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Primo nella scienza, postumo nella fama: la sfortunata storia di Vincenzo Tiberio

Prima toccò a Meucci col suo telefono, poi a Vincenzo Tiberio scoprendo 35 anni prima di Fleming la penicillina.

Una famosa frase dice: “Un popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di scienziati, di navigatori, di trasmigratori” ed oggi voglio soffermarmi sulla terzultima categoria.

Vincenzo Tiberio nacque a Sepino (CB) il primo maggio 1896, ma, dopo la maturità classica, fu ospite dagli zii ad Arzano (NA) durante il suo periodo universitario.

Dato che nutriva un forte amore per lo studio, fu ammesso come studente interno presso l’Istituto di Igiene e poi si laureò con un anno di anticipo in Medicina e Chirurgia.

Nel giardino di questa casa era presente un pozzo che aveva il compito di raccogliere acqua piovana che poi veniva utilizzata anche per bere.

Ma il Tiberio si accorse che quando il pozzo veniva ripulito dalle muffe, nate per la forte umidità del luogo, gli abitanti della casa soffrivano di enteriti e disturbi gastrici, invece quando le muffe erano presenti, tutti i malesseri sparivano, ed è qui che il giovane laureando ebbe il lampo di genio: una connessione tra batteri patogeni e funghi dimostrando come questi ultimi abbiano un’azione battericida.

Fresco di nozioni mediche, mise in pratica tutta la sua conoscenza per studiare fino in fondo lo strano fenomeno.

Prima di tutto preparò un terreno di coltura dove fece nascere degli ifomiceti, preparò un estratto acquoso di questa tipologia di funghi e li testò su dei batteri.

Il suo esperimento portò esiti positivi, tanto che fu pubblicato sulla rivista Annali d’Igiene Sperimentale intitolando l’articolo Sugli estratti di alcune muffe.

Ma tanto risultato per nulla; le conoscenze e tecnologie di fine Ottocento sottovalutarono il lavoro del giovane medico. Si dovranno aspettare 35 anni per far sì che Alexander Fleming scoprì per puro caso l’effetto batteriocida dei funghi.

A differenza del predecessore italiano, Fleming infettò casualmente dei contenitori contenente lo Staphylococcus aureus con colonie di funghi senza però preparare il farmaco, quindi lasciandolo incompleto.

Abbandonò la carriera accademica per cause ignote, forse per le scarse attrezzature messe a disposizione in quel periodo.

Si arruolò come ufficiale presso la Marina Militare comandando dapprima l’Ospedale Militare della Maddalena, l’Ospedale Militare Marittimo di Venezia ed, infine, l’Ospedale della Marina di Piedigrotta.

Proprio nell’ultimo reparto sperava di riprendere lo studio sulle muffe, ma gli impegni di servizio militare ed un infarto che gli stroncò la vita il 7 gennaio 1915 non gli diedero tempo.

Aveva solo 45 anni.

Ricevette una menzione d’onore per aver prestato servizio durante il terremoto di Messina del 1908 impegnando tutte le sue forze nella delicata operazione.

Solo nel 1947, a 32 anni dal suo decesso, la fortuna lo baciò nuovamente.

Il tenente colonnello Giuseppe Pezzi trovò in un archivio la pubblicazione scientifica redatta dal dott.Tiberio inerente le muffe batteriocide.

L’Ufficiale Pezzi fece in modo di divulgare la sua ricerca e di dare gloria a uomo che, per varie ragioni, ne ebbe poca in ruolo di ricercatore.

Fu pubblicato un articolo chiamato Un precursore delle ricerche sugli antibiotici, ma solo poche persone del settore ne vennero a conoscenza.

La gloria investì Fleming che, due anni prima della scoperta della ricerca effettuata, fu insignito del prestigioso Premio Nobel.

Nel suo comune di nascita è stata affisso un lastro marmoreo con sopra inciso “Primo nella scienza, postumo nella fama“, forse a rendere alta la memoria di chi in vita non ebbe gloria.

 

Antonio Vollono

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La Redazione

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