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Lo strappo invisibile: il trauma collettivo nella Striscia di Gaza

C’è un’intera generazione che sta crescendo nell’ombra del conflitto, mentre la comunità internazionale fatica a comprendere le dimensioni psicologiche di una crisi che si protrae da decenni.

Nel cuore del Mediterraneo orientale, una popolazione di oltre due milioni di persone vive confinata in una delle aree più densamente popolate al mondo. La Striscia di Gaza non è un semplice territorio conteso, ma un laboratorio involontario dove si studiano gli effetti devastanti del trauma collettivo sulla psiche umana

Un luogo in cui la guerra non è più un evento isolato ma una condizione esistenziale, quotidiana, che plasma menti e corpi di intere generazioni.

IL PESO DEI NUMERI

La situazione psicologica globale fornisce il contesto perché, anche se la salute mentale è un diritto fondamentale e non un privilegio, ansia e depressione colpiscono rispettivamente il 4,4% e il 4% della popolazione mondiale (Interris, settembre 2025).

Questi numeri, già allarmanti, impallidiscono davanti alla realtà di Gaza. Una ricerca condotta nel 2024 su giovani adulti tra i 18 e 24 anni ha rivelato che il 93,81%, il 79,36% e l’81,71% riportavano sintomi di depressione, ansia e stress di livello moderato o superiore (Mental Health Research, 2024). Non si tratta di percentuali di una società in crisi temporanea, ma di una popolazione intera che vive in uno stato di allerta costante.

Secondo l’Ufficio dell’ONU per gli Affari Umanitari, circa mezzo milione di adulti e bambini soffrivano di stress psicosociale e disturbi mentali a diversi livelli nei territori occupati e a Gaza già prima dell’escalation del 2023 (OCHA, 2020). Questi numeri rappresentano solo la punta dell’iceberg di una sofferenza che si è moltiplicata esponenzialmente.

L’INFANZIA RUBATA: BAMBINI CHE NON SOGNANO

Il volto più doloroso di questa tragedia appartiene ai bambini. In un contesto globale dove fino a un adolescente su cinque soffre di un disturbo mentale e l’autolesionismo è la terza causa principale di morte per gli adolescenti (UNICEF Italia, aprile 2025), la situazione dei minori di Gaza assume dimensioni catastrofiche.

Sottoposti a continui bombardamenti, estrema insicurezza alimentare e a continui spostamenti forzati, la salute mentale degli abitanti della Striscia sta subendo un deterioramento mai visto prima. I piccoli di Gaza non conoscono la normalità dell’infanzia: i loro giochi sono interrotti dalle sirene e i loro sogni popolati da incubi di distruzione. Gli intervistati hanno dichiarato di aver assistito a un drammatico deterioramento della salute mentale dei bambini, peggiore rispetto alle precedenti escalation di violenza (MSF Report, 2024) … L’assurdità di una condizione in cui la guerra diventa la routine generazionale.

I sintomi che questi bambini manifestano vanno ben oltre la normale reazione allo stress: paura, ansia, carenza di cibo, ipervigilanza e problemi di sonno, un’alternanza nello stile di attaccamento ai genitori, regressione e aggressività, caratterizzano il loro quotidiano. Questi non sono semplici disturbi temporanei: senza interventi immediati, creeranno nei bambini di Gaza problemi che si protrarranno in età adulta.

FLOTILLA: SIMBOLO DI RESISTENZA PSICOLOGICA

Il 12 settembre 2025 ha visto un evento simbolicamente carico di significato psicologico: la partenza della Global Sumud Flotilla: 18 imbarcazioni con 160 persone a bordo, inclusa una nave di Emergency, sono salpate verso Gaza. 

La flotilla non rappresenta solo un tentativo di portare aiuti umanitari, ma assume una dimensione psicologica profonda. Come scrive Al Jazeera, “Navighiamo per sostenere la speranza. Perdere la speranza significa abbandonare il popolo di Gaza e consegnarlo a un regime malvagio” (Al Jazeera, 7 settembre 2025). Questo gesto collettivo diventa una forma di terapia collettiva, un modo per dire ai palestinesi di Gaza che non sono soli.

La flotilla del giugno 2025 aveva già tentato di raggiungere Gaza: la nave Madleen, partita da Catania il 1° giugno con latte in polvere, farina, riso, pannolini e kit medici, fu intercettata dalle forze israeliane il 9 giugno in acque internazionali. Questi tentativi, nonostante i fallimenti operativi, rappresentano atti di resistenza psicologica collettiva che mantengono viva la connessione emotiva con Gaza.

IL TRAUMA TRANSGENERAZIONALE: LA SOFFERENZA CHE SI EREDITA

Gaza rappresenta un caso di studio unico per comprendere i meccanismi del trauma transgenerazionale. Come sottolinea il Colectivo de Psicólogas Feministas Con Palestina :

Il popolo palestinese si confronta con una successione di generazioni traumatizzate. Non si tratta solo di un presente strappato: anche un futuro condannato

Pikara Magazine, 10 settembre 2025

Qui, madri che hanno vissuto la propria infanzia sotto assedio crescono figli che sperimenteranno la stessa condizione. “Samira aveva gli incubi e si svegliava pensando che fossimo morti e che tutto fosse stato distrutto”, racconta una madre che cerca di proteggere la propria figlia da un trauma che lei stessa ha vissuto (testimonianza MSF, 2024).

