Primo PianoArte & Cultura

L’universo, una canzone – Jack Kerouac e il potere della gentilezza

Io sono una femmina dalla malinconia facile. Mi manca qualsiasi cosa: la vacanza dell’estate scorsa, il tramonto dal Bastione dei Pescatori, un paio di questi ventinove anni che mi porto appresso, qualche amico che ho perso per strada. Eppure, non conosco malinconia più dolce di quella di finire un libro, chiuderlo, e pensare: e mo?

Un libro è un viaggio senza movimento, accanto ad un compagno di avventure che, il più delle volte, non abbiamo mai visto: lo scrittore. Non lo conosciamo, eppure ci manca, abbiamo tante cose da dirgli, non lo vogliamo lasciare. Capita che ce ne innamoriamo.

È quanto successe, alla fine degli anni ’50, a Lois Sorrells Beckwith, ventitreenne del New England che aveva appena finito di leggere I Sotterranei e si era presa una cotta per l’autore, Jack Kerouac. Ammettiamolo: almeno una volta è capitato anche a noi. Quello che è un po’ meno comune, è che Lois non si limitò a sospirare sfogliando le pagine del romanzo, ma si mise su un aereo, volò verso l’East Cost, dove Kerouac viveva, e si diede a quella discreta forma di stalking che fa di un incontro ben architettato, un destino.

Lo trovò un pomeriggio seduto sotto un albero del suo giardino, in piena meditazione. Lois si presentò timidamente, e siccome poi ogni tanto il mondo è un posto bello e romantico, i due finirono per innamorarsi sul serio.

Non fu una relazione facile. Kerouac era un uomo sempre sulla soglia dell’alcolismo, che viveva una vita veloce ed esagerata a cui non sempre Lois riusciva ad adeguarsi. Eppure, andavano ai reading di poesia e ascoltavano musica insieme e avevano un appartamento al Greenwich Village, a New York, l’epicentro della vita culturale americana degli anni ’60, di cui si nutrivano avidamente.

“Bevevamo un sacco di vino, ballavamo, facevamo l’amore e poi lo ascoltavo leggere”, ricorderà anni dopo Lois, in un’intervista.

Nessuno dei due pensava al matrimonio. Kerouac era già stato sposato e divorziato due volte, mentre Lois non si sentiva in diritto di mettersi tra lui e la sua priorità assoluta: la scrittura. “Sentivo pienamente il suo dolore, e la sua bellezza, e la sua conoscenza. Amavo stare con lui. Ma non ho mai pensato di sposarlo. Lui era uno scrittore. E aveva bisogno solo di scrivere”.

E poi il mondo, che non è sempre bello e romantico, ci mise lo zampino. Mentre Jack era in tour per la promozione di On the road, la madre di Lois, a cui lei era visceralmente legata, morì improvvisamente. Lois tornò a casa dal padre, nel New England, e si chiuse in una dolorosa depressione.

Tutto s’aspettava, tranne che una sera, tardi, qualcuno bussasse alla porta, e quel qualcuno fosse proprio Jack Kerouac, nella neve di un freddissimo inverno americano, fermo con un enorme registratore sulle spalle. Preoccupato dal pensiero che Lois potesse commettere una sciocchezza, lo scrittore aveva lasciato tutto e tutti, si era infilato sul primo aereo e poi si era fatto cinque/sei chilometri a piedi col registratore appresso, per portarle una canzone, la Passione di San Matteo.

Quell’uomo, in cui tenerezza e problematicità avevano trovato il modo di coesistere, aveva intuito l’immensa ferita che aveva straziato Lois e vi aveva posto rimedio come non riuscì mai a fare con sé stesso.

Tanti anni dopo, a ormai ottant’anni e quasi mezzo secolo dopo la morte di Kerouac, durante una delle rarissime interviste che concesse, Lois ripensa a quella gentilezza inaspettata, e recita una poesia che scrisse allora, e che ha un titolo che ha il potere di spezzarmi, tutte le volte: The universe, one song (L’universo, una canzone), e che fa così:

how my mind was winter swept

bumped the spring time bud

o my god it could be quick

tho i will not attend —

 

in the middle of the night

my father answered the door

with great annoyance

i followed

 

you were there with tears in your eyes

you had walked five miles

with a heavy reel-to-reel

tape recorder on your back

 

you said

“i brought

St. Matthew’s Passion for you to hear

so you won’t commit suicide”

 

you had walked five miles

in the middle of that long dark night

to bring me your passion —

 

how my mind was winter swept

bumped the spring time bud —

 

i am still here Ti Jean

but wonder where you are on cold starry nights

my eyes as ever, tear bright!

 

Marzia Figliolia

Ci sono tre categorie di persone che rischiano di finire sotto una macchina ad ogni incrocio: i distratti; quelli che hanno una melodia in testa e la testa tra le nuvole; quelli che pensano a cosa scrivere nella propria bio quando arriveranno a casa. Io appartengo a tutte e tre le categorie.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button