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C’est la vie – Prendila come viene

“C’est la vie” è un film francese diretto da Olivier Nakache e Eric Toledano, con Jean-Pierre Bacri e Gilles Lellouche.

I due registi mettono da parte il tema dell’emarginazione sociale dominante nel precedente film “Samba”, realizzando una commedia a tutto tondo, dal titolo originale “Le sens de la fête”, ovvero Il senso della festa.

Con la direzione della fotografia di David Chizallet, le scenografie di Nicolas de Boiscuillé, i costumi di Isabelle Pannetier e le musiche di Avishai Cohen, C’est la vie è una commedia corale che racconta, con grande ironia, il dietro le quinte della preparazione di un matrimonio che gli sposi desidererebbero fiabesco: castello, piscina, fiori, orchestrina, niente deve essere lasciato al caso.

Il povero Max, titolare dell’azienda che si occupa dell’organizzazione, nel tentativo di assicurare la buona riuscita della festa cura ogni piccolo dettaglio. Max lavora nel catering da trent’anni ed è quasi alla fine del suo percorso lavorativo quando si ritrova ad occuparsi del matrimonio di Pierre e Héléna in un castello del XVII secolo. Come al solito, ha organizzato tutto: ha reclutato la sua brigata di camerieri e cuochi, ha consigliato un fotografo, ha predisposto le decorazioni floreali e ha prenotato un’orchestra. Tuttavia, la notte dei preparativi potrebbe trasformarsi in un disastro a causa di una serie di imprevisti.

Questo film, in un certo senso, è il discendente diretto di Samba, il loro precedente prodotto cinematografico che si apre, per l’appunto, con un matrimonio.

Il nuovo lavoro della coppia d’oro del cinema francese è molto divertente, a tratti esilarante, che mette in luce i vari tratti distintivi dei personaggi, in particolar modo la loro “differente umanità” mentre lavarono insieme per rendere unico l’evento. L’organizzazione è un vero e proprio lavoro svolto in comune, che assomiglia molto al set di un film. Ogni personaggio appartiene ad un ceto sociale, attento alla propria situazione e all’incarico ricevuto.

È presente Vincent Macaigne, qui nei panni di un professore che corregge le violenze dei suoi colleghi alla lingua francese, incapace di riprendersi dalla riforma grammaticale che sta cancellando l’accento circonflesso; non manca un Gilles Lellouche, nel ruolo di un esilarante cantante di una band sgangherata, alle prese con Eros Ramazzotti in un italiano inventato, oltre a un fotografo amante più del buffet che della reflex, e la sorpresa del film, Eye Haïdara, organizzatrice del capo alla ricerca di maggiore autonomia, ma pronta ad andare in ebollizione come uno scaricatore di porto.

Questi personaggi non vengono mai rappresentati in modo banale, anzi: i loro atteggiamenti, modi di fare, le loro conversazioni, ci offrono un quadro psicologico molto accurato.

C’est la vie non è soltanto un film portatore di sane risate, ma anche uno di quelli che riesce a commuovere con momenti di emozione e poesia, elementi poco frequenti in una commedia. Questo film, in realtà, è la storia simbolica che rispecchia le difficoltà della Francia di oggi, una reazione vitale per esorcizzare il contesto sepolcrale dopo gli attentati. I due registi, re del “feel-good movie” alla francese, vogliono mostrare la Francia dei nostri tempi, multiculturale e ricca di imprevisti; la pellicola infatti è una sorta di campanello d’allarme delle attuali difficoltà del paese e dell’Europa tutta, che non può esimersi dal risollevarsi e tentare quell’integrazione sociale e culturale che le permetterà di andare avanti con coraggio.

Il loro intento è stato quello di unire l’intrattenimento, i festeggiamenti e le risate, con la riflessione riguardo alle tante difficoltà da affrontare oggi, anche nei piccoli eventi quotidiani. Secondo il loro punto di vista, i protagonisti di questa storia dovrebbero essere dei modelli da seguire per affrontare con tenacia i problemi odierni. La vicenda, inoltre, sembra collocarsi in uno spazio fuori dal tempo, in cui, per un attimo, il dolore reale viene spazzato via dalla gioia degli invitati e dagli spettatori del film, lasciando la speranza di uno spiraglio di luce in un’epoca di buio.

Marianna Allocca
Fonte copertina Cinema Teatro Everest

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La Redazione

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