La ricerca psicologica ha dimostrato che vivere in condizioni di guerra prolungata e frammentazione territoriale produce ansia, depressione e sintomi post-traumatici in proporzioni fino a tassi doppi rispetto a contesti di guerra non protratta. 

Gaza non è solo teatro di conflitto: è un esperimento involontario sui limiti della resistenza psicologica umana.

LA RESISTENZA ATTRAVERSO LA CURA: PROFESSIONISTI IN PRIMA LINEA

In questo scenario apocalittico, emerge una forma di resistenza particolare: quella dei professionisti della salute mentale palestinesi che continuano a lavorare nonostante tutto. 

Tuttavia, questi professionisti pagano un prezzo altissimo. Una ricerca ha rivelato una prevalenza di PTSD del 38,7% tra i professionisti della salute mentale palestinesi, dimostrando come il trauma si diffonda anche tra coloro che dovrebbero curarlo (Palestinian Mental Health Research, 2023).

Queste figure rappresentano una forma di resistenza culturale e psicologica. Come sottolinea la psichiatra palestinese Samah Jabr, praticare la psichiatria nei territori occupati significa resistere con la psichiatria, trasformando la cura della mente in un atto politico di sopravvivenza collettiva.

IL PARADOSSO DELLA CURA: GUARIGIONE COLLETTIVA

Come può guarire una mente quando il pericolo è costante? 

Molti pazienti provenienti da Gaza non sperimentano solo disturbi post-traumatici da stress, ma anche sindromi da stress acuto. La distinzione è cruciale: mentre il PTSD si manifesta dopo un evento traumatico concluso, lo stress acuto emerge durante il trauma stesso.

Non si tratta tanto di terapia: Gaza ha sviluppato meccanismi di coping collettivi che vanno oltre i tradizionali approcci terapeutici individuali. La comunità diventa essa stessa strumento di resistenza psicologica, dove la solidarietà e la narrativa condivisa diventano forme di autoguarigione.

LE CONSEGUENZE A LUNGO TERMINE: UNA GENERAZIONE PERDUTA?

Gli psicologi parlano di fattori di rischio cumulativi quando descrivono la situazione di Gaza: ogni nuovo episodio di violenza si somma ai precedenti, creando un effetto valanga sulla salute mentale collettiva.

Ma la conseguenza più devastante è che quando un’intera popolazione smette di immaginare il domani, quando i bambini non riescono a immaginare se stessi da adulti, siamo di fronte a una forma di morte psicologica collettiva, che precede quella fisica.

OLTRE LA SOPRAVVIVENZA: LA RICERCA DI SENSO

Nonostante tutto, Gaza continua a essere il simbolo della resistenza e della determinazione di fronte alle avversità. Questa resilienza non è solo retorica: è un meccanismo di difesa psicologica che trasforma la vittimizzazione in resistenza, la sofferenza in identità collettiva.

I progetti di supporto psicosociale, come YOHZER GAZA, nato nel maggio 2021 per proteggere la salute mentale di chi vive con costanza la tragicità degli eventi bellici, rappresentano tentativi concreti di opporsi alla distruzione psicologica attraverso la cura e la solidarietà.

La flotilla del 2025, con i suoi tentativi ripetuti e la sua dimensione simbolica, rappresenta una forma di terapia collettiva internazionale, un modo per mantenere viva la connessione emotiva e psicologica con una popolazione sotto assedio.

IL DOVERE DELLA MEMORIA E DELL’AZIONE

La situazione psicologica di Gaza ci pone di fronte a questioni fondamentali sui diritti umani e sulla responsabilità collettiva. In un mondo dove la salute mentale è un diritto fondamentale e non un privilegio, Gaza rappresenta la negazione sistematica di questo diritto.

Non si tratta solo di fornire aiuti umanitari temporanei, ma di riconoscere che stiamo assistendo a un esperimento involontario sui limiti della sofferenza umana. La comunità internazionale deve comprendere che il trauma di Gaza non riguarda solo i palestinesi: è un monito su cosa può accadere quando si lascia che un conflitto si trasformi in una condizione esistenziale permanente. 

La ferita psicologica di Gaza è anche la nostra, perché ci ricorda la fragilità della pace e la responsabilità che abbiamo nel proteggere la salute mentale delle popolazioni più vulnerabili del mondo.

Il futuro di Gaza dipenderà non solo dalla risoluzione del conflitto politico, ma dalla capacità della comunità globale di affrontare le sue conseguenze psicologiche. Perché quando guarisce una mente, guarisce una società. E quando muore un sogno in un bambino, muore un pezzo di umanità in tutti noi.

La salute mentale non è un lusso: è un diritto umano fondamentale. Gaza ci insegna che negare questo diritto significa negare il futuro stesso.

Elisabetta Carbone

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Elisabetta Carbone

Elisabetta Carbone è psicologa clinica e sessuologa con orientamento sistemico-relazionale. Si occupa di relazioni, identità, narrazioni individuali e familiari, con uno sguardo attento alle dinamiche culturali e sociali che attraversano la psiche. Fondatrice dello studio Oikos, scrive di salute mentale con un linguaggio accessibile ma rigoroso, costruendo ponti tra psicologia e società. Vegetariana convinta, non fa un passo senza Teo, il suo inseparabile compagno a quattro zampe.
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