Il viaggio della Madleen verso Gaza

Il primo giugno 2025 la nave Madleen è partita da Catania, Sicilia in una missione umanitaria marittima verso Gaza, con lo scopo di distruggere il blocco israeliano nella Striscia che non permette l’entrata di cibo, acqua e medicine.
Israele ha intensificato il blocco nella Striscia di Gaza nel 2023, ma un blocco parziale era già presente dal 1990.
Si tratta dell’ennesima tattica utilizzata dall’esercito militare israeliano per portare avanti il genocidio del popolo palestinese; con la scusa di colpire Hamas, negli anni 90 come oggi, il governo israeliano porta avanti una punizione collettiva immotivata, lasciando morire i palestinesi di fame, sete e infezioni, oltre a distruggere le loro case e vite con i bombardamenti.
La Freedom Flotilla Coalition
La nave Madleen fa parte di un progetto molto più ampio nato nel 2007, la Freedom Flotilla Coalition (FFC), il cui scopo era ed è ancora trasportare aiuti umanitari per i palestinesi a Gaza via mare, e rompere così l’assedio israeliano.
Diverse imbarcazioni hanno tentato la missione tra il 2007 e il 2010; proprio nel 2010 Israele intercettò la Gaza Freedom Flotilla, uccidendo dieci attivisti a bordo e ferendone tanti altri.
Ci sono state altre missioni nel 2011, 2015 e 2018, ma ogni volta l’IDF ha intercettato le navi, imprigionando e/o deportando tutti gli attivisti a bordo.
Nel corso degli anni la coalizione non si è mai fermata. Gli attivisti non hanno mai smesso di provare ad aiutare, con un’alta presenza anche di persone di fama internazionale, e anche diverse figure politiche.
È per questo che anche nel 2025 è stata tentata un’altra missione umanitaria. La prima nave Conscience è partita a maggio, ma è stata quasi subito intercettata da Israele che l’ha attaccata con dei droni vicino la costa di Malta, in acque internazionali, ferendo quattro attivisti.
La FFC non si è data per vinta ed è partita un’altra nave il primo giugno, la Madleen, con i seguenti attivisti a bordo: Greta Thunberg, Rima Hassa, Yasemin Acar, Baptiste André, Thiago Ávila, Omar Faia, Pascal Maurieras,Yanis Mhamdi, Suayb Ordu, Sergio Toribio, Marco van Rennes e Reva Seifert-Viar.
La nave è riuscita a raggiungere l’Egitto il 7 giugno senza troppi intoppi, facendo solo un piccolo detour il 5 giugno per salvare una piccola barca che trasportava dei migranti sudanesi. Un altro esempio dell’umanità degli attivisti della Madleen, che nel vedere delle persone in pericolo e in cerca di aiuto, non hanno esitato neanche per un momento.
Purtroppo, il 9 giugno la Madleen è stata ufficialmente intercettata dall’esercito israeliano. La nave è stata circondata da altre barche, e dei droni hanno rilasciato una sostanza bianca che gli attivisti hanno descritto come “estremamente irritante”. L’esercito israeliano ha probabilmente manomesso anche i sistemi di comunicazione, perché la FFC ha gradualmente perso ogni contatto con la Madleen, compresa la sua posizione geografica.
Per prendere in ostaggio gli attivisti della Madleen, Israele ha dato ordini alla Shayetet 13, l’unità di incursori della Marina israeliana, la quale ha trasportato la nave ad Ashhod e ha ordinato agli ostaggi di gettare tutti i dispositivi elettronici in acqua. Successivamente, sono stati tutti trasportati all’aeroporto di Ben Gurion, dove gli sono state date due opzioni: firmare un documento per la deportazione o essere trasportati nella prigione israeliana di Givon a Ramla, nel distretto centrale di Israele.
Tre attivisti hanno firmato per la deportazione, soprattutto perché non hanno ricevuto alcun aiuto o difesa dalla politica del loro paese di provenienza. Gli altri otto si sono rifiutati di firmare e sono stati trasportati in prigione in attesa dei processi, in condizioni meno che ideali, tant’è che sappiamo che l’attivista Thiago è stato trasportato in una cella di isolamento.
Tutto questo è inaccettabile.
Israele ha rapito degli attivisti impegnati in una missione umanitaria in acque internazionali.
Gli aiuti materiali presenti sulla nave sono stati messi sotto sequestro ed è stato affermato da Israele che arriveranno a Gaza attraverso i “veri corridoi umanitari”. Probabilmente si intendono quelli in cui i palestinesi migrano con la promessa di un po’ di cibo e invece si ritrovano a dover scappare dai proiettili dei fucili israeliani con cui i soldati aprono il fuoco improvvisamente.
Ci troviamo davanti all’ennesima violazione del diritto internazionale da parte di Israele.
Ma perché Israele non vuole che a Gaza arrivino gli aiuti umanitari? Perché si sente minacciato da una nave che trasporta beni primari?
Perché consentire alla Madleen di raggiungere Gaza sarebbe stata una sconfitta per Israele, che in tutti i modi cerca di esercitare il totale controllo della narrazione del genocidio, facendolo apparire come un necessario strumento di difesa. Impedire l’arrivo degli attivisti è stata un’azione calcolata da Israele per evitare una sconfitta che, seppure simbolica, avrebbe dato spazio ad una narrazione diversa, e avrebbe distrutto il blocco (attualmente attivo via terra, cielo e mare) che serve anche a controllare le informazioni che entrano ed escono.
Solidarietà agli attivisti della Madleen e a tutto il gruppo della FFC.
La Resistenza non può essere fermata.
Ci saranno altre navi, altre persone, altre donazioni, altri tentativi di aiuto. Ci saranno presidi, manifestazioni, proteste, e sempre in più paesi.
La Palestina non è sola.
Marcella Cacciapuoti
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