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2Wai: l’app di AI che promette di “riportare in vita” i nostri cari defunti

A valicare il confine tra la vita e la morte basta un’app sul cellulare.

No, non è un episodio di Black Mirror: è 2Wai, l’app che arriva dalla California carica di promesse. Trovare conforto al dolore, preservare la memoria, videochiamare i propri cari defunti.

Ne è passato di tempo dal Test di Turing: oggi non dobbiamo più scoprire se una macchina riesce a simulare il comportamento umano. Oggi all’AI chiediamo consigli, diagnosi e certezze come si fa con gli esperti, gli uomini di esperienza e le intelligenze superiori. Gli uomini e la tecnologia non si imitano più a vicenda. Si fondono, si confidano, intrecciano relazioni, rapporti sessuali e persino matrimoni. L’intelligenza artificiale si impossessa della nostra intimità e si propone come la soluzione ai limiti della vita terrena. Persino alla morte. 

Il progetto 2Wai nasce in California e si presenta come un social network basato sull’AI, capace di creare avatar che parlano e si muovono come utenti in carne ed ossa. Attraverso una combinazione di tecnologie – riconoscimento vocale, intelligenza artificiale generativa, realtà aumentata e machine learning – si “allena” il sistema a riprodurre le fattezze, le frasi e le movenze dei nostri cari defunti. L’obiettivo? Permetterci di parlare di nuovo con loro. Quando e dove vogliamo, attraverso lo schermo di un cellulare, come una vera e propria videochiamata con l’aldilà. Non è la prima volta che chatbot e app di AI provano a replicare il dialogo con una persona scomparsa, ma 2Wai si è spinto ancora oltre, e lo ha mostrato al mondo con un video diventato virale in pochissimo tempo.

Distopico e disturbante. E non è un episodio di Black Mirror

È stato Calum Worthy, attore canadese e co-fondatore di 2Wai, a condividere sui social il video promozionale dell’applicazione. In descrizione: “e se le persone che abbiamo perduto potessero far parte del nostro futuro?”.

Nello spot, una donna incinta parla al cellulare in videochiamata con l’avatar della madre defunta. Le parla del bambino che scalcia, riceve consigli e rassicurazioni. Ride con lei come se non avesse mai pianto la sua morte. Il tempo scorre, il video segue la vita di Charlie, il bimbo in pancia che diventa ragazzino e poi adulto. È padre, non ha mai smesso di parlare con una nonna che in realtà non ha mai conosciuto e le chiede consigli per sua moglie incinta. “Tre minuti possono durare per sempre”: è la frase che chiude  il video. Allude al fatto che, secondo l’azienda, basta fornire all’app tre minuti di filmato della persona originale mentre era in vita, per generare un avatar in grado di sostenere conversazioni naturali e credibili, che può farci compagnia per sempre. 

Quando l’ho visto per la prima volta non sono stati i nuovi orizzonti della tecnologia a sorprendermi. Ho pensato all’amore simulato. A cosa ne è dell’accettazione del lutto, dell’imparare a stare nel dolore, delle regole primordiali della vita: il tempo e lo spazio. Immaginate di invecchiare mentre vostra nonna resta sempre la stessa. Charlie diventa adolescente, adulto e padre mente sul volto di sua nonna non si è formata neppure una ruga in più. E il figlio di Charlie, continuerà a parlare con la sua bisnonna anche quando sua nonna non ci sarà più? Ma soprattutto, possiamo ancora dire di star ricordando una persona che conoscevamo, se l’avatar digitale che abbiamo costruito sta evolvendo in modi inediti rispetto a ciò che è stata in vita? Se la donna anziana è diventata bisnonna, ha assunto un nuovo ruolo e ha cambiato il suo modo di parlare, di pensare, di interagire con suo nipote e il suo pronipote, non stiamo preservando la sua eredità. Stiamo creando un futuro che non esiste, e nel farlo stiamo riscrivendo il passato e la memoria che abbiamo di quella persona cara. 

