Arte & CulturaPrimo Piano

Sirante e la sua protesta in forma d’arte

Sirante è diventato il simbolo senza volto di una protesta sociale che si dirama per le strade italiane.

Unico mezzo: l’arte.

L’abbiamo già conosciuto con I Bari e La Deposizione della Verità, ma questa volta ha in serbo una nova idea.

Si chiama Just Art.

Ne ho parlato direttamente con lui.

Vorrei parlare di qualche tua opera precedente: I Bari e La Deposizione della Verità per esempio. Com’è nata l’idea di rivoluzionare in questo modo le opere d’arte?

“Parlando dei Bari di Caravaggio, credo che la cosa sia nata da sola. Da sempre amo l’arte e seguo molto la politica. Le due cose si sono unite e un pomeriggio è nata la rivisitazione del quadro di Caravaggio. Soprattutto è nata così, per gioco.

Sicuramente non sono stato il primo a farlo. A me divertiva il fatto di applicare il quadro per strada come in un museo, con la classica cornice e il cartellino con descrizione dell’opera. Ogni lavoro spero abbia anche un minimo valore divulgativo. Per l’opera in memoria a Stefano Cucchi, si è unita la vicinanza alla lotta portata avanti per anni da parte della famiglia di Stefano, una lotta viscerale e di amore, all’ammirazione per l’opera di Rogier Van Der Wayden, La Deposizione del 1435-40”.

Com’è stata la reazione del pubblico a questa protesta in forma d’arte?

“Essendo nato tutto per gioco, ovviamente per me la reazione è stata inaspettata, improvvisa.

In questo mondo social posso conoscere la reazione delle persone ai miei lavori solo tramite queste piattaforme. A me non interessano molto, infatti sono poco attivo, ma parlare con le persone è una delle conseguenze più belle di “fare street art”.

Con l’ultimo lavoro invece, il contatto è stato diretto. Mi riferisco a Just Art”.

Credi che in un mondo più consapevole delle ingiustizie e delle criticità sociali (come il nostro, più o meno…), sulle spalle dell’artista posi il peso anche di una valenza collettiva e politica delle sue opere?

“Sì, assolutamente sì, ora come in ogni altra epoca. Poi credo che questa realtà sia ancor più legata alla street art perché noi ci impossessiamo di una parte di strada pubblica per fare qualcosa di nostro. Di conseguenza il messaggio deve essere un messaggio sociale, che magari faccia riflettere su una questione attuale. Trattando queste tematiche ogni lavoro in un certo senso assume una valenza sociale e/o politica, almeno spero”.

Parliamo di Just Art. Raccontaci da cosa nasce e in cosa consiste.

“Just Art nasce per vari motivi. Principalmente perché l’arte non venga accantonata.

Il delivery è divenuto il simbolo di questa pandemia, un servizio molto diffuso per riempire la pancia, ma anche l’anima va sfamata.  Per questo nasce il delivery dell’arte. La possibilità di ordinare delle opere, da noi scelte, e averle consegnate a casa.

Opere che rispecchiano le emozioni, le situazioni e i momenti che stiamo vivendo dall’inizio della pandemia.

Le opere sono consegnate in un comune cartone da pizza, che ne diviene supporto, come una tela. Questo non vuole svalutare l’Arte, ma accompagnarla con un oggetto testimone di questo momento particolare. Il progetto è nato come singola azione dimostrativa, le opere e la loro consegna sono state completamente gratuite. Il numero di richieste è stato inaspettatamente alto, testimone del bisogno di arte fra le persone, così è stata realizzata una seconda ondata di consegne, con un costo minimo utile solo al finanziamento del progetto; il progetto non è a scopo di lucro.

Ora sto lavorando ad una terza ondata, con nuove opere e un ulteriore sviluppo dell’idea, ad esempio la possibilità di usufruire di una videolezione, preparata da un* storic* dell’arte, sull’opera ordinata.

 Il concetto dietro all’idea di Just Art può essere riassunto con le parole di Picasso: “L’arte scuote dall’anima la polvere accumulata nella vita di tutti i giorni””.

Qual è l’obiettivo che vuoi mandare avanti con questo progetto?

“È più un bisogno di dire quanto l’Arte sia bella. Mi interessa moltissimo divulgare umilmente l’arte tramite mezzi comunicativi divertenti, come in questo caso il cartone della pizza. Il cartone non vuole dissacrare l’arte, ma contemporaneamente la abbassa ad un utilizzo possiamo dire quotidiano, un pasto quotidiano di arte, perché l’obiettivo di questo lavoro è quello di far arrivare l’arte ovunque, anche dove normalmente non arriverebbe”.

Angela Guardascione

Vedi anche: 22 aprile, la Giornata della Terra e la lotta contro il cambiamento climatico

Angela Guardascione

Mi chiamo Angela Guardascione e sono nata a Napoli il 26/07/01. Ho frequentato il Liceo Classico e ora studio scienze politiche. Amo scrivere quasi quanto amo guardare ininterrottamente serie tv per 10 ore, quasi quanto amo Meryl Streep, Un uomo di Oriana Fallaci e comprare 4 libri al giorno per poi lasciarli tutti in sospeso.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button