenio Montale

Tutti almeno una volta abbiamo citato, usato come didascalia sui social o addirittura letto per intero uno dei componimenti più noti di Montale: “Ho sceso dandoti il braccio almeno un milione di scale”.

Ecco, questo è l’incipit di uno dei componimenti contenuti all’interno di Satura, nella sezione Xenia II. Montale non fu mai uno stinco di santo, e alla povera Drusilla Tazzi, detta affettuosamente Mosca ne fece vedere di cotte e di crude.

Vedere per modo di dire, visto che la poverina era affetta da una grave malattia agli occhi e per metterci il carico da novanta, Montale la prendeva anche in giro. Poi Drusilla muore, Montale si dispera e dà vita a questo capolavoro che è Satura, raccolta di una poesia domestica carica di affetto e nostalgia. Mosca non c’è più, se ne è andata. Tutto sembra uguale a prima ma tutto è diverso. È vuoto.

«Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.»

Maria Rosaria Corsino

Vedi anche: Le cinque poesie più belle sull’inverno

Maria Rosaria Corsino

Maria Rosaria Corsino nasce a Napoli il 26 Dicembre 1995 sotto il segno del Capricorno. Laureata in Lettere Moderne, si accinge a diventare filologa. Forse. Redattrice per “La Testata”,capo della sezione di grafica. Amante della letteratura, della musica, dell’arte tutta e del caffè.
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