“La voce d’un libro” di Edmondo De Amicis

Ero poco più che bambina quando la mia anima si è aperta ai libri.
ho iniziato con il primo volume della saga di Harry Potter e da allora ho macinato migliaia di volumi.
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Uno dei libri che più ho sentito mio è stato “La voce d’ un libro“: poco più di 50 pagine per un libro formato 7 x 5 cm, impegnativo come una partita di scacchi.
In questo piccolo “diario” di Edmondo De Amicis a parlare è un libro: un’edizione de Le ultime lettere di Jacopo Ortis di Ugo Foscolo. Il protagonista narra sinteticamente i suoi 105 anni tra intemperie e sole cocente: è stato stretto sul petto o usato per spegnere candele. Al suo interno, per segnalare la pagina, è stato attraversato da segnalibri di avorio o grissini; è stato tra le mani di donne nobili o prostitute che nei libri sognavano una realtà migliore di quella che quotidianamente vivevano; è stato sui comodini di letterati o di analfabeti; ha vissuto momenti di pura euforia o di totale disperazione; è stato unto da olio e dal sangue del suo giovane suicida.
Ricorda con nostalgia i primi 30 40 anni in cui le sue pagine, ora ingiallite, sono state fazzoletti per lacrime di commozione.
“Come lo posso credere? È mutato il cuore umano o il linguaggio della passione? Che lingua si parla oggi agli uomini per commoverli? Che strano rivolgimento è seguito negli animi nelle idee, perché quello che scuoteva profondamente la generazione fra cui son nato, lasci freddi o faccia sorridere o irriti i lettori dei tempi nuovi?”
Il povero libro, “onorato e maltrattato”, ha vissuto sulla propria pelle lo scorrere del tempo e ha potuto vedere con i propri occhi quanto la società e soprattutto gli uomini siano cambiati, ormai in balia delle frivolezze. Le sue riflessioni sulla vita sono le riflessioni di un essere vivente, probabilmente dell’autore stesso. La sua voce è il grido di disperazione della cultura. Il suo fiato, ormai stanco, è il sospiro fioco di un’anima rassegnata “all’infinita vanità del tutto”.
Antonietta Della Femina
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