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L’infanzia strappata a Gaza

Spensieratezza, giochi, merende, sorrisi. E ancora, scuola, istruzione, libri, un piatto caldo, un tetto sopra la testa. Questa dovrebbe essere la normalità di un bambino, eppure, a quelli di Gaza è stata strappata. 

L’infanzia, il periodo più puro e bello della vita di un essere umano. Gli occhi pieni di qualsiasi cosa, la felicità per un regalo che desideravi da tanto, la sorpresa quando scopri che sotto al cuscino non c’è il dente caduto la sera prima, ma una monetina. La fierezza di aver imparato a scrivere il tuo nome, di aver imparato a colorare nei bordi. La mamma che viene a svegliarti per andare a scuola e tu, che prima di uscire, le chiedi di guardare un episodio del tuo cartone animato preferito mentre mangi i biscotti.

Penso che molti dei momenti descritti appartengano ai ricordi di tanti, eppure, c’è chi tutto questo non lo ha mai vissuto, c’è chi a sei anni è già adulto. Ci sono adolescenti il cui problema più grande dovrebbe essere non sapere cosa indossare per uscire e invece devono preoccuparsi di vedere la propria casa sgretolarsi davanti agli occhi, come se non fosse mai esistita. 

Sono passati due anni dall’inizio del genocidio. Non due ore, non due giorni, due anni.

La verità è che quando succede una cosa lontano da noi, sembra toccarci poco, basta girarci altrove per non guardare, ma com’è possibile? Come si può avere il coraggio di ignorare il problema e girarsi dall’altra parte davanti a due anni di atrocità?

Sono passati 695 giorni da quando i bambini a Gaza non si svegliano con il suono della sveglia, ma con il rumore assordante e spaventoso delle bombe che cadono sulla città.

Le loro case non ci sono più, sono state sostituite da tende e una tenda è anche quella che loro conoscono coma scuola, in cui i volontari, per qualche ora al giorno cercano di tenerli uniti e insegnare loro qualcosa. Un bambino ogni giorno si sveglia e non sa se rivedrà i suoi genitori e viceversa, perché un attacco potrebbe esserci in ogni momento e in ogni luogo, da nessuna parte si è al sicuro. Il viso di bambini indifesi e senza alcun tipo di colpa è segnato come quello di un adulto che ne ha passate tante, troppe. Gli occhi pieni sì, ma pieni di paura, pieni di un vuoto incolmabile e di traumi che segneranno la sua vita per sempre. Le condizioni igienico-sanitarie sono precarie, la pelle di adulti e bambini è una mappa di ferite e punture di insetti, per i neonati a stento c’è il latte e chi riesce a sopravvivere i primi mesi, può morire di fame com’è già successo, perché il cibo non c’è, non basta.

 ‘’Cosa vuoi fare da grande?’’ è una domanda che viene posta a tutti almeno una volta nella vita, e i bambini di Gaza, come quelli di tutto il mondo, hanno sogni e obiettivi, ma non possono più realizzarli. I loro sogni sono spezzati e anche migliaia delle loro vite. Insegnanti, chef, medici, ballerini, panettieri, orologiai, cantanti, avvocati e chi più ne ha più ne metta, non ci sarà nessuno perché se questa terribile pagina di storia non giunge al termine, la vita delle persone lo farà e un’intera generazione di innocenti sarà cancellata, come sta già succedendo. 

Non basta guardare le immagini in televisione e dire ‘’che dispiacere’’, bisogna parlarne sempre e gridare per chi non ha più voce perché gli è stata tolta. La razza umana è considerata superiore a tutto, ma come possiamo essere superiori se il mondo sta andando a rotoli? I bambini stanno morendo e chi sopravvivrà avrà per sempre i traumi indelebili e i ricordi di una non infanzia vissuta nel dolore e quelli di un’infanzia strappata prima che potessero essere pronti a viverla.

Non voltarti dall’altra parte

Ho sempre guardato le persone negli occhi

mia mamma diceva che è come leggere un libro.

Le ho sempre creduto

ma oggi leggo tra le righe di pagine bagnate

lacrime e sangue ci sono sui fogli

le parole sono sbiadite e confuse.

Leggo attraverso gli occhi

di chi può comunicare ormai

solo con quelli

ma sono stanchi. 

È ingiusto. 

Mi siedo.

Provo a riempire pagine di speranza

per loro.

Marianna Russo 

Immagine generata con AI

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Marianna Russo

Marianna, classe 2003. Inguaribile romantica, innamorata dei girasoli e sempre ottimista. Quando scrivo scompongo il mio cuore su carta, la scrittura mi salva sempre. “Solo se ti rende felice.”
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