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“Visioni e Volti” a Palazzo Pallavicini: un viaggio nell’arte italiana dal Rinascimento al Neoclassicismo.

Nelle sale di Palazzo Pallavicini a Bologna, la mostra Visioni e Volti si presenta non solo come un viaggio nella storia dell’arte, ma anche come un’indagine sull’identità umana, sullo sguardo e sull’immaginazione.

I capolavori esposti provengono dalla Pinacoteca Malaspina di Pavia, l’esposizione accompagna il visitatore lungo un arco temporale che va dal Rinascimento al Neoclassicismo, provando a restituire la complessità di oltre tre secoli di pittura italiana ed europea.

Il titolo della mostra racchiude il suo nucleo concettuale: da un lato i volti, intesi non solo come ritratti ma anche come studi fisiognomici e rappresentazioni dell’individuo; dall’altro le visioni, ossia le immagini di devozione, del mito, dell’allegoria e della narrazione storica. Queste due dimensioni non sono opposte ma in continuo dialogo e offrono una lettura stratificata dell’arte come specchio della società e del pensiero in ogni epoca. 

I Quattro Dottori della Chiesa, Girolamo Giovenone, se. XV-XVI

Il fulcro della mostra è la collezione Malaspina, del marchese Luigi Malaspina di Sannazzaro (Pavia 1754 – Milano 1835) grande erudito e collezionista che aprì la sua collezione al pubblico nel 1838, dando vita al primo museo cittadino dell’epoca. La mostra non racconta solo una visione artistica, ma anche una storia di trasmissione del sapere, di tutela e di condivisione del patrimonio. 

Ritratto del medico Cesare de Milio, pittore lombardo, 1501.

Ritratto del medico Cesare de Milio, pittore lombardo, 1501.

Nei ritratti rinascimentali lo sguardo del soggetto si fa dichiarazione di identità e di ruolo sociale: nobili, uomini di cultura, ecclesiastici rivelano l’importanza crescente dell’individuo nella cultura umanistica. Col passare dei secoli si assiste all’evoluzione del ritratto e soprattutto verso il Settecento si carica di maggiore introspezione psicologica, di teatralità, diventando strumento di autorappresentazione e di costruzione dell’immagine pubblica. Accanto ai ritratti la mostra dedica un ampio spazio alle visioni intese come rappresentazioni del sacro, del mito e dell’allegoria. Le scene religiose riflettono il mutare della spiritualità e del vocabolario visivo, passando dalla compostezza rinascimentale alla drammaticità barocca fino all’equilibrio razionale del Neoclassicismo. 

Ritratto di un Podestà veneziano, autore anonimo, prima metà XVI sec.

Le opere mitologiche e allegoriche testimoniano l’immortalità del mondo classico come fonte continua di ispirazione: Dei, eroi e personificazioni diventano gli strumenti per parlare di virtù, passioni e ideali, offrendo al pubblico contemporaneo uno sguardo privilegiato sull’immaginario simbolico del passato. Uno degli aspetti a mio parere più affascinanti della mostra è la possibilità di osservare l’intreccio e il continuo dialogo tra le diverse scuole pittoriche: tra la tradizione lombarda e padana, passando per le influenze toscane, venete e fiamminghe. Questo intreccio restituisce la dinamicità di un contesto europeo in cui la singola opera è parte di una fitta rete di scambi artistici e culturali. I volti dipinti secoli fa continuano a farci riflettere sul ruolo dell’immagine, sulla rappresentazione dell’uomo e insieme a ciò le visioni ci ricordano il potere dell’immaginazione e della narrazione come strumenti universali. L’esposizione non si rivolge a un pubblico di soli addetti ai lavori ma è trasversale e offre diversi livelli di lettura, confermando Bologna come uno dei centri vitali più importanti per la cultura italiana. 

Il Velo della Veronica, Michele Bono, secolo XV seconda metà.

Roberto Spanò

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Roberto Spanò

Classe 1995, sono laureato in Scienze Storiche e Orientalistiche (con focus su gender studies, colonial and post-colonial studies). Ho conseguito un Master in Gestione dell’arte e dei Beni Culturali. Fin dall’inizio dei miei studi sono sempre stato convinto che materie come storia, sociologia, antropologia e filosofia non possano essere considerate come dei comparti stagni, credo nella multidisciplinarietà ed è la caratteristica che ho sempre cercato di dare alle mie pubblicazioni. Credo fortemente che la storia non ci serva semplicemente per ricordare a memoria date ed eventi, ma ci serve per capire i perché del mondo di oggi, ci serve per smontare falsi miti, per rispondere a chi propaganda fake news e tesi campate in aria. Il mio scopo è quello di rendere comprensibili temi complessi, di far appassionare chi pensava, magari a causa di un cattivo insegnate alle superiori, che la storia sia noiosa e inutile.
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