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I laogai: i campi di concentramento che non conosci 

Parlando dei campi di concentramento è inevitabile pensare ai lager della Germania nazista.

Campi di concentramento, lager, lavori forzati, torture, malnutrizione, fosse comuni sembrano tutte parole del passato, parole che non ci riguardano più.

Eppure nel mondo queste realtà esistono ancora.

Anche se non si vedono e non si sentono, molte persone lottano per un pezzo di pane, urlano per la disperazione e piangono per le ferite.
Lavaggio del cervello, lavori forzati e torture sono all’ordine del giorno nei laogai della Repubblica cinese.

laogai sono dei veri e propri campi di concentramento, istituiti da Mao Zedong nel 1950, con lo scopo di riabilitare i criminali e gli oppositori politici attraverso il lavoro forzato, il lavaggio del cervello e l’indottrinamento politico, ma soprattutto per fornire la manodopera (a costo zero) necessaria per lo sviluppo economico del paese.

Vengono rinchiusi lì non solo gli oppositori politici, ma anche quelli religiosi.

Le pochissime testimonianze che abbiamo a riguardo arrivano da chi, da queste prigioni, è riuscito a scappare o da chi ha scontato la propria pena.
Come Harry Wu, fondatore della Laogai Research Foundation, un uomo che ha vissuto in prima persona i lavori forzati, le torture, le oscenità di questi campi.

Harry era un semplice studente di geologia all’università di Pechino quando, nel 1960, fu arrestato perché cattolico e considerato “controrivoluzionario di destra”.
Venne detenuto in 12 diversi campi di concentramento fino al 1979. Per 19 anni Harry Wu ha vissuto l’inferno e i suoi racconti sono raccapriccianti.
Secondo un’indagine svolta nel 2008 dalla sua organizzazione, i laogai presenti nella Repubblica cinese sono 1492 e i detenuti sono decine di milioni… numeri da far accapponare la pelle.

I prigionieri vivono in condizioni orribili. L’orario di lavoro è di circa 18 ore al giorno, non ci sono letti su cui dormire, si vive tra i propri escrementi, il cibo viene razionato in base al lavoro svolto, la fame è la costante della propria vita. Fortunato chi lavora nei campi perché può trovare rane, serpenti, ratti, o chicchi di grano con cui sfamarsi. Per non parlare delle scariche elettriche, delle torture, dei pestaggi, dell’isolamento in celle di due o tre metri cubi.

Molti ricorrono al suicidio. Chi non lo farebbe?

Una peculiarità dei laogai è il sistematico lavaggio del cervello del prigioniero. Si attua principalmente con l’indottrinamento politico sulle verità infallibili del comunismo e attraverso “l’autocritica”.
L’indottrinamento dell’ideologia politica si pratica con “sessioni di studio” quotidiane, effettuate dopo le interminabili ore di lavoro forzato.
L’autocritica si svolge, invece, davanti alle guardie e agli altri detenuti, elencando e analizzando tutte le colpe commesse. Si passa poi a dimostrare lealtà al partito, denunciando e accusando, spesso, gli stessi amici o parenti.
Lo scopo è quello di “riformare” la personalità dei detenuti, rendendoli dei perfetti fantocci, leali allo stesso partito che li ha rinchiusi in quelle celle. Mi ricorda tanto un libro.
Tra i vari crimini non manca quello del traffico di organi dei reclusi.

Cosa fanno i Paesi occidentali a riguardo? Principalmente restano a guardare, ma in alcuni casi, anzi spesso, ne traggono profitto. Investire dove la manodopera è a costo zero è un’ottima soluzione per le multinazionali che devono incassare sempre più soldi. Il Dio Denaro vince sempre.
L’ultima risoluzione risale agli anni Novanta, quando l’Italia e altri Paesi occidentali si impegnarono a promuovere iniziative negli organismi internazionali, presso il Consiglio Europeo e le Nazioni Unite, in favore del rispetto dei diritti umani nella Repubblica Popolare Cinese, per la scarcerazione dei detenuti e per la chiusura dei laogai.

Ma, da quando la Cina, nel 2001, è entrata nel WTO (Organizzazione mondiale del Commercio) tutti i Paesi occidentali, inclusa la nostra amata Italia, hanno smesso di parlare dei crimini commessi dalla dittatura cinese. Anzi hanno iniziato a investire e a instaurare rapporti commerciali con i “padrini” della Cina rossa.

Chissà quando inizieremo a riflettere sul serio.

La vita, i diritti umani, il benessere, la felicità dei popoli sono più importanti dei guadagni di poche, e già ricche da fare schifo, élite politico-economiche.
Ma fino a quando un singolo uomo potrà comprare un Paese intero, dall’altra parte del mondo, un altro uomo dovrà morire di fame, in una cella, al buio, pensando che quella sia l’unica vita possibile, che quello è tutto ciò che merita.
La verità è che nel mondo ci sono i ricchi e ci sono i poveri.

Poi ci siamo noi: quelli che fanno diventare i ricchi ancora più ricchi e i poveri ancora più poveri.

Mariangelo D’Alessandro
Vedi anche: 31 gennaio 1865: abolizione della schiavitù. E oggi come stiamo messi?

La Redazione

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