Da Il conte di Montecristo alla condanna: Gérard Depardieu tra cinema e scandalo

Celebre per aver interpretato Edmond Dantès ne Il Conte di Montecristo, simbolo di giustizia e vendetta, Gérard Depardieu si trova oggi dall’altra parte della storia.
Non più eroe, ma condannato in quanto autore di aggressioni sessuali.
Uno dei volti più iconici del cinema francese e internazionale, premiato con il Leone d’Oro alla carriera, il César e La Legione d’onore, è stato condannato il 13 maggio scorso dal tribunale di Parigi a 18 mesi di carcere con la condizionale per aggressione sessuale commesse sul set del film Les Volets Verts di Jean Becker nel 2021.
Le vittime di tali aggressioni sono due donne presenti sul set: una scenografa e un’assistente alla regia. Entrambe hanno descritto l’ambiente lavorativo come intimidatorio e hanno denunciato di essere state palpeggiate sul petto, sulla pancia e sulle natiche; è stato inoltre dichiarato che l’attore ha rivolto loro commenti osceni, come “Vieni a toccare il mio ombrellone. Te lo infilo nelle parti basse”.
Oltre queste due testimonianze, almeno altre 13 donne hanno accusato Gérard Depardieu di molestie sessuali, raccontando e descrivendo proposte sessuali, palpeggiamenti e commenti volgari.
L’attore è stato così inserito nel registro nazionale dei crimini sessuali e ha avuto il divieto di esercitare alcune attività lavorative per due anni: Depardieu ha risposto annunciando di voler fare ricorso.
La sentenza di condanna arriva con l’annuncio di un secondo processo che l’attore dovrà affrontare il 17 giugno 2025 a Roma: è stato denunciato dal fotografo italiano Rino Barillari per un increscioso evento avvenuto il 21 Maggio 2024. Il fotografo ha dichiarato di essere stato colpito dall’attore con tre pugni all’esterno di un bar in Via Veneto: i colpi hanno causato sul volto del fotografo delle ferite che hanno necessitato di cure ospedaliere.
I due eventi hanno squarciato l’opinione pubblica e in particolare modo l’industria cinematografica francese. Il processo e la condanna hanno dato un chiaro segnale sulla responsabilità delle figure pubbliche e sull’evoluzione della giustizia nei confronti delle vittime di violenze. Anche l’organizzazione de il Festival di Cannes 2025 ha deciso di schierarsi escludendo dalla partecipazione alla Première del film in concorso Dossier 137 l’attore Théo Navarro-Mussy, accusato di stupro da tre sue ex partner rispettivamente del 2018, 2019 e 2020. Sebbene l’indagine sia ancora in corso, la decisione di escludere l’attore ha segnato un momento di svolta per il mondo del cinema e per le donne e gli uomini vittime di violenza.
Complice della condanna è stato il movimento #MeToo, nato nel 2006 per iniziativa di Tarana Burke, per sostenere le donne afroamericane vittime di violenza. Dal 2017 questo movimento ha assunto una risonanza globale quando l’hashtag è divenuto virale in seguito alle numerose accuse contro Harvey Weinstein, noto produttore cinematografico hollywoodiano. Da quel momento l’hashtag è stato il mezzo con il quale migliaia di uomini e donne hanno condiviso le proprie esperienze di violenza, abusi e molestie, soprattutto da parte dei potenti del mondo dello spettacolo, del giornalismo e della politica. Nonostante i processi mediatici prima che vi siano sentenze, il movimento ha permesso di rompere il silenzio e promuovere una cultura basata sul rispetto e sul consenso.
Parlare pubblicamente è finalmente diventato uno strumento di denuncia e di solidarietà: per molte persone la voce pubblica è stata l’unica forma di giustizia disponibile. In un sistema sano che riconosce la centralità della giustizia formale, il movimento #MeToo permette che venga garantita e alimentata la coscienza sociale, senza però dimenticare lo stato di diritto e il difficile equilibrio tra la legittima indignazione e il giustizialismo becero e inconcludente. Luc Besson, Roman Polanski, Gérard Depardieu… Solo tre nomi, ma ancora troppe vittime nell’ombra.
Antonietta Della Femina
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