Stretto di Messina: non solo ponti, ma anche Scilla e Cariddi

Ancor prima del tanto discusso ponte, lo Stretto di Messina, da sempre crocevia tra la Sicilia e la Calabria, è teatro di antiche leggende: Scilla e Cariddi, due ninfe marine, abitavano quelle acque.
Tanti erano i marinai che attraversavano lo stretto di Messina e che, in direzione delle scogliere, narravano di aver visto tra le correnti impetuose e le acque profonde luci incantevoli e dolci voci provenire dalle acque: Scilla e Cariddi erano due delle ninfe marine più belle.
Custodi dei fondali e di tutti i segreti del mare, avevano molti poteri, tra cui quello più temuto dai marinai e da tutti coloro i quali attraversavano queste acque: placare o scatenare le onde.
Attorno alla loro figura vi sono vari miti: oggi scopriamo come secondo la leggenda le due ninfe si siano trasformate in mostri marini.
In Circe di Madeleine Miller, la metamorfosi di Scilla viene raccontata da Selene, la divinità greca della luna: “Una gamba orribile. Come di un calamaro, priva di ossa e viscide. Le è scaturita dal ventre, e poi ne è spuntata un’altra, e un’altra ancora, fino a contarne 12, tutte appisolarle dal corpo (…) inarcava la schiena, contorceva le spalle. La sua pelle è diventata grigia e il collo ha cominciato ad allungarsi. Da quello, sono spuntate cinque nuove teste, ognuna fitta di denti (…) e per tutto il tempo lei non faceva che latrare e ululare, abbaiava come un branco di cani selvatici”. Scilla e Cariddi sono accomunate dalla stessa sorte, una sorte nefasta per volere dei capricci degli dei.
La leggenda vuole che Scilla si innamorò di Glauco, un pescatore amato da Circe e che quest’ultima in preda alla gelosia trasformasse la giovane ninfa bella e seducente in un mostro e il suo amato in un Dio del mare. Cariddi invece, protagonista di un furto di buoi a Eracle, venne fulminata e gettata in mare da Zeus: qui divenne un mostro che si ciba di marinai.
Scilla e Cariddi, pur essendo ai due lati dello stretto di Messina, sono legate tra loro: ancora oggi chi osserva le acque dello stretto di Messina può percepire come un alone di mistero. La luce improvvisa che danza tra le onde e il ruggito delle correnti ci ricordano che ogni confine, sia esso tra terra e mare, tra uomini e divinità, è in realtà un punto di incontro dove alla paura si preferisce la meraviglia.
Articolo e Immagine di Antonietta Della Femina
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