Abbonati per smettere di soffrire

Non spenderò troppe parole per discutere dell’evidente problema etico che 2Wai porta all’estremo. Non c’è dubbio che siamo davanti ad un meccanismo di mercificazione del ricordo, sfruttamento del dolore, pornografia della fragilità. Mi basta aggiungere che 2Wai prevede abbonamenti e funzioni premium per i suoi servizi. Significa che probabilmente non interessa a nessuno se diventi dipendente da un’illusione. Anche meglio, così è più facile “convincerti” a pagare un abbonamento, o in caso contrario, prepararti a dire addio per sempre ai tuoi genitori defunti. Significa che il tuo avatar digitale potrebbe inserire qualche suggerimento di acquisto qua e là durante le vostre conversazioni casuali. 

E non è tutto. Parliamo di raccogliere dati sensibili dagli utenti più vulnerabili. Quelli personali e quelli della persona defunta, che avrebbe dovuto autorizzare in vita al trattamento dei suoi dati. Parliamo di una regolamentazione in merito che non è per niente definita. Di mancata tutela dei diritti post mortem, di svilire la persona nella sua dignità e potremmo continuare a lungo. 

Ma non continueremo, né giudicheremo tutti coloro che cercano conforto al dolore, perché è naturale che lo accolgano in qualsiasi forma. Farò una cosa molto più banale. Dirò che non sei tu…

L’amore simulato

Non sei tu… è un feticcio, un manichino impolverato, un’imitazione. È un amore sintetico, simulato, il peggior tipo. Non mi canta a squarciagola “sei bellissima”. Non può asciugarmi le lacrime o dirmi che “le rose non piangono”. E se lo fa, lo fa solo perché glielo ha detto qualcuno.

Le macchine non capiscono il significato come lo intendono gli esseri umani, elaborano associazioni statistiche e schemi. Ciò che dicono è frutto di ripetizioni, input, comandi

Qualcuno ti addestra a volermi bene, invece tu mi volevi bene pure quando ti trattavo male. 

La maggior parte dei problemi nelle relazioni umane non proviene da un fallimento nell’incontro di segni e significati. Ma da una divergenza di impegno o un deficit di pazienza. Di amore. Noi umani parliamo al vento continuamente, cercando invano di oltrepassare gli orizzonti dell’incomunicabilità. Non c’è mai uno scambio perfetto, non c’è modo di trasferire la nostra esperienza del mondo ad un’altra persona. Ma non esiste comunicazione in cui i corpi non contano.

Non esiste intelligenza umana senza corpo, senza sesso, vita, morte, pelle. Non è la razionalità umana che la macchina fa fatica a replicare, è la fragilità.

Non si mette nel mio lato del letto solo per scaldarmi il cuscino prima che arrivi. Non mi lascia mettere le mani tra i seni quando fa troppo freddo.

Come la compensiamo noi esseri umani questa incomunicabilità? Con il tocco. Il tocco e il tempo. La nostra unica garanzia di sincerità. La cosa più vicina che c’è a una garanzia di ponte sull’abisso. L’unica forma di irriducibile dimostrazione di contatto umano. 

Il toccare, il più arcaico dei nostri sensi, implica la certezza che le persone che si hanno a cuore cercheranno la presenza l’una dell’altra.

Che cosa farà Charlie, quando vorrà solo stare in silenzio tra le braccia di sua nonna?

Simona Settembrini

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Simona Settembrini

Simona Settembrini, classe 2001, laureata in “Culture Digitali e della Comunicazione”. Per descrivermi al meglio, direi che l’amore, in qualunque sua forma, è sempre al primo posto nella mia vita. Scrivo perché mi aiuta a rendere il mondo meno confuso e per mettere nero su bianco le mie emozioni e quelle degli altri, perché in fondo sono tutte uguali.
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