Quali prospettive politiche per le comunali di Napoli?

Le elezioni comunali di Napoli del 2026 (o, più precisamente, le prospettive politiche che si disegnano già oggi in previsione di quel momento) rappresentano un terreno particolarmente complesso e ricco di dinamiche contrastanti: una città con tradizioni politiche forti, un elettorato molto articolato, problemi profondi (economici, sociali, urbanistici) e attori che potrebbero ridisegnare l’arena locale.
In questa riflessione discorsiva proviamo a esplorare gli scenari che potrebbero delinearsi, i protagonisti potenziali, le leve politiche in gioco, le sfide che l’amministrazione uscente affronta, e le forze che potrebbero emergere per contendere il Comune di Napoli. In primo luogo, la figura dell’attuale sindaco, Gaetano Manfredi, pesa moltissimo nel definire le prospettive future.
Secondo un sondaggio del 2025, il 61% dei cittadini napoletani dichiara di avere fiducia in lui e lo rivoterebbe, segno che il suo lavoro amministrativo, pur in una città complessa come Napoli, è apprezzato da una parte significativa della popolazione.
Questo consenso offre una base solida per la quasi certa ricandidatura, ma non significa affatto che il suo percorso sarà privo di ostacoli: gestire il debito pubblico della città, portare avanti la rigenerazione urbana (ad esempio nei quartieri simbolo come Scampia o Ponticelli), migliorare i conti comunali senza sacrificare gli investimenti rimane una sfida gravosa.
Allo stesso tempo, è invece già stata annunciata la ricandidatura di Luigi De Magistris, ex sindaco molto popolare (o controverso, a seconda dei punti di vista) che ha già guidato Napoli per dieci anni. Sul versante del Partito Democratico (PD), emergono scenari altrettanto delicati: da un lato il PD di Napoli sembra orientato a costruire una coalizione larga, sul modello di quella che sostenne Manfredi la prima volta, includendo forze civiche e anche il Movimento 5 Stelle.
Questo “modello Napoli” è visto da molti come la chiave per mantenere un campo progressista forte e competitivo. La coalizione del centrosinistra sembra voler puntare su una formula inclusiva: l’idea è di non limitarsi alle forze tradizionali, ma di coinvolgere civiche, movimenti, anche attori “moderati” e riformisti. Se questa strategia si conferma, potrebbe rafforzare la posizione dell’attuale maggioranza, ma anche rendere la competizione più aperta, perché richiede un equilibrio complesso tra istanze istituzionali e spinte civiche, tra politiche di lungo periodo e risposte concrete ai bisogni sociali.
Un’altra incognita rilevante è la tenuta dell’astensionismo, che nelle grandi città – e in particolare in contesti complessi come Napoli – può pesare moltissimo. Il consenso a Manfredi, ad esempio, non garantisce automaticamente che tutti i suoi elettori parteciperanno attivamente, e se una parte significativa dell’elettorato si disinteressa, i margini per un ribaltamento o per l’ascesa di outsider diventano più concreti.
Sul versante opposto, il centrodestra a Napoli dovrebbe valutare con attenzione come costruire una proposta competitiva: la figura di Catello Maresca, magistrato con un passato di indagini antimafia, ha già rappresentato un’alternativa forte in altre tornate, e potrebbe esserci spazio per un nuovo rilancio attorno a un nome simile, oppure per una coalizione di centrodestra più unita che punti non solo su simbologie nazionali ma su un progetto locale credibile. Tuttavia, la destra partenopea storicamente fatica ad aggregare tutte le sue anime su candidature forti sul piano locale, e deve fare i conti con una base progressista ben radicata che ha mostrato di saper costruire ampia coalizione civica.
Non va poi trascurato il potenziale ruolo del Movimento 5 Stelle, che nel tempo ha subito alti e bassi, ma resta presente nel panorama napoletano. Se il M5S dovesse decidere di non rinunciare a un ruolo autonomo, potrebbe proporsi con una propria candidatura sindacale o partecipare a un’alleanza civica. Ma c’è anche la possibilità che finisca nuovamente nei tavoli con il PD, come avvenuto in passato, in una formula “giallorossa” locale che abbia però la forza di andare oltre la semplice sommatoria di liste. Un ulteriore elemento strategico da considerare riguarda i temi locali, che probabilmente decideranno gran parte della campagna elettorale: la rigenerazione urbana (specialmente nei quartieri più periferici), il disordine infrastrutturale, la vivibilità, la mobilità, l’occupazione giovanile, la gestione dei rifiuti.
Chi saprà proporre un progetto realistico e concreta per queste sfide – senza limitarsi a slogan – potrebbe conquistare la fiducia di una parte decisiva dell’elettorato. D’altro canto, le promesse devono essere credibili, perché Napoli è una città dove le promesse non mantenute – su lavoro, sicurezza, servizi sociali – pesano molto sull’immaginario collettivo. Altri attori da tenere d’occhio sono possibili candidati civici, figure locali non legate strettamente ai partiti tradizionali ma con radicamento sul territorio: imprenditori, esponenti del no-profit, personalità culturali.
Una candidatura civica forte potrebbe cavalcare la stanchezza rispetto ai partiti o intercettare gli elettori che chiedono un’amministrazione “meno ideologica e più pragmatica”. In prospettiva, quindi, le elezioni comunali di Napoli del 2026 potrebbero vedere uno scontro centrale tra un Manfredi rinnovato (o una sua candidatura) e un possibile ritorno di De Magistris, con il PD impegnato a mantenere una coalizione larga e a mediare tra le forze civiche e istituzionali, mentre il centrodestra proverà a costruire una proposta alternativa realmente competitiva.
Tale scontro non sarà solo di nomi, ma di visioni: visione di città, ma anche di modello di governo locale – tra “populismo civico” e pragmatismo istituzionale, tra politiche sociali ambiziose e rigore finanziario. Naturalmente, molte cose possono cambiare da qui al 2026: gli equilibri nazionali, le alleanze regionali (visto il peso strategico della Campania), la situazione economica della città, i risultati concreti dell’amministrazione Manfredi.
Ma al momento ciò che appare chiaro è che Napoli non si avvia verso elezioni locali tranquille o scontate: il 2026 potrebbe essere un momento di vero rinnovamento, oppure di riaffermazione di modelli politici già sperimentati, e chi saprà leggere con intelligenza il sentimento cittadino e offrire risposte concrete avrà un vantaggio notevole.
Tommaso Alessandro De Filippo
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