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Michelangelo e Bologna: l’artista in mostra a Palazzo Fava

Da mercoledì 14 novembre a domenica 15 febbraio 2026, le sale dello storico Palazzo Fava ospitano la mostra “Michelangelo e Bologna”, pensata per restituire al visitatore i brevi ma intensi soggiorni dell’artista nella città. Il Michelangelo che emerge da questo percorso espositivo è un giovane in formazione, capace di cogliere e assorbire tutte le opportunità che Bologna seppe offrirgli.

Lo sottolinea già il titolo: non “Michelangelo a Bologna” ma “Michelangelo e Bologna”. Una scelta che evidenzia una relazione di scambio, un vero dialogo, messo in scena nelle diverse sale e capace di riportare alla luce un legame poco noto ma fondamentale nella crescita del maestro. 

L’esposizione prende avvio dal periodo fiorentino, quando la maturità dell’artista comincia a delinearsi, per poi condurre il visitatore a Bologna, dove Michelangelo approda intorno al 1494 dopo essere stato costretto a lasciare Firenze. È un ventenne in cerca di un riparo, che trova nel capoluogo emiliano un ambiente fertile e un mecenatismo disposto a sostenerlo. Proprio grazie a questo clima favorevole viene coinvolto nel cantiere dell’“Arca di San Domenico”, uno dei più prestigiosi della città, che gli offre l’opportunità di confrontarsi con una committenza importante e di misurarsi con un repertorio formale nuovo. 

Nella mostra spicca la “Madonna della Scala”, una delle prime opere giovanili giunte fino a noi. Attorno a essa, calchi in gesso, disegni, documenti d’archivio e volumi antichi ricostruiscono il contesto sociale, culturale e artistico in cui Michelangelo si muoveva in quegli anni, restituendo il clima che contribuì a formare la sua mano e il suo sguardo. 

Nel Quattrocento e nel Cinquecento Bologna è una città viva, animata da fermenti culturali, da influenze stilistiche e dalla presenza di numerosi giovani talenti. Il percorso ricorda anche il successivo soggiorno dell’artista, tra il 1506 e il 1508, quando Michelangelo lavorò – per conto di papa Giulio II – a un’opera oggi perduta, ma significativa per comprendere quanto la città continuasse a essere un punto di riferimento nella sua carriera. Per restituire appieno questo intreccio di relazioni, accanto ai lavori del maestro sono esposte opere di artisti suoi contemporanei, attivi a Bologna o nelle aree limitrofe, così da ricreare il tessuto artistico con cui Michelangelo entrò in dialogo. 

Visitare “Michelangelo e Bologna” significa riscoprire un artista nella sua complessità: un giovane che attraversa un percorso fatto di prove, dubbi, incontri e influenze, e comprendere come una città – con la sua storia, i suoi maestri, la sua vitalità – possa diventare palestra e fucina di talento. In un’epoca in cui spesso il valore del risultato sembra oscurare il processo che lo genera, la mostra invita a rivolgere lo sguardo alle radici, restituendo il ritratto di un Michelangelo studente e apprendista, che osserva, assorbe e cresce. La mostra, infine, non celebra soltanto l’artista: celebra anche la città. Non come semplice meta turistica, ma come luogo di cultura vivo, capace di generare bellezza, accogliere talenti e custodire memorie. 

Roberto Spanò

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Roberto Spanò

Classe 1995, sono laureato in Scienze Storiche e Orientalistiche (con focus su gender studies, colonial and post-colonial studies). Ho conseguito un Master in Gestione dell’arte e dei Beni Culturali. Fin dall’inizio dei miei studi sono sempre stato convinto che materie come storia, sociologia, antropologia e filosofia non possano essere considerate come dei comparti stagni, credo nella multidisciplinarietà ed è la caratteristica che ho sempre cercato di dare alle mie pubblicazioni. Credo fortemente che la storia non ci serva semplicemente per ricordare a memoria date ed eventi, ma ci serve per capire i perché del mondo di oggi, ci serve per smontare falsi miti, per rispondere a chi propaganda fake news e tesi campate in aria. Il mio scopo è quello di rendere comprensibili temi complessi, di far appassionare chi pensava, magari a causa di un cattivo insegnate alle superiori, che la storia sia noiosa e inutile.
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