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Templi pagani e chiese cristiane Patrimoni dell’Umanità in Campania: fra storie e Storia

di Cinzia Abis 

La Campania vanta una notevole ricchezza di beni storico-culturali riconosciuti dall’Unesco come Patrimonio dell’Umanità. Qui ci occuperemo in particolare, sebbene brevemente, del sito archeologico della città di Paestum, in provincia di Salerno, e della Chiesa di Santa Sofia sita a Benevento, altra provincia campana.                                         

La città mediterranea di Poseidonia, ribattezzata dai Romani Paestum, sorge poco lontano dalla foce del fiume Sele. A pochi metri dal mare, immersi nel verde della piana del Sele, si ergono, maestosi, tre templi in stile dorico, risalenti al V secolo a.C., ma riscoperti soltanto nel XVIII secolo.

Per queste ragioni, raggiungere Paestum ed esplorare la sua area archeologica consente di apprezzare un connubio inscindibile tra elementi antropici ed elementi naturali. Consente, altresì, di passeggiare in un luogo dove il tempo sembra si sia fermato, dove l’anelito al divino, insito nella natura di ogni tempio, coincide con l’anelito all’eternità delle umane cose, di quelle architetture antichissime.

Paestum, in origine città fiorente della Magna Grecia, vanta d’essere uno dei centri di maggiore interesse archeologico dell’Italia meridionale. Secondo il mito di fondazione, la città sarebbe stata opera dei mitici Argonauti, partiti dalle coste della Grecia alla ricerca del vello d’oro.

Una cinta muraria, che si snoda per quasi 5 km, circonda i tre templi pagani di architettura dorica, conservatisi quasi integri. Essi sono il Tempio di Poseidone o Nettuno; il Tempio di Hera, detto anche Basilica di Paestum; il Tempio di Cerere, dea della fertilità e dei raccolti. I primi due sono legati al culto della dea Hera, sorella di Poseidone e moglie di Zeus.

Il primo dei tre templi spicca tra gli altri per dimensione e stato di conservazione e si distingue per la sua patina dorata. Nel museo archeologico della stessa città di Paestum sono stati raccolti diversi reperti legati ai tre templi sopra elencati. Di questi, l’opera più famosa è l’affresco del tuffatore, di fine V secolo.

Scorrendo l’indice sulla carta geografica della Campania, sul versante nord-est, troviamo Benevento. Il suo nome ha conosciuto una curiosa peregrinazione etno-linguistica. Quando era ancora un minuscolo villaggio di pastori sanniti, gli autoctoni lo chiamavano Maloenton, cioè “ritorno delle greggi”. I Romani, una volta conquistato il Sannio, trasformarono il nome Maloenton in Maleventum, per una sorta di equivoco linguistico.

Quando nel 275 a. C. riportarono una grande vittoria su Pirro, re dell’Epiro, proprio nei pressi di quel villaggio, lo ribattezzarono col nome augurale di Beneventum. Di quel glorioso passato romano restano oggi il solenne Arco di Traiano e il Teatro. Ma Benevento possiede anche interessanti costruzioni medievali, come la Chiesa di Santa Sofia.

Si tratta di un edificio religioso di architettura longobarda, iscritto alla Lista dei patrimoni dell’Umanità dell’UNESCO nel giugno 2011. Storicamente, la Chiesa di Santa Sofia si colloca nel quadro dell’ambizioso progetto di mecenatismo avviato dal duca longobardo Arechi II, salito al trono nel 758 d.C.

La consacrazione della medesima chiesa risale al 768 d.C., anno in cui vi furono traslate e deposte le reliquie di San Mercurio di Cesarea, santo romano molto venerato a Bisanzio. La pianta della chiesa, d’altronde, si rifà a quella dell’omonima chiesa di Costantinopoli; tuttavia, si distingue dalla sua gemella per le sei colonne disposte ai vertici di un esagono e collegate tra loro dagli archi che sorreggono la cupola.

Un intervento di restauro del 1957 ripristinò le absidi e la pianta originaria della chiesa, eliminando le cappelle settecentesche ma lasciando quasi immutata, invece, la facciata barocca. A margine di quanto appena detto, osserviamo che sarebbero da approfondire le ragioni filologiche di tale scelta.

Per concludere questa breve incursione nel territorio campano, poniamo in luce un dato di per sé evidente: la Campania sembra essere una fonte inesauribile di bellezza e grandezza storico-culturale. Poggiando l’orecchio sulle pareti delle sue architetture, di grande valore storico-artistico, come quelle qui brevemente descritte, ascolteremo di volta in volta una storia diversa, di popoli ed epoche diverse, degli intrecci tra loro. Tutte storie riconducibili alla Storia dell’Umanità.

La Redazione

Ciao! Sono la Redazione de La Testata – Testa l’informazione. Quando non sono impegnata a correggere e pubblicare articoli mi piace giocare a freccette con gli amici.
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