Sociale

La Germania in evoluzione: vietata la terapia di conversione degli omosessuali

In un mondo che non sa bene da dove ricominciare, o da che parte stare, che ha sentito la popolazione umana impaurita dalla propria fragilità, alcune cose continuano a procedere. Alcuni processi avviati prima della pandemia riprendono il proprio corso per potersi compiere, portando la civiltà ad un livello successivo.

La Germania, come sempre, in questo è pioniera: è di pochi giorni fa la notizia della legge sul divieto ufficiale di sottoporre alla terapia di conversione gli omosessuali minorenni.

Nel silenzio globale, ancora moltissimi giovani omosessuali sono costretti ad andare contro la propria natura, contro i propri istinti per poter in qualche modo compiacere aspettative altrui, che siano sociali, religiose, culturali o familiari. L’omosessualità, tristemente, continua ad essere considerata una piaga sociale, invece che una semplice inclinazione naturale e ancestrale. Per qualche oscuro motivo, il fatto che due persone dello stesso sesso possano amarsi o – molto più semplicemente – voler fare del puro, sanissimo sesso è scomodo da accettare per alcune comunità, persone o partiti politici.

Non importa che ormai lo spettro della sessualità sia ufficialmente riconosciuto come molto più fluido e vasto di quanto si credesse cento – o anche solo cinquanta – anni fa, per alcuni la sessualità non etero è un disturbo. Come ogni disturbo, o malattia, per chi ha questo assetto mentale è logico che all’omosessualità debba e possa esserci una cura, una terapia di guarigione. Nel 2019, anche in Italia, l’Arcigay aveva cercato di portare all’attenzione il problema della terapia di conversione nei minorenni denunciando molte comunità ecclesiastiche che sottoponevano e avallavano l’utilizzo di questa pratica.

È importante ribadire che non vi è alcuna base scientifica che dimostri o abbia mai dimostrato l’efficacia della terapia di conversione, a meno che non si intenda per efficacia il successo avuto nell’incidere sulla psiche dei soggetti provocando loro disturbi acuti d’ansia, depressione e – perché no – anche tentativi di suicidio. Un risultato auspicabile ed ottimo, no? È incomprensibile quanto l’essere umano riesca a persistere nel proprio errore, nonostante i fallimenti continui. La realtà è – tutto sommato – sempre relativa. Ma non siamo qui a giudicare noi stessi in quanto razza, solo ad informare.

Da qualche giorno, sottoporre alla terapia di conversione chiunque sia anche solo sospettato di omosessualità – in Germania – sarà perseguibile per legge. La sanzione per questa vera e propria tortura è una multa salata: parliamo di somme fino a 30mila euro e fino ad un anno di detenzione.  Il Ministro della Sanità tedesco , Jens Spahn, , omosessuale dichiarato, ha affermato: “ L’omosessualità non è una malattia, dunque il termine stesso <<terapia>> è fuorviante”.

La Germania è uno di quei paesi europei in cui la civiltà riesce – qualche volta, non sempre – misteriosamente ad unire movimenti attuali e di riforma come quello di Spahn e il governo altamente conservatore della Cancelliera Angela Merkel, la quale si è espressa a favore del divieto. La posizione politica diametralmente opposta non impedisce – dunque – il riconoscimento del diritto basilare di poter essere difesi in quanto esseri umani, protetti da una pratica barbarica e dolorosa.

Certo, la reale possibilità di essere accettati o disprezzati in base alle proprie preferenze sessuali, la propria identità di genere, il proprio sesso o la propria etnia (termine antropologicamente discutibile) in un tempo di progresso (teorizzato) ed evoluzione (sperata) è frustrante, dà la sensazione che le problematiche della modernità siano senza risoluzione e che il cambiamento sia una pura utopia. La natura, tuttavia, sarà sempre più forte di qualsiasi sovrastruttura culturale o religiosa, e la sessualità ne è manifestazione forte, inarrestabile, vitale.

Noi saremo qui, ad aspettare che essa si liberi e fiorisca, sotto gli occhi di bigotti e ultra-conservatori. Possano vedere la spontaneità ed il colore pullulare di vita davanti al loro sguardo austero e grigio, impassibile al colore e alla varietà dell’amore, del sesso e delle sue possibilità. Poracci.

Sveva Di Palma

Sveva Di Palma

Sveva. Un nome strano per una ragazza strana. 32 anni, ossessionata dalla scrittura, dal cibo e dal vino, credo fermamente che vincerò un Pulitzer. Scrivo troppo perché la scrittura mi salva dal mio eterno, improbabile sognare. È la cura. La mia, almeno.

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