Euripide tra rivoluzione teatrale e accuse

Il teatro greco, così come quello romano, è il principale modello di riferimento per la cultura teatrale occidentale, considerato il fondamento di poetiche innovatrici. Nonostante le numerose testimonianze, non è ancora possibile ricostruire le origini della tragedia, ma sappiamo che sono varie le personalità di spicco che caratterizzano il 400 a.C., tra le quali troviamo Euripide.
Nato nel 485 a.C. a Salamina, Euripide è un poeta tragico ateniese il cui instancabile sperimentalismo non è stato subito accolto bene dai contemporanei a causa delle radicali trasformazioni che egli introdusse nella materia del mito e nella forma tragica portata in auge da Eschilo e Sofocle: venne addirittura accusato di ateismo, misoginia e incoerenza.
Le accuse che gli vennero rivolte potrebbero spiegare l’esiguo numero di vittorie che ebbe negli agoni – gare di vario tipo – mentre era in vita, nonché i numerosi attacchi da parte della commedia aristofanesca.
Le sue tragedie iniziarono ad essere replicate con frequenza, e i temi delle opere si trasformarono in uno spunto per la commedia nuova, quando, l’anno successivo alla morte, le sue due ultime opere – Ifigenia in Aulide e Baccanti – vinsero l’agone grazie al figlio, Euripide il giovane, che le presentò.
L’approccio di Euripide nei confronti del mito scaturisce dal nuovo clima intellettuale ateniese del V secolo a.C., influenzato dalla sofistica e da un razionalismo che usava la retorica per mettere alla prova verità e princìpi tradizionali, ritenuti intangibili. In questo modo indaga la tradizione per smascherare l’immoralità e l’inverosimiglianza dei miti, prendendo di mira con fare polemico i comportamenti meschini e disonorevoli delle divinità. Va a demolire l’aura sacrale delle leggende mitologiche, riscrivendo l’ambientazione o cambiando la successione degli eventi e dei tempi.
Sempre dai sofisti proviene la sua passione per la retorica, per il confronto dialettico in cui s’impegnano i suoi personaggi a volte con slancio competitivo, altre volte fermandosi a riflettere con logica rigorosa. Il linguaggio di cui si serve sembra tratto dalla quotidianità, facendo vedere il complessivo passaggio delle tragedie euripidee verso un maggiore realismo.
Nelle odi corali si può notare un lirismo elegante e ricercato, che dimostra la sua padronanza di un ampio registro metrico, indice di un’acuta sensibilità per gli esiti scenici della musica e della parola cantata. L’interesse di Euripide sta nella ricerca interiore degli stati d’animo e dei caratteri, dai quali nasce la preferenza per la rappresentazione di protagoniste femminili.
Nell’ultimo periodo, sperimenta sviluppi avventurosi e patetici, inediti per la forma tragica; il lieto fine, i riconoscimenti e il carattere “borghese” dei personaggi fanno nascere la nuova direzione del gusto verso una rappresentazione più realistica, che sarà quella della commedia nuova.
Altra novità è la funzione attribuita da Euripide al prologo, che non si limita solo ad introdurre l’azione, ma serve anche ad esporre. In quanto parte di sé, era destinato a spiegare al pubblico l’antefatto di una vicenda spesso molto complessa e ad anticiparne lo scioglimento.
Irene Ippolito
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