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Non conta la casta, conta il valore! La storia delle carte napoletane

O’ Ciuccio, O’ Re, L’ass’ ‘e mazz, sono termini di sicuro non nuovi per gli appassionati dei giochi di carte. 

Che sia per l’iconografia, per la storia o per il forte valore simbolico che gli si è attribuito, le carte da gioco napoletane rappresentano ormai un caposaldo della cultura folkroristica partenopea.

Oggi proviamo a scoprirne meglio la storia e i significati! 

Sebbene si pensi che le carte napoletane ebbero origine nel XIV secolo, secondo lo stile tipico delle carte spagnole, l’origine dei semi di queste carte risale addirittura a due secoli prima! Una delle ipotesi più accreditate è che i semi siano di origine asiatica, più precisamente delle milizie turche dei Mamelucchi che avevano dei segni molto simili ai nostri.

Vi era il dihram (moneta turca), corrispettiva dei nostri denari, tûmân era l’antenato delle nostre coppe, suyûf (scimitarre turche) per le spade, e alcuni bastoni da polo (jawkân) simboleggiavano l’attuale segno dei bastoni

Ma perché proprio questi semi?

Con un’attenta analisi, possiamo trovare risposta nelle classi del tessuto sociale medievale: le coppe rappresentano gli ecclesiastici, i denari per i mercanti, le spade per il gendarme e i bastoni per la classe operaia e contadina.

Le carte da gioco fecero subito breccia nel cuore dei napoletani, divenendo un passatempo, un costume sociale, ma anche addirittura un mezzo di divinazione. Coloro che per prime usarono le carte da gioco in questo modo furono le mogli dei soldati partiti in guerra: il motivo è che gli esiti delle battaglie pervenivano alle mogli dei soldati con giorni, o anche settimane di ritardo. Tramite le cosiddette fattucchiere, le donne imparavano così a leggere le carte napoletane per venire a conoscenza anticipatamente delle sorti dei propri mariti. Eh già, le carte napoletane sono infatti considerate, a livello alchemico, seconde soltanto ai tarocchi -ovviamente non da noi napoletani, sapete quanto ci teniamo a primeggiare in tutto!

Fatto sta che la vendita di carte da gioco nel Regno delle Due Sicilie ebbe un boom pazzesco, creò nuovi incarichi lavorativi, come ad esempio gli artisti che disegnavano le carte, ognuno con il proprio stile, divenendo una casta protetta.

La vendita di carte da gioco diventò un vero e proprio business per il Regno.

Si producevano circa 58.000 mazzi di carte ogni anno, e ben 42.000 mila erano destinati alla città di Napoli. Sui mazzi da gioco vi era un vero e proprio monopolio Reale: le uniche carte che potevano circolare all’interno del Regno erano quelle che avessero il sigillo reale e la contraffazione era punita in maniera estremamente severa.

Come già detto, le carte assunsero un fortissimo valore simbolico, divenendo parte integrante del parlato e dell’iconografia che contraddistingue la società napoletana. Ci sono però alcune carte che sono entrate nel cuore dei partenopei, come ad esempio il sette di denari, simbolo di fortuna, agiatezza. 

O ancora la “matta” ovvero il dieci di denari, carta molto ambita dai giocatori del sette e mezzo perché in questo gioco può essere utilizzata come un jolly.

Ma alcune carte hanno dei significati nascosti molto interessanti.

Il cinque di spade, ad esempio viene rappresentato con alcune scene di una semina contadina…ma il seme dei contadini non erano i bastoni? Sì, non stai sbagliando! Questa carta ha infatti un presagio negativo e indica un incontro con le istituzioni. 

Curiosa è invece la storia del tre di bastoni. Il volto rappresentato è quello di Nicola Iossa, un personaggio temuto perché solito fare scazzottate in giro. La testa calda in questione entrò a far parte della Guardia Cittadina e non era raro vederlo girare per le strade della città accompagnato dal suo fidato bastone. Un giorno egli decise di sfidare a duello uno dei più temuti camorristi ottocenteschi, Liborio Romano, battendolo ed entrando così nelle grazie degli artisti dell’epoca che, per ringraziarlo, decisero di dedicargli questa carta.

La carta però più celebre è sicuramente l’asso di bastoni, o, come si è solito chiamarlo “L’ass e’ ‘mazz”. È assoluto simbolo di comando, potere, forza, virilità, di fatti è stato un simbolo adottato anche nella cultura criminale, ma il suo forte valore simbolico è ampiamente riconosciuto da ogni strato sociale. 

Nella creazione delle carte nulla è stato lasciato al caso, ed in esse convergono arte, storia e anche un grosso alone di mistero. Le carte napoletane rappresentano il riscatto sociale, anche un contadino qualsiasi poteva far fortuna nelle bische grazie alla sua abilità nel gioco. Che tu sia villano, un commerciante o un ecclesiastico, conta il tuo valore reale, non quello della casta alla quale appartieni.

Il motivo di tutta questa fortuna?

Sicuramente il fatto che fossero occasione di svago, ma è stato forse il primo caso in cui gendarmi, reali, contadini coesistessero in una stessa realtà senza fare nessuna lotta di classe. 

Giovanni Perna

Disegno di Enza Galiano

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Giovanni Perna

Cosa mi piace fare nella vita? Troppe cose, ma "creare" prima di tutto. Che siano testi, musica o arte in ogni sua forma, amo creare cose che lascino un'impronta, che non facciano pensare "questa cosa l'ho già vista". Non mi piacciono le etichette, non mangio cibi preconfezionati. Amo la moda, odio chi la segue. Per il resto sono solo Giovanni.

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