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La Napùl di Marco Perillo: il lato intimo di una città in guerra

Il coraggioso libro Napùl di Marco Perillo, giornalista napoletano de “Il Mattino”, ci offre uno spaccato di Napoli, un quadro quasi post-apocalittico riassunto in 15 racconti collegati da un fil rouge di dolore e voglia di rivalsa.

Grazie alla Fondazione Campania Welfare già FBNAI, abbiamo avuto l’opportunità di assistere alla presentazione del nuovo libro di Marco Perillo, nella rassegna narrativa sociale “Riflessioni” che si è data come obbiettivo quello di raccontare libri che trattano gli intrepidi temi della legalità e della giustizia sociale, per riportare alla luce questioni che guardino al quotidiano, e non a concetti troppo globalizzati.

Introduce Daniela Mignone che lascia subito la parola al coordinatore dell’iniziativa, il drammaturgo Peppe Lanzetta, che elogia l’opera di Perillo, che scalfisce il lettore e lascia un segno indelebile. È un libro che parla del vero, fa emozionare e lascia numerosi spunti riflessivi, analizzando il quadro di una città di cui si è parlato tanto, ma mai troppo. È proprio l’esperienza di Perillo in prima persona che ha dato lo stimolo all’autore di raccontare di tante storie, di diversi quartieri del napoletano, vicini geograficamente ma, spesso, differenti in molti aspetti.

L’autore è un ex rider, e con il suo ex lavoro ha avuto l’opportunità di entrare in molte case partenopee, ognuna ispiratrice per il racconto perché, come dice Hemingway, “si scrive sempre di cose che si conoscono”. Con la successiva esperienza da giornalista ha avuto poi modo di approfondire i fatti di cronaca che riguardano Napoli, fino a partorire un libro di 15 racconti.

Il racconto è il mezzo più efficace, a detta dell’autore, per raccontare in maniera più limpida una città dai molteplici volti come la sua. Si parla della Napoli degli ultimi 20 anni, un’epoca in cui il tenore di vita si è alzato, ma per molti aspetti è ancora ricca di lati negativi. Ha scelto di narrarli attraverso gli occhi innocenti di eroi e antieroi del quotidiano, storie che hanno a che fare con il lato più oscuro di questa città. I protagonisti sono tra i più disparati: si parla di una poliziotta corrotta che è intenta a compiere un blitz; una baby gang che compie un agguato a un pullman fermo nel traffico col povero autista che è costretto a scendere, perché si sa che le vittime della criminalità sono sempre gli ultimi, i più innocenti. A tal proposito sarebbe impossibile non citare il racconto Pallonetto, il secondo del libro, in cui viene ritratta una bambina di nome Fortuna – nome sicuramente non casuale – che è costretta dalla madre ad impacchettare delle dosi di droga, per le sue piccole mani. La piccola Fortuna si troverà poi nel mezzo di una stesa, che è forse l’equivalente napoletana degli attentati terroristici che hanno terrorizzato l’Europa e continuano a farlo in tutto il mondo. Sì, perché se pur pensiamo che questi fatti avvengano a decine di migliaia di chilometri da casa nostra, anche qui, soprattutto qui, la criminalità opera in maniere non molto diverse da quelle di Al Qaida: ecco il parallelismo tra Napoli e Kabul che, con un simpatico gioco di parole, compongono il titolo dell’opera.

Gli autori che hanno ispirato la stesura dell’opera sono i più disparati, si passa dal realismo sudamericano di Sepúlveda, agli autori americani, quali O’Connor e McCarthy (oltre allo già citato Hemingway), fino ad arrivare ad autori a noi molto vicini geograficamente come Di Giacomo o Mastriani. Con il suo lavoro, Perillo ha reinterpretato ciò che già fece tempo addietro Matilde Serao, scendendo per le strade dei quartieri, a guardare vis-à-vis i problemi della società napoletana, denunciandone i dolori e innalzandone le aspirazioni. D’altronde il linguaggio utilizzato è proprio quello delle genti comuni; non rari infatti sono intercalari dialettali abbastanza desueti, che lo stesso autore ha ammesso di aver sentito dai propri nonni e usato poi nel suo scritto. Un lavoro simile ha come obbiettivo sia quello di immergere il lettore nella realtà raccontata che quello di conturbare i lettori nordici, che si trovano davanti a sé questi termini per la prima volta – un po’ come faceva Camilleri con il siciliano, aggiunge Perillo.

L’incontro si chiude con diverse riflessioni su quanto concerne l’editoria, Perillo è consapevole che la sua scelta di portare sul mercato una serie di racconti non sia una decisione fortemente commercializzabile, e a tal proposito ringrazia il suo “coraggioso” editore Alessandro Polidoro. Invita i giovani scrittori emergenti a non lasciarsi intimorire dalla logica utilitaristica del mercato, ma a procedere per gradi: prima o poi, i talenti saliranno a galla. L’ultima riflessione, partorita insieme al coordinatore Peppe Lanzetta, è quella sulla cooperazione tra gli artisti; in una città così inclusiva come Napoli è impensabile che gli artisti non siano molto affiatati tra di loro, auspicano perciò a un maggiore dialogo tra le arti.

L’incontro è stato molto stimolante, interfacciarsi con giovani autori talentuosi è un’esperienza che arricchirebbe chiunque. Consiglio la lettura del libro Napùl per riscoprire meglio una città piena di storia, mistero, esoterismo, di cui tanto si parla, ma poco si approfondisce.

Giovanni Perna

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Giovanni Perna

Cosa mi piace fare nella vita? Troppe cose, ma "creare" prima di tutto. Che siano testi, musica o arte in ogni sua forma, amo creare cose che lascino un'impronta, che non facciano pensare "questa cosa l'ho già vista". Non mi piacciono le etichette, non mangio cibi preconfezionati. Amo la moda, odio chi la segue. Per il resto sono solo Giovanni.

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