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Km 0, sinonimo di qualità?

Con il termine “km 0” o “chilometro utile” si intende la produzione, la diffusione e il consumo di un prodotto all’interno della stessa zona, evitando così la lunga filiera commerciale.

Da qualche anno si sente sempre più spesso parlare di prodotti a km 0, ma cosa sono e come possiamo realmente riconoscere questi prodotti?

Non possiamo parlare di prodotti a chilometro utile senza parlare prima di stagionalità degli alimenti, ovvero quando un determinato tipo di verdura, ortaggi o anche pesci e carni è effettivamente reperibile senza la necessità di ricorrere a metodi artificiali di produzione, come ad esempio le serre per frutta e verdura o gli allevamenti per i prodotti ittici o di macelleria.

Ogni periodo dell’anno ci offre determinate derrate alimentari; contrariamente a quanto si pensa anche carni e pesci godono di periodi dell’anno in cui sono naturalmente presenti in mare o, nel caso delle carni, stagioni in cui ci sono nascite maggiori e quindi prezzi di vendita e qualità delle materie prime più alte.

Chiarito il concetto di quando sia possibile trovare ogni alimento in un periodo dell’anno, risulta subito evidente come molti venditori e produttori abusino della terminologia del km 0, spacciando alimenti chiaramente fuori stagione per “locali”, o peggio di propria produzione, cosa che nel complesso non potrebbe essere impossibile, ma si andrebbe incontro a metodi alternativi di conservazione, come ad esempio la congelazione, che permette a un prodotto di mantenersi per lunghi periodi.

Oltre alla stagionalità, per riconoscere se ciò che si va ad acquistare è realmente di produzione locale o meno, si può attingere anche al concetto di territorialità degli alimenti.

Il km 0 nasce come produzione che evita le lunghe filiere commerciali e offre al consumatore finale un prodotto a “filo diretto”, quindi che evita lunghi spostamenti e confezionamenti: possiamo quindi facilmente dedurre che se il nostro banconista di fiducia ci propone degli ottimi e locali ananas prodotti nel suo orto non sia proprio un km 0 reale.

Possiamo aiutarci contro quelle frodi alimentari che oggigiorno è facile trovare in giro per i vari centri commerciali, o anche locali, che offrono consumo di cibi spacciandoli per propria produzione e aumentandone così i costi, avvalendoci di queste brevi tecniche di valutazione quali: capire e conoscere la stagionalità dei vari cibi e documentarsi su dove un alimento viene prodotto.

Ci si può anche affidare a quei prodotti denominati con la sigla I.G.P., meglio espressa come Indicazione Geografica Protetta: con questo acronimo vengono etichettate molte derrate prodotte ad esempio in Italia, come il parmigiano reggiano o alcune delle carni di sola produzione nostrana come la chianina, la fassona o la marchigiana.

Affidandosi a queste piccole accortezze si può sicuramente evitare di cadere in truffe, sempre più frequenti tra chi somministra cibi e bevande, e imparare a riconoscere cosa è realmente prodotto a livello locale rispettando le regole del km 0.

Salvatore Esposito

La Redazione

Ciao! Sono la Redazione de La Testata – Testa l’informazione. Quando non sono impegnata a correggere e pubblicare articoli mi piace giocare a freccette con gli amici.
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