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Sacajawea: la donna guida

Dicono che dietro ogni grande uomo c’è sempre una grande donna e questo potrebbe essere un esagerato riassunto della storia che sto per raccontarvi: lei si chiamava Sacajawea, era una donna guida, che guidò due uomini.

Sacajawea nasce a Salmon nel lontano 1788, figlia della tribù degli Shoshoni è ricordata per aver accompagnato Meriwether Lewis e William Clark nell’esplorazione dell’America nord-occidentale.

La sua infanzia non fu delle più tranquille: a solo dodici anni venne rapita e assistette alla morte di alcuni uomini e donne del suo stesso villaggio. A tredici anni fu costretta (si pensa che l’uomo l’abbia comprata o vinta al gioco) a sposarsi con un commerciante che viveva nel villaggio dove fu trasferita dopo il rapimento.

Sacajawea e suo marito incontrarono Lewis e Clark, che all’epoca cercavano un interprete che li accompagnasse nel viaggio. Lo trovarono in quella coppia.

Sacajawea partì con in grembo un bambino che mise al mondo durante il viaggio. Così, il suo primo figlio venne soprannominato subito Little Pomp (primogenito) che, neonato, viaggiò con i suoi genitori.

Sacajawea, Lewis e Clark viaggiarono per due lunghi anni, quando partirono lei aveva solamente sedici anni ma già in quel momento aveva le competenze necessarie che le permisero di affrontare quella spedizione, che andò dal Dakota fino all’Oregon.

Di Sacajawea son rimasti pochi ricordi, giusto qualche piccolo appunto dei due uomini che la soprannominarono Janey. Si racconta che fu proprio lei a recuperare quei diari di viaggio che rischiavano di andar perduti nel fiume.

Fu durante quel viaggio che riuscì a tornare nella tribù dove era nata e dove ritrovò la sua famiglia, dalla quale dovette staccarsi per la seconda volta.

Tre anni dopo la fine della spedizione, Sacajawea e suo marito si trasferirono da Clark, che educò il bambino. Nel 1810 nacque Lisette, la sua seconda figlia.

Due anni dopo aver messo al mondo sua figlia, Sacajawea si ammalò. Non si seppe mai che tipo di malattia distrusse quella giovane e splendida donna, quello che però rimase scritto nel rapporto di chi la vide è che lei desiderava ardentemente rivedere la sua terra natale. Morì con forte febbre l’anno successivo, senza averla mai rivista, quella sua terra lontana.

Si pensa che anche sua figlia morì poco dopo, ancora bambina.

Oggi Sacajawea è un mito incompleto che affascina e ammalia proprio per questa sua capacità di lasciare spazi bianchi, gli stessi che ciascuno di noi può riempire a suo modo, usando solo un pizzico d’immaginazione.

Il suo posto nel diario di viaggio dei due esploratori le permise di occupare fin dalla sua scoperta un posto importante nell’immaginario americano, come simbolo di indipendenza femminile e competenza, rappresentata attraverso statue e film, ricordiamo ad esempio il suo personaggio nella trilogia di Una notte al museo, dove subito incontra la sua fan numero uno.

C’è chi dice che in verità non sia mai morta, ma abbia lasciato il marito per tornare a casa. Una casa dove veramente riuscì a tornare e dove rimase fino alla sua vecchiaia e dove morì nel 1884.

Qual è stata, dunque, la vera fine di Sacajawea?

Forse, ognuno può darle il finale che desidera.

In fondo, Sacajawea significa donna che muove la barca, quello che ha fatto nella sua famosa spedizione, ma significa anche donna-uccello e vederla libera di volare è l’unico finale che riesco a immaginare per lei.

Martina Casentini

Vedi anche: La legge dell’attrazione: l’inesistente è tutto quello che non abbiamo desiderato abbastanza

Martina Casentini

Mi chiamo Martina Casentini, sono nata e vivo a Velletri (Roma), studio giornalismo e dal 1995 percorro la mia strada con una penna in mano. Ho messo la testa a posto, ma non ricordo dove. Mi piacciono i gatti, la cioccolata, il mare, le storie che hanno un lieto fine e tutte quelle cose che mi fanno venir voglia di scrivere.

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